~Capitolo 7~

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A te che non ti piaci mai
E sei una meraviglia
Le forze della natura
si concentrano in te
Che sei una roccia
sei una pianta
sei un uragano

Il tempo qui a New York è fuggevole, frutto di un susseguirsi ininterrotto di eventi che costituiscono ormai la mia nuova routine, compresa la telefonata di mio padre che arriva puntualmente alle 9

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Il tempo qui a New York è fuggevole, frutto di un susseguirsi ininterrotto di eventi che costituiscono ormai la mia nuova routine, compresa la telefonata di mio padre che arriva puntualmente alle 9.00 p.m, per assicurarsi che io sia ormai tornata nella mia stanza.

In quest'ultima settimana non ho avuto le forze per dedicarmi alla vita mondana universitaria e per dirla tutta neanche la voglia, nonostante Rebeca mi abbia più volte invitata ad uscire, così come Josh e William.
Dalle lezioni torno sempre esausta, con un mal di testa colossale, il solo desiderio di sprofondare sul letto e di cadere tra le braccia di Morfeo, insomma non il classico mood da festaiola, non che io lo abbia mai avuto, parlo per sentito dire.

Stasera però è sabato e persino un'asociale come me desidera assaporare un po' di libertà tra i vicoli del campus che pullulano di musica e ragazzi.
La mia coinquilina stamattina mi ha chiesto, a tratti supplicato, di accompagnarla a fare un giro, così da poterci conoscere meglio, e dunque eccomi qui, imbabolata da mezz'ora davanti a queste ante aperte su una marea di vestiti tra cui non riesco a scegliere.

Mi misuro una dozzina di pantaloni e altrettante magliette, riuscendo puntualmente a trovare un difetto in ogni capo che indosso, sento che non mi valorizzano affatto, mettono eccessivamente in risalto i miei difetti e non mi fanno sentire a mio agio.

Probabilmente dovevo pensarci prima, ovvero quando li ho acquistati, ma nei camerini dei negozi credo abbiano degli specchi che distorcono la realtà inducendoti a compare cose che poi a casa ti sembrano completamente diverse.

Mi lascio andare ad un pianto dettato dalla frustrazione, mi capita troppo spesso ultimamente, uscendo dalla mia confort zone di jeans larghi e magliette nere infilate dentro questi ultimi il malessere che provo osservandomi allo specchio si fa più acuto e difficile da sopportare.

Mi butto sul letto cercando di calmare i miei nervi tesi con una canzone probabilmente inadatta, perchè mi mette ancora più tristezza addosso invece di farmi passare quella che avevo già.

Così passo al piano B, una doccia al buio per scrostarmi via questa brutta sensazione che mi si è improvvisamente attanagliata allo stomaco.
Passo diverso tempo sotto l'acqua scrosciante che mi cade addosso percorrendo sentieri segreti sulla mia pelle pallida, mi siedo sul piatto della doccia e mi rannicchio stringendo le ginocchia al petto.
Mi concentro solo sulla respirazione, butto l'aria fuori e inspiro, rallentando i battiti del mio cuore e il flusso delle lacrime che si mischiano all'acqua che scorre sulle mie guance.

Quando finalmente credo di essermi data una calmata esco da lì a tentoni, cercando di non scivolare sul pavimento bagnato e accendo di nuovo la luce.
C'è chi ha paura del buio, o delle cose che questo cela, per me invece buio è sempre stato qualcosa di familiare, un posto sicuro dove rifugiarmi quando la luce del sole mi mostrava una verità che facevo fatica ad accettare.

AGATHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora