Osservo la strada che ho davanti con attenzione: le luci bianche e rosse delle macchine, il suono delle ruote che sfrecciano sull'asfalto, le persone. Una donna porta in braccio un neonato, cerca di ripararlo dal fresco; due fidanzati si tengono timidamente la mano, come se tutto fosse appena iniziato; un uomo si gira a destra e sinistra, dopo aver fatto una battuta, per osservare i sorrisi dipinti sui volti degli amici. E poi ci sono io. Chi sono io? Un essere umano, una donna, una figlia. C'erano tempi in cui sapevo precisamente chi fossi e cosa volessi dalla mia vita. Quando, appena uscita di casa, lontano dai drammi della mia famiglia, aspettavo sotto all'ombra del grande platano di vedere il viso di Matteo. Quei suoi grandi occhi scuri, i capelli neri e lucenti... Ricordo il suo abbraccio caldo e le parole dolci che sussurrava contro i palmi o contro le tempie livide. I suoi baci che sapevano del sale delle mie lacrime. Con me, nel bene e nel male. Con lui ero la ragazza che speravo di poter essere un giorno anche col resto del mondo. Lontana dai giudizi della mia famiglia. Ora sono diventata ciò che volevo, chi ero veramente...ma nel profondo rimango anche quella che ero. La ragazza che veniva picchiata e maltrattata verbalmente. Rimango quella ragazza rotta, eppure sono anche questa nuova persona, quella che sarei stata se non fosse stato tutto così incasinato. E ora le mie due vite stanno collidendo.
Sono rimasta seduta su questa superficie fredda per una ventina di minuti. Non stavo realmente pensando a qualcosa: ero come spenta, in balia del venticello che soffiava e del mio vuoto, della mia tristezza. Mi alzo, finalmente, e rientro nel bar. Ora che sono più calma sento di avere le forze per affrontare le conseguenze delle mie azioni. Appena varco la soglia non posso fare a meno di volgere lo sguardo verso il tavolo nel quale erano seduti Anti-Muffin e compagnia bella. Vuoto, per fortuna. Uno dei nodi che mi attanagliano lo stomaco si scioglie. Ma ora devo affrontare il problema più grande: il mio comportamento sul lavoro è stato imperdonabile. Cerco di fare la disinvolta. Torno semplicemente dietro al bancone, come se niente fosse successo. Vedo Carl venirmi incontro con uno sguardo, contrariamente a quanto avrei pensato fino a qualche secondo fa, pieno di preoccupazione.
''Ei, come va?'' dice semplicemente. Carl è un bel ragazzo di ventisei anni, dai lisci capelli biondi, che gli arrivano fino alle spalle, e occhi neri. E' abbastanza abbronzato. All'inizio ho pensato che potesse essere il mio tipo. Poi , dopo averci provato più o meno spudoratamente, ho scoperto che è gay.
''Tutto bene, non volevo scappare prima, veramente, ma...'' cerco di scusarmi, ma lui mi interrompe.
''Alcuni ragazzi seduti a quel tavolo ti hanno infastidita e trattata male. Cavolo Clara, io sono d'accordo che il cliente abbia sempre ragione, ma se mi avessi detto da subito la verità li avrei presi a calci in culo senza pensarci due volte.'' Le sue parole mi sorprendono. Non che io non sia in grado di prendere a calci in culo qualcuno con le mie sole forze. Solo che sapere che qualcun altro sarebbe disposto a farlo per me mi rende felice. Forse non mi detesta così tanto. Gli sorrido con riconoscenza, ma un dubbio mi sorge spontaneo: ''Scusa, tu come fai a sapere cosa sia successo?''
Una parte di me conosceva già la risposta. La parte irrazionale e inspiegabile di me, l'istinto. Quando Carl si sposta lasciandomi intravedere la sagoma di Anti-Muffin seduta su uno degli sgabelli davanti al bancone, non rimango sorpresa. E' esattamente dove sarebbe dovuto essere, dove mi aspettavo che fosse.
Indossa una camicia bianca in flanella, le cui maniche leggermente arrotolate permettono di vedere qualche parte di un tatuaggio che suppongo essere molto elaborato. Sta osservando attentamente la scena, senza lasciar intravedere alcuna emozione. Carl, che comprende che io abbia intuito, semplicemente dice: ''Dovresti andare a ringraziarlo. I suoi amici erano incazzati e sono usciti qualche minuto dopo di te. E' venuto qui a spiegarmi quel che era successo e mi ha dato all'incirca i soldi che avrebbero dovuto spendere se fossero rimasti. Cazzo, cento dollari! Servirò io i clienti, stai tranquilla. Fossi in te quasi quasi ci farei un pensierino...'' mi dice con sguardo ammiccante. Okay, Carl non prenderti troppe confidenze, vorrei pensare. Invece la verità è che il pensierino l'ho avuto, quando l'avevo visto seduto a sorseggiare il suo caffè al bar, la prima volta. Annuisco e mi dirigo verso l'oggetto della nostra conversazione. Quest'ultimo drizza le spalle ed alza la testa, come se avesse aspettato per troppo tempo quel momento. Mi è già passata ogni buona intenzione ma cerco di dimenticare il nostro precedente incontro e mi posiziono di fronte a lui. Non voglio dargli troppe soddisfazioni.
STAI LEGGENDO
Il mio dolce capo
RomanceClara, una giovane ragazza appena laureata, inizia a lavorare per la rivista dei suoi sogni. È simpatica, raggiante, ma cerca di scappare dai mostri del passato. Il suo nuovo capo è un uomo arrogante e magnetico, che l'attira a se come una calamita...