Azzurro

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Amavo guardare Giulia. Una cosa che mi ricordo di lei, e che mi porto dietro anche in questo assurdo azzurro è il ricordo del rumore delle sue unghie finte toccare la tastiera del suo obsoleto computer...
Era così bella quando era tranquilla, Giulia, peccato non lo fosse mai.
Il nostro amore è sempre stato burrascoso, signore. Si, lo è sempre stato...
Io lo definirei così... vede, un gioco tra la vita e la morte.

Un giorno prese una pistola, dottore.
Ah ha, me la puntò alla tempia...era così adorabile...
Però Giulia non era furba. Certo, era molto bella, glielo posso giurare su tutto l’oro che avevo in casa...ma, non era una stratega. Era molto impulsiva, signore.
Infatti appena mi resi conto delle sue intenzioni sfilai la MIA di pistola...una Ruger ereditata dalla famiglia, e gliela puntai alla testa a mia volta. Era così eccitante, tutto lo era, il piacere del rischio, il saper di poter morire a causa sua, ma soprattutto... le nostre braccia intersecate e le nostre bocche così vicine, i respiri trattenuti, la paura del tradimento, la mancanza di fiducia...
Lei dopo poco aver notato la mia reazione mi guardò con desiderio e con la sua voce fine mi disse “non puoi vincere contro te stesso, Claudio”.
Io le risposi con disprezzo in quel momento. “Sei una dilettante. Ognuno può vincere contro sè stesso se abita in due corpi diversi”.
Tam, bum.
Ah ha ah... dottore... nulla rimane di due innamorati se non il loro sangue a terra. La morte cancella tutto tranne l’evidenza...
Nella prossima vita, se è vero che in amore vince chi si ammazza per prima, spero di perdere ogni partita.

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