Capitolo 3

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Louis quella mattina si alza presto, notando di non essersi mosso dal divano. Prova a raggiungere il cellulare che è sul tavolino di fronte a dove è sdraiato, ma un gemito di dolore lo fa fermare; tutti i muscoli del suo addome pulsano di dolore e non è sicuro che il suo naso sia ancora intero.

Il ginocchio dove Jake l’ha colpito è totalmente viola con qualche sfumatura di giallo sui bordi, è chiaramente un livido. Fortunatamente non gli è uscito sangue.

Si alza zoppicando un po’ troppo per poterlo nascondere all’università, ma se ne frega. Cammina lentamente verso il bagno, sperando che Jake stia ancora dormendo e va a darsi una lavata veloce.

Dopo essere uscito dalla doccia ed essersi vestito se ne va fuori, andando all’università senza mangiare nulla (“Sei grasso, dovresti dimagrire!”).

Alla prima ora ha il corso facoltativo con il professor Styles.

Gli piace molto quel professore, è alto con un corpo pieno di muscoli e spalle larghe con gambe strette, in testa ha molti ricci che vanno dove gli pare, portando l’uomo a toccarsi spesso i capelli, ha due adorabili fossette ai lati della bocca quando sorride e poi ha due labbra rosse e carnose che Louis vorrebbe baciare.

Ha un solo difetto ai grandi occhi di Louis, due occhi verdi che osservano il mondo come i bambini. A Louis sono sempre piaciute le persone che guardano le stesse cose anche mille volte, ma poi hanno sempre lo stesso identico sguardo.

A volte vorrebbe che Jake  lo guardasse in quel modo. O meglio, Jake lo fa, ma il problema è che lo guarda come se fosse una cosa da buttare, una cosa inutile, un oggetto rotto.

Sente gli occhi pizzicare, ma si impone non lasciare scivolare le lacrime lungo le sue guance, ma quelle non gli danno mai retta. Stronze.

Corre verso al bagno, anche se il ginocchio gli impedisce di farlo normalmente. Il dolore al ginocchio torna pulsante come prima quando si è svegliato e un conato di vomito gli risale lungo la gola.

Fa appena in tempo ad entrare nel bagno ed inginocchiarsi davanti al water prima che la bile gli risalga lungo la gola e si riversi nel tazza di porcellana.

Continua a vomitare fino a che i conati sono vuoti, senza nemmeno la bile. Tira lo sciacquone, sedendosi poi a terra con la schiena appoggiata alla tazza.

Sussulta sorpreso, quando si ritrova con una mano grande a stringere dei fazzoletti di carta umidi davanti, porgendoglieli. Li afferra con mani tremanti, senza osare guardare negli occhi il suo aiutante.

“Grazie” sussurra, passandoseli sulla bocca.

“Prego, Lou” dice il ragazzo, e solo in quel momento Louis si rende conto sia il suo professore. Il professor Styles, “Oh, scusa, possa chiamarti così, vero?” chiede poi, notando il nomignolo usato con il suo alunno.

Louis fa per alzarsi, annuendo, ma quando è finalmente in piedi è costretto ad aggrapparsi alle spalle di Harry.

“Fa’ piano” gli dice il ragazzo, anche se sarebbe più corretto dire uomo, visto che ha trent’anni.

“Scusi” dice piano Louis, aggrappandosi al suo maglione, evitando di proposito di guardarlo negli occhi, sa per certo che comincerebbe a piangere se lo facesse.

“Tranquillo” dice Harry, massaggiandogli piano la schiena, quasi capisse tutto il dolore che sta provando.

“Neanche io sopporto molto il vomito, se devo essere onesto” gli dice. Louis nel frattempo si stacca piano, andando poi a lavarsi la bocca al lavandino.

“Va meglio?” chiede ancora Harry, probabilmente cercando di alleviare la tensione dalle spalle di Louis, visto che Harry sembra essere totalmente calmo.

The Fault In His Green Eyes || Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora