Capitolo 8

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Capitolo 8


Per tutto il percorso all'interno del castello Ban chiacchierò elencando i modi fantasiosi in cui avrebbero potuto fare fuori il re. Passando vicino alle prigioni il peccato della volpe fece:

-Potremmo chiuderlo in cella finché non muore di fame e di sete... ma ci vorrebbe troppo tempo e poi potremmo essere scoperti...-

Poi ancora, quando salirono al secondo piano fino ad una sala tutta adorna di fiori e cimeli:

-Oh che ricordi, qui è dove una decina d'anni fa abbiamo trovato il corpo del grande cavaliere Zaratras infilzato centinaia di volte con delle lance come un puntaspilli! Poi siamo stati accusati noi sette peccati capitali dell'omicidio, e tutto il regno si è rivoltato contro di noi. Ovviamente era una trappola, eravamo troppo forti e ci temevano, specialmente il nostro capo...-

A quel punto intervenne il vecchio:

-Ometti il fatto che il cavaliere Zaratras venne avvelenato prima di essere infilzato, e quindi morì per il veleno e non per le lance.-

-Questa mi è nuova!-

Esclamò Ban, poi si rivolse a Meliodas:

-Che ne dici di un avvelenamento?-

Il piccolo rimase un attimo interdetto. Quei discorsigli sembravano assurdi. Di certo non lo sconcertava sentir parlare di morte e assassinii, ma l'atmosfera era surreale, e provava un evidente disagio. Così rispose a bassa voce:

-Non saprei... Dove lo troviamo il veleno, e come glielo facciamo bere?-

-Acuto il ragazzo, come ti chiami?-

Domandò il vecchio incappucciato a quel punto.

-Meliodas, ma devi usare un suffisso di onorificenza quando parli con me.-

Il vecchio rise di gusto e Meliodas non gradì. Ban continuò a parlare di sbudellamenti, tagliare la gola nel sonno e cose del genere.
Passando davanti ad un cortile interno, scorsero quattro ragazze sedute all'ombra di un alto albero intente a discorrere fra loro come le ragazze sono solite fare. Quando li videro si guardarono fra loro, e una di esse si alzò e salutò Ban con ampi gesti del braccio. Vestiva abiti molto aggraziati, aveva i capelli grigio azzurro e delle labbra carnose. Ban la salutò a sua volta da lontano:

-Yo, Jericho! Salve principesse.-

Meliodas gli diede uno strattone, cosa stava combinando quel deficiente? Il vecchio fece cenno alle ragazze di fare silenzio, loro acconsentirono ma non meno confuse.

Alla fine i tre sicari, dopo il lungo peregrinare, arrivarono in cima ad una torre, in quella che doveva essere la stanza da letto del re. Entrarono senza problemi, ma trovarono la camera vuota. Così decisero di raggiungre il terrazzo ad essa comunicante, con l'intento di attendere lì il ritorno del re. Una volta fuori poterono assaporare di nuovo la dolce aria estiva e un venticello sferzò i loro volti. Meliodas si affacciò verso il basso e scorse tutta la città ai suoi piedi, e più lontano, pianure e colline verdeggianti, in lontananza un bosco. Il panorama era mozzafiato. Poi il bambino domandò voltandosi:

-E il re?-

Allora il vecchio fece scivolare il cappuccio sulle spalle e rivelò il volto anziano e barbuto, ma gentile, che gli sorrideva benevolo.

-Eccomi, io sono il re, adesso fai pure di me quello che desideri piccolo Meliodas.-

Il demone guardò Ban con aria confusa.

-Non guardare me! Non ne sapevo niente, anche se me lo sarei dovuto aspettare: Gowther me lo ha detto una volta che il vecchio re Bartra ha un senso dell'umorismo abbastanza strano..!-

-Aspetta, Ban, vuoi dirmi che non avevi ancora capito chi fossi? E tutti quei discorsi su come uccidermi, eri serio per caso?-

Escalmò Bartra.

-Chi lo sa...-

Meliodas era confuso e impaurito, si sentiva vittima di uno scherzo di cattivo gusto.
Una parte di lui si dava del codardo, perché dopo essere arrivato fino a quel punto invece di fare quello per cui era venuto stava esitando come una femminuccia. Era la parte nata e cresciuta nel Regno Demoniaco, istruita dal re dei demoni e ligia ai doveri di massacratore. Era una voce dentro di lui forte e prepotente, che chiedeva sangue e morte e odio.
Dall'altra parte invece c'era quel lato di sé che aveva scoperto solo da poco. Era un qualcosa di altrettanto potente, che pur esile, bruciava di determinazione. Quella parte di sé lo riscaldava come nessun fuoco aveva mai fatto, lo colmava di strani sentimenti positivi e lo faceva stare bene. E soprattutto, gli gridava a gran voce di non compiere gesti efferati.

E per la prima volta Meliodas, mise in dubbio tutto quello che fino a quel momento aveva imparato e saputo. Era davvero la cosa giusta, uccidere e sterminare in nome della conquista? Era davvero la cosa giusta, considerare inferiori le altre razze? Quel mondo era così bello e felice, colorato, profumato. Niente e nessuno in quel posto lo minacciava o odiava. Così all'improvviso gli tornarono in mente parole che non ricordava di aver udito, perché erano state dette da Elizabeth mentre lui era dominato dall'oscurità, il giorno precedente. Era un qualcosa circa la sofferenza che si prova nel perdere le persone care. Lui ricordava vagamente di aver risposto con rabbia e poi di nuovo il buio.

Ci rifletté su: certo, tutte quelle persone che aveva visto per strada erano felici adesso, ma se lui avesse proceduto nel suo piano distruggendo la città sarebbero morte, o avrebbero subito perdite gravi. E allora niente sarebbe stato più lo stesso. L'aria si sarebbe riempita di pianti e grida, come nel regno demoniaco, e allora anche quel bel sogno sarebbe svanito. Lui fino a quel momento non aveva mai compreso che differenza ci fosse tra solitudine e compagnia, non aveva mai sentito sulla pelle il vero affetto. Ma adesso ne aveva avuto un assaggio e il solo pensiero di essere privato di quel dolce affetto lo faceva stare male. Aveva paura di tornare ancora solo, di sprofondare di nuovo nelle tenebre di un incubo senza fine. E allora, perché altri innocenti avrebbero dovuto provare quello stesso dolore, solo per un suo capriccio?

Si rese conto che Ban e il re aspettavano una qualunque sua risposta. Si rese conto che il re era disposto anche a morire per mano sua, e che Ban non gli avrebbe impedito di ucciderlo. Si rese conto, che la scelta era soltanto sua. E non poteva essere una scelta sbagliata.


-Io... ci ho ripensato... Mi sa che non ho voglia oggi di distruggere la città.-

Borbottò il demone. L'orgoglio pizzicava, ma mentre quelle parole uscivano, si sollevava come dal suo cuore un immenso macigno.

-Come preferisci.-

Disse il re.

-Tanta fatica per niente eh!-

Rise Ban di gusto. Alla fine, ecco il Meliodas che conosceva. Per quanto tutti lo avessero conosciuto come il demone più spietato ed efferato, Ban sapeva bene che in realtà era anche il demone con il cuore più grande di tutti. In grado di provare un amore sconfinato.

A LITTLE DEMON ❤️  (Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora