Capitolo 5.

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-Deve essere qui’... Almeno me lo auguro.- dissi a me stesso preoccupato. 

Mi informai domandando alcune cose ai vicini, e nessuno l'aveva vista uscire. Soltanto entrare.

In casi del genere è complicato restare ottimisti. Nonostante tu voglia impegnare psicologicamente il tuo cervello in pensieri positivi.

Bussai con forza alla porta fin quando poi mi stancai e diedi spinte sempre più forti.

I vicini curiosi si avvicinarono nonostante fossero le nove di sera della vigilia di Natale, e quell'aria non faceva che trasmettere ansia.

Chiesi nei modi più delicati possibili che conoscessi ad una signora di passarmi un paio di forcine che aveva nei capelli, e quando me le passò titubante io cercai di forzare la fessura. Una volta sentito il 'tac' mi feci indietro.

Mi fiondai sulla porta con il braccio destro, e un paio di volte diedi spintoni forti finché non si aprì.

Tra non molto si sarebbe avvicinato l'intero quartiere.

-Ragazzo, vuoi che ti aiuti?-

A fare che?

-No.-

Entrai in casa e la temperatura interna era fredda il doppio di quella esterna.

Accesi la luce e camminai tra i corridoi e le stanze, con il sangue che sembrava esplodermi nelle vene.

Non ero pronto a ricevere brutte sorprese.

Nel piano di sotto non trovai assolutamente niente e poi corsi al piano di sopra sussurrando continuamente: -Kate, ti prego, ti prego.-

Nella sua camera non c'era assolutamente niente, neanche in quella degli ospiti, e neanche nel bagno.

Kate non c'era.

Scesi di nuovo al piano di sotto e percorsi ogni singolo centimetro della casa agitato come non mai.

-Kate!- urlai più volte.

Restai immobile per qualche istante per riprendere fiato e sentii un vetro rompersi.

Non so spiegarmi se in quel momento il mio cuore riprese a battere, o si bloccò semplicemente.

Salii immediatamente le scale ad ogni due scalini ed entrai di nuovo nel bagno, proprio dove proveniva quel rumore.

Accesi la luce e Kate era lì per terra ed io poco prima non l’avevo neanche vista.

Il suo viso era piegato sul lato destro, e le sue gambe erano distese in avanti.

Aveva le guance molto più sottili del solito e delle enormi occhiaie sotto agli occhi. Aveva le labbra chiarissime e il colore della pelle molto pallido.

-Hey Zayn...- sussurrò debole quando provò ad aprire gli occhi.

Sentivo che sarei svenuto anch'io se avessi continuato a vederla ridotta in quella maniera.

Per colpa mia. L'ennesima volta per colpa mia.

Solo e sempre colpa mia.

Un vetro del profumo che aveva scagliato a terra, le stava facendo sanguinare la mano e nel preciso istante in cui le alzai la schiena, vomitó.

Presi il telefono per chiamare il più presto possibile un'ambulanza ma solo allora mi resi conto che era completamente spento.

Ma non potevo sicuramente scendere al piano di sotto a prendere un telefono mentre Kate vomitava anche l'anima.

-Un'ambulanza.- urlai con tutto il fiato che avevo in gola credendo che erano forse d’aiuto i vicini curiosi.

-Va’ tutto bene?-

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