PARTE QUATTORDICI

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Theo
«Il piano è semplice.» comincia Elsa. «Ray ha scoperto in che luogo è situata la loro base. Al suo interno ci sono mediamente 200 persone ed all'esterno circa 30. Non avremo problemi a neutralizzare le guardie all'esterno dell'edificio, ma dobbiamo capire pure come muoversi al suo interno.»
Stende un foglio sul tavolo.
«Questa è la piantina dell'edificio. Sono due piani, ma a parer mio ce ne sono altri sotto lo stabile. Ricorreremo all'uso di armi per sicurezza, ma potrete trasformarvi in caso di necessità.»
Potrete trasformarvi...
«La base è ad alcuni miglia da qui, circa 150. Ci stabiliremo in un accampamento nei pressi del loro stabile. Ray è anche riuscito a localizzare il cellulare di Monroe, in questo modo, sapremo per certo in che luogo di trova. Domande?» chiede, con un mezzo sorriso stampato sulle labbra.
«Come ce le procureremo le armi?» chiede Derek. «E in più, dovremmo anche imparare ad usarle.» sentenzia.
«Mi pare che tu abbia fatto un breve corso con Brayden, no?» ghigna.
«Tu come...»
«Siamo amiche.» lo interrompe.
«Comunque. Le armi me le sono già procurate, bisogna solo farvi capire come usarle.»
«Noi siamo perfettamente in grado di usarle con precisione.» si intromette Jakob, guardando prima Elsa e poi i suoi compagni.
Quanto vorrei staccargli la testa.
«Altre domande?» chiede, guardando male Jakob.
«Come faremo a fare fuori tutti quegli uomini? In più senza ucciderli...» riflette Lydia.
È sempre così seria...
«Faremo in modo di sedarli, dovreste esserne tutti in grado, di non uccidere, no?» fissa Scott, che ormai sa, essere un maestro in questa materia.
«Già, lo sono e sono fiero di esserlo.»
«Immagino...» risponde, con tono di scherno.
Noah continua a parlare, ma non riesco a sentire nulla di ciò che dice, perché non faccio altro che fissare Elsa, appoggiata con un gomito al tavolo.
Immagino a cosa stia pensando; di sicuro insulti per Scott, che probabilmente solo ad udirli lo farebbero a piccoli pezzettini e, evidentemente a quella frase che ha ripetuto parecchie volte: "Monroe deve morire."
So che vuole farla fuori più di quanto io voglia stare con lei, ma so che Scott non renderà le cose tanto facili.
Da quel poco che ho capito, dal discorso di Noah, inizieremo ad allenarci con le armi da domani e tra due settimane dovremo attaccare la loro base, se non ci trovano prima loro...
«Elsa, vai a prendere le armi.» le chiede Noah, prima di dare il permesso agli altri di riposarsi.
Mi fanno ancora male le gambe da ieri.
Venti chilometri, seriamente?
A questo punto perché non farci fare tutta Los Angeles di corsa?
Lei mi guarda, facendomi segno con il capo di seguirla.
«Aiutami a prendere le armi.» ordina, anche se in parte era una domanda.
Annuisco e la seguo.
«Posso aiutarti io.» Jakob si posiziona davanti a noi, in tutta la sua altezza.
«No.» risponde lei, secca.
«Perché no?» incrocia le braccia.
«Perché no.»
«Impegnati di più, Elsa.» ghigna, prendendole il mento tra le dita.
«Lui sa la password per entrare nel caveau.» risponde.
Io so cosa, per entrare dove?
Si irrigidisce, guardandomi male.
Ci lascia passare.
«Cosa saprei io?» chiedo, rimanendo dietro di lei.
«La password per entrare den caveau.» ripete. «Che poi non è propriamente un caveau, ma come, ma mia stanza segreta...» risponde.
Ah si, ora è tutto più chiaro.
«E, che cosa ci sarebbe nella tua stanza segreta?» le chiedo con tono provocante, circondandole i fianchi con le mie mani.
«Non pensare male, non ho detto che è la mia stanza rossa.» sospira, guardandomi male.
«Hayden sta diventando pazza per capire che cosa ci sia lì dentro.» sorride, sovra pensiero.
«Impazzirebbe nello scoprire che ci sono solo armi.»
Ok, ora comincio a capire.
«Ma, cosa centro io per entrare nella tua stanza segreta?» chiedo.
«Te lo ripeto, tu sai la password, Reaken.» risponde.
Ora torno a non capirci più un cazzo.
Arriviamo davanti ad una porta d'acciaio impenetrabile.
Mi trovo davanti uno schermo con una tastiera.
«Dai, scervellati!» esclama, ghignando.
Sospiro e provo la prima cosa che mi viene in mente, le nostre iniziali.
T & E
«Password non corretta.» mi rimprovera una voce robotica.
«Andiamo Reaken, mi credi una ragazzina di dodici anni? Le nostre iniziali... ma per favore!» ride Di gusto, prendendomi in giro.
Faccio un altro tentativo.
Evie
«Password non corretta.»
Mi giro verso di lei, notando che ha la testa bassa.
«Se avessi messo quel nome, Hayden sarebbe già entrata da tempo.»
Quel nome.
Provo ancora.
Scarlett
«Password corretta, accesso consentito.»
Era il nome che usava sempre quando giocavamo insieme, non le è mai piaciuto il suo e quindi, con me, si poteva permettere il lusso di cambiarlo.
«Vedi che c'è l'hai fatta.» mi dice, con un sopracciglio inarcato.
Appena le porte si aprono, appare una stanza gigantesca.
Il suo arsenale esposto a regola d'arte, ogni arma la sua targhetta, ogni fucile o pistola il suo porto d'onore.
Non riesco a dire niente.
«Già, anche a me quasi quasi scende una lacrimuccia, ogni volta che entro qui dentro.» sorride.
Mi cade l'occhio su un fucile che sembra essere al quanto pericoloso.
«Io non lo toccherei se fossi in te.» mi avverte Elsa, guardandomi.
«Perché?» domando.
«Perché è uno dei fucili più pericolosi al mondo.»
Ah...
«È un FN FAL, ovvero, Fusil Automatique Léger, un fucile da battaglia. Utilizza un'azione a gas ed è predisposto per sfruttare cartucce NATO da 7,62x51 millimetri, in più, è in grado di sparare 700 colpi al minuti.»
Mentre mi illustra l'arma che osservavo, le si illuminano gli occhi.
Tra macchine ed armi, non so quale sua passione sia la peggiore.
«Che cosa utilizzeremo noi?» domando, fissandola.
«Delle pistole altrettanto potenti.» risponde, andando verso la fine della stanza.
«Una Glock con cartucce da .45 GAP, è una pistola semiautomatica, ed anche questa è considerata una delle armi più pericolose al mondo, per via della sua facilità di trasporto e la semplicità di nasconderla, date le sue dimensioni ridotte.»
Me la porge, sorridendomi.
Questa scena è un po' inquietante, ma che si tratta di Elsa e quindi va bene...
È leggerissima.
Imparerò tutto ciò che vuole, solo se sarà lei a insegnarmi.
«Prendiamone otto, gli altri le hanno già.»
Mette le pistole in una specie di cassetta apposita e torniamo di sopra.
Lei torna in camera sua, raccomandandomi di farle visita più tardi.
Certo, l'ha fatto a modo suo, ma me l'ha chiesto comunque...
Mi siedo sul divano nero del salotto, iniziando a smanettare un po' con il cellulare, per distrarmi.
«Mi chiedo perché proprio tu.» la voce di Jakob mi coglie alla sprovvista, creandomi un senso di odio.
«Perché sono meglio di te, evidentemente.» gli rispondo, non guardandolo neanche, concentrandomi sullo schermo.
«Come no.» dice, ridendo in modo sgradevole. «Credi davvero che sia innamorata di te?»
«Innamorata no, o almeno non ancora.» rispondo, sempre senza prestargli attenzione.
«Non succederà. Prima che tu te ne accorga, sarà già tornata tra le mie braccia e io, tra le sue gambe.»
Sembra così sicuro di ciò che sta dicendo... lui.
«Ti rode, vero?» finalmente alzo il mio sguardo su di lui.
«Mh?» incrocia le braccia, non capendo.
«Cioè, deve essere difficile amare una persona che, però non ricambia i tuoi sentimenti.» mi alzo, andando davanti a lui.
Gli rido in faccia. «Anzi, deve essere ancora più difficile, sapere che la persona che ami, crede che tu la voglia solo per il sesso e perché crede che tu sia solo possessivo per le cose che una volta erano tue, ovvero il suo corpo e la sua attenzione.»
Il suo volto cambia espressione, non è rabbia, non è ira, ma confusione.
«Come fai a sapere che la amo?»
«Semplice, la guardi proprio come la guardo io, solo che tu devi mostrarti impassibile ai tuoi sentimenti, mentre io non più.» rispondo.
«Bene.» si avvicina. «Ora che sai che la amo, saprai anche io motivo per il quale me la riprenderò.» ringhia.
«Provaci, ma non credo funzionerà.» rimango impassibile, sotto il suo sguardo, come ho imparato da Elsa.
«Jakob.» lo chiama Noah, vedendo la furia nei suoi occhi.
«È tutto apposto Noah, stavamo solo parlando, no?» chiedo innocentemente.
Annuisce meccanicamente e va verso Noah, che lo porta via.
Ok, ora posso tornare a respirare...

Elsa
Sono sul balcone del corridoio, ad osservare le stelle, o almeno quelle che riescono a vedersi.
Gran parte del cielo, sta sera è velato da una spessa montagna di nuvole.
Non mi dispiace questo tempo, rende più umido il clima.
«Ancora nel mondo dei sogni, Elsy?» ride dietro di me, abbracciandomi da dietro.
«Piantala di chiamarmi con quel soprannome orribile, Derek.» ordino, appoggiandomi alla sua spalla.
«Perché? È carino!» ride.
Sento muovere il suo corpo, a causa della sua risata.
«Non è vero.»
Sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
«Come sta Cora?» gli chiedo, appena si stacca da me.
«Bene, è sempre impulsiva, come te.»
Sorrido, alla sua affermazione.
«Sei cambiata da quando ti abbiamo rincontrata, sai? E io forse so anche il perché.» ghigna.
«Illuminami, Derek.» rispondo, sarcastica.
«Theo.» dice semplicemente.
Non gli rispondo, anche perché non saprei cosa dirgli.
«Prenderò il tuo silenzio per un si.» ride.
«Non so che cosa mi stia prendendo, Derek. Io non sono così. Io non sorrido per ogni minima cosa dolce e smielata, io non mi immergo in una "relazione" mettendo tutta me stessa, io non mi attacco alle persone. Questa non sono io e, non so che cosa mi stia succedendo.» sospiro, appoggiandomi alla ringhiera del balcone.
«Sei innamorata, Elsy.» ride.
«Io non mi innamoro.» rispondo subito. «E ti ho già detto che non devi chiamarmi così.»
«Allora ti piace.»
Mi piace...?
Sospiro, guardandomi le mani.
«Tu sei innamorato di Brayden?» chiedo, volgendo il mio sguardo verso di lui.
«Si.» risponde senza neanche pensarci. «Non ci vediamo molto per via del suo lavoro e, beh sai, perché sono un licantropo, ma quando è con me, io sto bene.» dice sorridendo.
«Wow.» esordisco.
«Che?»
«Mi sarei aspettata di vedere tutto in vita mia, ma non Derek Hale che sorride come un ragazzino innamorato.»
Mi da un colpetto amichevole sulla spalla.
«Smettila.»
Ridiamo insieme.
«Mi sei mancata, Elsy.» dice, quando finalmente smettiamo di ridere.
«Anche tu, Dery.» ghigno, notando la sua espressione contrariata, appena pronuncio quel soprannome.
«Avevi giurato che non avresti più usato quel soprannome orrendo.»
«E tu, ti sei fidato seriamente di me? Devi avere qualche problema.» rido.
Scuote il capo, venendo verso di me, abbracciandomi.
Dopo che la sua famiglia è morta nell' incendio, ha iniziato a farmi da fratello maggiore.
Non che quella figura mi mancasse, ma mi sentivo protetta con Derek e Noah al mio fianco, quando ero piccola.
Ricordo che Derek mi ha insegnato tutto quello che c'era da sapere sui lupi mannari: come trasformarmi, come tenere a freno la trasformazione durante la luna piena, come riuscire a guarire dall'aconito.
Quest'ultima è stata dolorosa, ma è servita, svariata volte...
«Elsy, posso farti una domanda?» chiede.
«Solo se non mi chiami più così.»
«Cos'è successo alla tua schiena?»
Sospiro, guardando giù dal balcone.
«All'Accademia un tizio aveva scoperto chi ero realmente, o meglio, cosa ero, ha capito in che modo provocarmi dolore e tentare di uccidermi. Ha trovato un coltello e ci ha applicato sopra l'aconito giallo, provocandomi due ferite, una al fianco e l'altra per tutta la schiena, poi è riuscito a rinchiudermi in uno sgabuzzino. Sono rimasta chiusa la dentro per due giorni, poi Erik mi ha trovata e mi ha guarita, ma le cicatrici non sono mai andate via.»
Il mio sguardo si posa su di lui, che sembra dispiaciuto.
«Divertente, no?» ironizzo, facendolo ridere.
«Mi dispiace.» risponde.
«Non è colpa tua.»
«Mi dispiace per tua madre e per tua sorella, mi dispiace non esserci stato per tutti questi anni.» sussurra.
Di impulso lo abbraccio, cogliendolo alla sprovvista e, allo stesso tempo, cogliendo me alla sprovvista, da quella mia mossa così inaspettata per entrambi.
«Mi sei mancato davvero, Derek.»
Posa la sua mano sulla mia testa, per poi circondarmi la vita con il suo braccio.
«Nessuno ti farà più del male ora, te lo giuro.» sussurra al mio orecchio, posando un bacio tra i miei capelli.

QUELLO È IL PASSATO... -Theo Reaken-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora