PARTE QUINDICI

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Elsa
Domani taglierò la testa a quella bastarda e se Scott me lo impedirà, farò lo stesso con lui.
Lei deve morire.
«Posso entrare?» Reaken entra in camera mia.
«L'hai appena fatto...» gli faccio notare.
Viene verso di me, prendendomi i fianchi e con forza portandomi a lui, facendo poi, scendere una mano sul mio sedere.
«Lo sai, sei il primo ragazzo ad entrare in camera mia.» gli confesso, accarezzandogli una guancia.
«D-davvero?» chiede stranito.
«No! Per chi cazzo mi hai preso, una suora?»
Rido e faccio ridere pure lui.
Mi piace la sua risata, è spontanea, ma non troppo esagerata.
Mi guarda negli occhi, facendo combaciare le nostre fronti.
«Se sei d'accordo, io ti voglio ora.» sussurra al mio orecchio, scendendo anche con l'altra mano sul mio sedere.
«Chi sono io per dirti di no?» ghigno, per poi spingerlo sul letto.
Mi tolgo la canottiera, sotto i suoi occhi.
Mi lancio su di lui, saltando a cavalcioni sul suo bacino.
«Mi ecciti così, però.» dice, con voce rauca e bassa.
«Era quello l'intento.» mi abbasso su di lui, baciandolo voracemente, bloccandogli i polsi sopra la testa.
«Credi davvero di comandare tu?» ringhia, in un raro momento in cui le nostre labbra si staccano.
«Mi sembra abbastanza evidente, data la posizione in cui ci troviamo.» ghigno.

Theo
Non mi ordinerà niente a letto, lo fa tutto il tempo durante la giornata, a letto devo essere io a comandarla.
Capovolgo la situazione, ora sono io a cavalcioni su di lei, mettendomi nella posizione in cui era lei.
Mi guarda, vogliosa.
Avvicina il viso al mio orecchio.
«Non trattenerti.» sussurra.
Dopo quelle parole smetto di pensare, lei è mia, è qui, sotto di me.
Mi fiondo sul suo collo, lasciandole marchi violacei lungo la spalla.
Lei è mia, devono saperlo tutti, deve saperlo Jakob.
Mi toglie la maglietta, ammirando il mio copro scolpito.
Noto un leggero rossore sulle sue guance, che mi fanno impazzire.
«Stai arrossendo, Mccall.» la provoco.
Mi guarda in cagnesco, mentre mi abbasso su di lei, per continuare a massacrarle le labbra.
Mette con velocità la sua mano sul mio membro, non ancora eretto e ancora coperto dal jeans, stringendo.
«Io arrossisco, eh?» ghigna.
Posiziono anche io una mano sulla sua intimità, facendo pressione.
Geme all'impatto violento, sospirando rumorosamente.
«Non dovresti giocare con il fuoco, Elsa.» sibilo, avvicinandomi al suo viso.
«Adoro giocare con il fuoco.» risponde prontamente.
Le tolgo i pantaloni e lei fa lo stesso con me, sfilandoceli all'unisono.
La vedo in intimo rigorosamente nero, in ginocchio, sul letto, mentre mi aspetta.
Aspetta che io scivoli tra le sue gambe.
Sta volta non farò guidare lei, sta volta la farò soffrire ogni movimento, sta volta comando io.
La immobilizzo, posizionandomi tra le sue gambe e strusciandomi su di lei.
Geme, sotto di me.
Si sfila il reggiseno, dandomi una vista migliore di quella di prima.
Le rompo gli slip con gli artigli, con forza.
Vedo un ghigno solcare il suo volto.
Mi alzo, togliendo i boxer lentamente, facendomi dannare da lei, per il tempo che ci sto impiegando.
Senza un minimo avviso sprofondo il lei, di scatto, provocandole un sussulto.
Le immobilizzo le mani sopra la testa, che stanno cercando di prendere il controllo della situazione.
Sta volta no.
Mi spingo con forza in lei; ogni mia spinta è precisa e forte.
«T-Theo.» geme, senza guardarmi in faccia, con il viso arrossato.
Cerca di nasconderlo, ma so che per lei sarebbe farsi vedere vulnerabile.
È la prima volta che mi chiama per nome da quando l'ho rincontrata.
«A letto comando io, Elsa.» ringhio con fatica, spingendomi sempre di più in lei.
Mi fiondo sul suo petto, baciando ogni centimetro.
Cerca di liberarsi dalla mia presa salda, sulle sue mani, ma con una spinta assestata la rimetto al suo posto.
Ricomincio voracemente a trucidare le sue labbra.
Lei si oppone costantemente, ma senza riuscire a staccarsi da me o, senza stancarsi delle mie forti spinte.
«Mi sembri in difficoltà, Elsa.» la provoco, continuando ad entrare e uscire da lei.
«Ti odio.» sussurra.
Probabilmente voleva ringhiarmi contro, ma non riesce, dato il piacere immenso che le sto provocando.
«Sappiamo entrambi che non è così.» dopo quest'ultima frase, esco da lei, venendo sul suo ventre, respirando rumorosamente.
Lascio le sue braccia, cadendo su di lei, quasi stremato.
Il suo petto è così comodo...
La abbraccio, passando le mie braccia sotto la sua schiena.
«Ti è piaciuto?» le chiedo, sicuro di me, con un ghigno stampato sul viso.
«D'ora in poi, a letto, puoi farmi ciò che ti pare.» risponde, con il respiro ancora irregolare.

QUELLO È IL PASSATO... -Theo Reaken-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora