VIII. Irraggiungibile

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Quando una dea ti teletrasporta, non è come un viaggio nell'ombra.
Il secondo caso è più come se andassi velocissimo sulle montagne russe, completamente al buio e con i brividi sulla colonna vertebrale.
Nel primo caso invece è come se chiudessi gli occhi e una volta riaperti ti ritrovassi in un posto completamente diverso anche se non ti sembra di esserti mosso di un centimetro.
Quando Percy aprì gli occhi, si rese conto di avere l'arco di Filottete in spalla e la faretra sulla schiena.
Si ritrovò circondato da una marea di semidei vestiti in armatura, probabilmente in procinto di iniziare i ludi di guerra.
Come sempre si muovevano ordinatamente ed erano organizzatissimi.
La prima volta che Percy era giunto al Campo Giove, un anno prima, non aveva ricordi della sua vita passata perciò ai tempi non poteva saperlo, ma ora invece sì: il Campo Mezzosangue gli sarebbe sempre piaciuto di più.
I Greci erano davvero poco organizzati se messi a confronto con i Romani, ma mettevano il cuore in ogni cosa che facevano.
Poco distante dall'accampamento, vi era la città di Nuova Roma e a Percy venne un tuffo al cuore.
Ricordava che la prima volta in cui l'aveva vista aveva pensato che volesse portarci Annabeth: lì i semidei potevano andare al college, diventare adulti e avere una famiglia.
Aveva pensato sarebbe stato solo un sogno, invece quell'autunno sarebbe andato lì per davvero per fare l'università.
Certo, se fosse riuscito a salvare Annabeth.
No Percy, si disse, tu sei una persona ottimista. Quindi sii ottimista. La salverai.
"E quello che diavolo è?" domandò Achille, con gli occhi azzurri strabuzzati.
Percy sorrise vedendo Annibale, l'elefante africano del Campo.
"Un mostro divoratore di uomini" disse.
"Non ci credo"
Eppure Achille posò la mano sull'elsa della spada, pronto a sguainarla.
"Ma cosa...?" fece poi, qundo uno dei Lari, i fantasmi dei vecchi legionari, lo oltrepassò borbottando qualcosa sui graeci.
"Fa sempre strano, te l'assicuro" disse una voce "Pippo? Sei proprio tu? Da quanto tempo!"
Un ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri si avvicinò ai due.
"Tu e tuo padre vi siete messi d'accordo, Dakota?" chiese Percy.
Il figlio di Bacco sgranò gli occhi che risultarono molto più rossi del normale.
"Cosa intendi?"
"Non importa" tagliò corto.
Quindi afferrò il braccio di Achille, prima che l'altro potesse fare qualche domanda, e prese a strattonarlo verso i Principia.
"Ehi ma dove andate?" chiese Dakota "E il tuo amico chi è? Un altro graecus?"
"Missione segreta! Scusa!"
Percy si allontanò dalla confusione, mentre Achille borbottava qualcosa che però il figlio di Poseidone non riuscì a capire.
"Era ha detto che ci avrebbe portati al Campo Giove" disse poi, accigliato "siamo al Campo Giove?"
"Sì" rispose l'altro "è come il Campo Mezzosangue, solo che qui ci sono i semidei romani"
"Semidei romani?" Achille aggrottò la fronte "Per tutti gli dei, ai miei tempi le cose non erano così complicate"
"Non dirmelo"
Percy era felice di essere tra i suoi amici romani, però non poteva fare a meno di chiedersi perché Era li avesse portati lì.
E se il monastero in cui Annabeth era tenuta nascosta fosse stato in California?
Doveva essere quello il motivo, perché altrimenti Percy non sapeva che pensare.
Era aveva già avuto piani strampalati e lui non voleva farne di nuovo parte.
All'improvviso due cani di metallo, uno d'oro e uno d'argento spuntarono da dietro una porta e si misero ad abbaiare.
Achille sguainò la spada, d'istinto, ma il figlio di Poseidone gli mise una mano davanti.
Certo che sguaina la spada proprio per tutto, pensò.
"Fermo" disse e, quando la porta si aprì, sorrise "sono amici"
"Aurum! Argentum! A cuccia!"
Reyna Avila Ramìrez Arellano si erse in tutta la sua altezza, con il mantello color porpora che si allargava dietro di lei sull'armatura.
"Percy!" esclamò, ricambiando il sorriso "Non mi avevi detto che saresti passato! C'è anche Annabeth?"
Il sorriso di Percy si spense, mentre il volto gli si adombrava.
"È successo qualcosa?" domandò Reyna, poi guardò verso Achille "E tu chi sei?"
"Reyna, chiama Hazel e Frank per favore. È una lunga storia e abbiamo bisogno del vostro aiuto"

                                      ***

Dopo che Percy ebbe finito di raccontare ciò che era successo, Frank Zhang si mise a fissare Achille a bocca aperta, con gli occhi scuri che brillavano.
"Ma sei davvero quell'Achille?" fece, scuotendo la testa "Quello che ha ucciso Ettore?"
"Ho avuto una valida ragione per farlo" borbottò Achille.
"Un po' meno per trascinare il suo corpo legato alla tua biga per dodici giorni" commentò Reyna.
Achille la guardò ammirata: riconosceva l'aura di autorità e lei ne possedeva molta.
Percy aveva sempre pensato che fosse un perfetto Pretore: era in grado di ispirare fiducia negli altri, in più era un'ottima combattente.
"Ma voglio dire" continuò Frank, ancora incredulo "l'Achille che ha fatto il bagno nello Stige? Davvero il tallone è la tua unica debolezza?"
"Frank!" Hazel Levesque gli diede una gomitata "Ti sembrano cose da chiedere?"
"Anche io ho fatto il bagno nello Stige" aggiunse Percy "così Luke, anche se voi non sapete chi sia. Non è questa gran cosa, sapete?"
"Ci sei quasi morto là sotto" commentò una voce "te lo devo ricordare?"
"Grazie di aver rovinato il mio momento di gloria, Nico" il figlio di Poseidone alzò gli occhi al cielo.
Nico sorrise, uscendo dall'ombra.
"Odio quando fai così" commentò Reyna, anche se sembrava starsi costringendo a stare ferma.
Come se avesse tanto voluto fare qualcosa – forse abbracciare Nico? – ma non fosse sicura di poterlo fare.
Hazel invece si avvicinò al fratello e gli diede un bacio sulla guancia, facendolo arrossire.
"Will?" domandò, sorridendo.
"L'ho lasciato con Dakota" fece il figlio di Nico, poi si immobilizzò "oh dei, non so quanto sia stata una buona scelta"
"Okay, scusate se mi intrometto" fece Percy "ma dovremmo pensare alle nostre priorità"
"Patroclo" disse subito Achille.
"Annabeth"
"Hai detto che Paride dovrebbe tenerla in un monastero, non è vero?" aggiunse Reyna, guardando il figlio di Poseidone.
Percy annuì.
"Suppongo qui vicino alla San Francisco Bay" poi scosse la testa "o almeno in California. Era ci ha mandati qui non di certo per una vista di cortesia"
"Ma i monasteri non sono qualcosa che ci riguarda" osservò Hazel "il cristianesimo ha spazzato via la cultura del pantheon degli dei che conosciamo noi"
"Ma non per questo non possono coesistere, in qualche modo" commentò Frank, con la fronte aggrottata "i miei stessi antenati hanno praticamente fatto il giro del mondo fondendosi con la cultura cinese. Eppure io sono lo stesso figlio di Marte e discendente di Poseidone"
"Aspettate" fece Reyna "ricordo che anni fa lessi in uno dei vecchi libri dei pretori prima di me che i monasteri svolgono un'eccezione alla regola. In linea di massima in una chiesa noi non possiamo entrare per nessuna ragione, come se ci fosse un muro che non possiamo varcare, ma ciò non vale per i monasteri"
"Questo spiega perchè Paride sia riuscito a portarci Annabeth" disse Percy "eppure c'è lo stesso una protezione che ci impedisce di contattarla con i messaggi-Iride, ma che a differenza delle chiese può essere spezzata. Forse serve una specie di lasciapassare o una cosa del genere"
"Un oggetto magico" commentò Hazel, sovrappensiero "andrò al tempio di Ecate a chiedere consiglio"
Il figlio di Poseidone la guardò riconoscente, poi incrociò lo sguardo di Frank.
Prese l'arco di Filottete e la faretra, porgendoglilea.
Il figlio di Marte prese a scuotere la testa.
"Non posso" disse "devi essere tu ad uccidere Paride. Per Annabeth"
Percy scosse la testa.
"Fidati di me, amico" assicurò "io combinerei solo un disastro. Al Campo Mezzosangue non c'entro nemmeno il bersaglio, figuriamoci un bersaglio in movimento come sarà Paride. Sei il migliore arciere che conosca e voglio che sia tu a scoccare la freccia"
Frank chinò gli occhi sull'arma che aveva tra le mani, con timore riverenziale.
Nonostante fosse di una certa corporatura e fosse molto alto, pareva un bambino a cui era stato affidato l'incarico di sorvegliare una cosa preziosissima.
"Non ti deluderò" promise "e nemmeno Annabeth. Ha fatto tanto per me"
"A questo proposito" s'intromise Nico "c'è qualcosa che ho scoperto e dovreste sapere"
Posò lo sguardo su Achille, poi lo distolse, e lo posò su Percy.
"Hai detto che tuo padre ti ha detto di cercare l'arco di Filottete perchè sarebbe stato l'unico modo per uccidere Paride" continuò "ti ha detto altro?"
Il figlio di Poseidone aggrottò la fronte, andando indietro con la memoria.
"Solo che gli eventi si stanno ripetendo" disse "che Paride poteva essere ucciso solo come è stato ucciso la prima volta"
Il figlio di Ade lo guardò intensamente negli occhi, come se stesse cercando di dirgli qualcosa.
Ma che cosa?
"Ho parlato con mio padre" disse quindi "e quando gli ho chiesto perchè semplicemente non reclami di nuovo l'anima di Paride, mi ha detto che non può. È un po' come quando le Porte della Morte erano aperte. Sta agendo una forza più grande di lui e non può contrastarla"
"A meno che?" chiese Reyna.
"Le anime di Achille, Patroclo e Paride devono tornare negli Inferi morendo come sono morti la prima volta"
"Questo spiega l'arco di Filottete" disse Percy "ma ehm... io non sono molto ferrato con la mitologia perciò... Amico, scusa se te lo chiedo così, ma come sei morto la prima volta?"
Puntò i suoi occhi verdi in quelli azzurri di Achille, che era diventato di pietra.
"Che c'è?" chiese il figlio di Poseidone.
"Percy..." iniziò Frank.
"Non sono io il problema" fece il Pelide "una freccia di Paride mi ha colpito al tallone, la mia unica debolezza. Prima che Paride muoia, deve uccidere me. È l'unico modo per tornare negli Inferi"
"E allora chi è il problema?"
In momenti come quelli, in cui tutti sapevano di cosa Achille stesse parlando, Percy odiava il fatto che non riuscisse a leggere più di due righe di qualsiasi libro perchè le parole iniziavano a ruotare fuori dalla pagina.
Se solo avesse conosciuto bene la storia dell'Iliade, avrebbe saputo ciò di cui aveva bisogno.
"Patroclo non potrà tornare negli Inferi con me" rispose il Pelide, in tono indecifrabile "Ettore lo uccise la prima volta. Ma lui ora non è qui"
"Oh"
Percy non aveva paura di morire, perchè sapeva che un giorno avrebbe rivisto Annabeth nei Campi Elisi.
Si immaginò al posto di Achille, sapendo che sarebbe andato in un posto nel quale il suo amato non avrebbe potuto raggiungerlo.
Esisteva forse qualcosa di più triste?
"Saremo separati per sempre" mormorò Achille.
"Forse no" intervenne Hazel, avvicinandosi al semidio e posandogli esitante una mano sulla spalla "ricordo che tu dicesti ad Ulisse di mettere le tue ceneri nella stessa urna di Patroclo, cosicchè sareste potuti stare insieme negli Inferi. Forse quel gesto vale ancora..."
Puntò i suoi occhi dorati in quelli scuri del fratello, alla ricerca di un barlume di speranza.
Ma Nico scosse la testa.
"Mi dispiace" disse "posso provare a parlare di muovo con Ade, ma è stato molto chiaro. Quello è l'unico modo per tornare negli Inferi"
"Troveremo un modo" promise Percy "te lo prometto"
Il figlio di Ade gli lanciò uno sguardo ammonitore: le promesse erano pericolose, loro due più di tutti lo sapevano.
Eppure Pecy non era riuscito a frenarsi.
La lealtà era il suo difetto fatale e ciò significava che non avrebbe mai permesso che un amico soffrisse.
Avrebbe tentato il possibile, anche a costo di andare da Ade in persona e obbligarlo a riammettere nel suo regno l'anima di Patroclo.
Poi Achille raddrizzò le spalle muscolose e alzò il mento, assumendo quella che doveva essere una posa regale.
"Patroclo non deve saperlo" decretò.
"Che cosa non devo sapere?"
Sei paia di occhi si voltarono immediatamente verso il punto da cui proveniva la voce.
Achille fece un verso soffocato, come se improvvisamente gli avessero tolto tutta l'aria dai polmoni.
Nella frazione di un secondo, si era gettato sul ragazzo che era emerso dalla porta dell'ufficio di Reyna e lo aveva preso tra le braccia.
"Patroclo" continuava a mormorare "sei davvero tu"
Achille gli carezzò il viso, scostandogli i riccioli castani dalla fronte, studiandolo per vedere se fosse ferito.
Gli sfiorò la curva della labbra, con gli occhi socchiusi, come se fosse qualcosa che aveva desiderato ardentemente fare da un tempo immemore.
"ὦ φίλε" sussurrò "o φίλτατος"
Percy vide i semidei romani scambiarsi delle occhiate, chiedendosi cosa significassero le parole pronunciate di Achille in greco antico.
Ma lui le aveva capite.
Amore mio, aveva detto, il più amato.
Achille si sporse in avanti e baciò Patroclo, stringendolo a sè.
Il figlio di Poseidone distolse lo sguardo da quel momento di intimità così intenso e lo puntò oltre i due.
Da un momento all'altro sapeva che anche Annabeth sarebbe spuntata da dietro quella porta e lui avrebbe potuto di nuovo abbracciarla per non lasciarla andare più.
Se Patroclo era riuscito a scappare, significava che anche lei c'era riuscita.
Ma dov'era allora?
"Annabeth?" chiamò ad alta voce.
Dentro di sè la risposta stava serpeggiando per venire a galla, indesiderata e terribile.
Patroclo si allontanò da Achille, guardandolo per un istante, poi puntò i suoi occhi castani in quelli verdi di Percy.
"Sei Percy Jackson?" domandò.
Percy annuì.
"Lei dov'è?" chiese.
Il Meneziade abbassò gli occhi per un istante, poi li rialzò.
"È riuscita a prendere una chiave a Paride e abbiamo scoperto che apriva solo la mia cella" spiegò "le ho detto che sarei rimasto con lei, ma Annabeth mi ha detto di scappare. Ha detto di cercarti"
"Sta bene? Paride le ha fatto del male?"
Patroclo scosse la testa.
"Non penso le farà niente" disse "crede ancora sia Elena"
"Aspetta un attimo" fece Achille, posandogli una mano sulla spalla "come hai fatto a trovarci?"
"Ho chiesto aiuto a tua madre" spiegò l'altro "e mi ha guidato fin qui. Credo mi abbia reso invisibile agli altri guerrieri – che armature strane, tra l'altro – perchè non hanno dato segno di avermi visto"
Poi si voltò a guardare il Pelide e mise le braccia conserte.
"Cos'è che non dovevo sapere?" domandò.
Ci pensò Percy a salvare Achille dal dire quella terribile verità.
"Patroclo" insistè "per favore. Sapresti riportarci dove Annabeth è tenuta prigioniera?"
Il Meneziade tornò a guardare il figlio di Poseidone, con aria seria.
"Ricordo la strada" disse "ma penso che dovremmo fare dei sacrifici agli dei prima di andare a salvarla. Ne avremo bisogno"

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