Annabeth aprì gli occhi e scattò in piedi prima ancora di essere completamente sveglia, grazie ad anni di addestramento.
Il suo cervello aveva captato un pericolo prima delle sue orecchie.
Puntò gli occhi grigi sulla porta della cella, in attesa.
Sentiva il cuore batterle forte nel petto, ma era fiera di sè.
Durante le ore di sonno, era riuscita a vincere il terribile incubo sul Tartaro e aveva la piacevole sensazione che probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta in cui le arai o Aracne sarebbero venute a disturbarla di notte.
Sentì la chiave girare nella serrattura e con un click la porta si aprì.
Paride vi entrò, con il solito vassoio con un pezzo di pane e un bicchiere di acqua.
Annabeth notò che stavolta dal lato opposto della cintura su cui aveva le chiavi c'era il fodero di una spada
L'elsa aveva disegnata una croce, come quelle che aveva visto studiando l'architettura delle chiese cristiane.
Perchè un troiano doveva avere una spada con un'incisione cristiana?
"Ho pensato avessi fame" disse lui, facendo un passo avanti.
Posò il vassoio per terra e la guardò.
"Come hai dormito? Hai..." esitò, facendo un piccolo sorriso "Hai sognato qualcosa che ti ha fatto ricordare chi sei?"
Annabeth si costrinse a fare un sorriso mesto, mentre le rotelle del suo cervello giravano all'impazzata.
Se fosse riuscita a prendergli la spada, avrebbe potuto liberarsi dalla corda che le legava le mani e avrebbe potuto uccidere – o per lo meno ferire – Paride, per poi scappare.
Ma come?
Rifletti, si disse, hai bisogno di un vantaggio. Di una distrazione.
"Hai ricordato qualcosa?" chiese il principe, con gli occhi scuri che brillavano.
"Forse" fece lei "ehm... delle alte mura, che circondano una città maestosa"
"Troia!"
La figlia di Atena annuì.
"Mi ci hai portata tu, non è vero?" disse, più per prendere tempo che altro.
"Ci hanno accolto magnificamente" raccontò Paride, annuendo "è stato tutto perfetto, fino a che tuo marito e suo fratello non hanno radunato mille navi achee per assalirci. Menelao era invidioso di me, perchè mi amavi"
Sfiorò l'elsa della spada, con la fronte aggrottata.
Per un istante lo sguardo di Paride fu uguale a quello di Chirone: antico e misterioso.
Poi alzò la testa e guardò verso la finestrella della cella.
"A proposito di Greci" disse "l'altro prigioniero non ti ha dato fastidio, non è vero? A quest'ora sarà morto. Scusami, tesoro mio, non dovrei dire queste cose in tua presenza. Torno fra un istante, vado a controllare"
"Aspetta!" esclamò Anabeth, balzando in avanti.
Paride non poteva andare a controllare Patroclo per nessun motivo.
Doveva dargli più tempo possibile e quindi distrarre il principe.
"Che c'è, Elena?" chiese Paride.
"Io..." balbettò lei.
"Torno subito, promesso"
"Fermo!"
Annabeth si avvicinò al principe e prese una decisione improvvisa, sporgendosi in avanti.
Mi dispiace tanto, Percy, pensò, ma fidati che non l'avrei fatto se non fossi stata costretta.
Non appena le sue labbra toccarono quelle di Paride, una campanella suonò nel cervello della figlia di Atena.
Avrebbe preso due piccioni con una fava: dato più tempo a Patroclo e dato a se stessa la possibilità di salvarsi da sola come nel sogno.
Paride emise un verso di sorpresa, mentre rispondeva al bacio e le posava una mano sulla gancia.
Annabeth ne approfittò e, costringendosi a non scattare via, lasciò scivolare le mani legate verso il fodero della spada.
Strinse l'elsa tra le mani e con un movimento veloce sguainò la lama.
E lanciò un urlo.
Con un balzo indietro, si guardò le mani e vide che sul palmo destro c'erano segni di bruciature.
Guardò con orrore la spada che giaceva a terra, che le era parsa incadescente come se fosse stata immersa nel Flegetonte, il fiume di fuoco.
Sul viso di Paride, nel frattempo, era calata una maschera di crudeltà e tradimento.
Si chinò e raccolse l'arma, soppesandola.
"Anche un solo graffio è fatale" spiegò lanciando un'occhiata alla lama "ovviamente solo per voi semidei. È d'oro imperiale ma benedetta nel fiume Giodano da Giovanni Battista in persona. Nessun semidio può impugnarla senza bruciare tra le fiamme divine, a meno che non sia invulnerabile"
Puntò gli occhi scuri su Annabeth, che continuava a fissarlo con odio.
"Mi hai ingannato" sputò lui "Gea aveva ragione"
"Gea?!" esclamò la figla di Atena.
A volte l'ho sentito parlare, ma non con te, aveva detto Patroclo, Sembrava parlasse con qualcuno nella sua testa.
Ora tutto aveva un senso: era Gea la voce nella testa di Paride, quella che aveva architettato tutto, e si spiegava anche perchè Patroclo fosse stato messo al tappeto da rampicanti usciti dalla terra stessa.
Come aveva potuto essere così stupida da non capirlo prima?
"Mi aveva detto che non ci sarebbe stata speranza, per noi due" continuò Paride, la voce vibrante di rabbia "ma io non le ho creduto. Le ho detto che il nostro amore era più forte, perchè benedetto dagli dei. Le ho detto che avresti ricordato. Ma aveva ragione"
Le puntò la spada contro, a pochi centimetri dalla gola.
Annabeth fu costretta ad alzare il mento, ma non distolse lo sguardo.
"Gli dei ti hanno corrotta" disse "tu non sei Elena. Elena è morta. Sei solo un involucro vuoto"
Scosse la testa, disgustato.
"Ho fatto bene a portarti in un monastero" raccontò "Gea aveva ragione di nuovo. Gli dei non meritano i miei sacrifici o il mio credo. E il portarti qui, un frutto della loro stirpe divina, in un posto impregnato del credo di un dio più forte di tutti loro messi insieme, avrà dato loro fastidio. Se lo meritano. Negli Inferi non sono potuto stare con Elena e nemmeno qui. Hanno deciso che non c'è futuro per noi, ma così io ho deciso che non c'è futuro per loro. Gea, la madre terra, risorgerà e io potrò ricongiungermi con Elena"
"Paride, Gea è stata sconfitta un anno fa. Non può risorgere"
Il dubbio passò sul volto di Paride per una frazione di secondo.
Spinse di più la spada contro la pelle di Annabeth, dalla quale uscì un rivolo di sangue.
"Tu menti" decretò.
"No" insistè lei "non puoi uccidermi qui. Se uccidi me, non potrai mai avere Elena. Io ospito il suo spirito, no? Se distruggi il corpo, lo spirito non potrà tornare più"
Doveva convincerlo che lei aveva ragione.
Doveva prendere tempo.
"Non ti ucciderò" fece alla fine Paride, abbassando la spada.
Annabeth buttò fuori il fiato che non si era accorta di star trattenendo.
"Gea ti vuole come sacrificio" concluse il principe "la tua ora arriverà domani al tramonto"
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Stay | Percabeth
FanfictionCi sono storie che si ripetono incessantemente nel corso dei millenni. Alcune sono belle, come ad esempio l'amore tra Orfeo ed Euridice. Altre sono avventurose, come il viaggio degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro. Le peggiori, però, sono qu...