XIII. Resta

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Quando Hazel lo chiamava, Arion accorreva sempre.
Era incredibile quanto quel cavallo fosse veloce.
Sulla sua groppa, Percy sentiva il vento strappargli la pelle dal viso, ma non gli importava.
Nella mente, lo incitò a correre ancora più veloce.
Chinò lo sguardo su Annabeth, che aveva gli occhi chiusi e il volto pallidissimo.
Non ricordava molto dei minuti in seguito alla battaglia, solo che Annabeth gli era svenuta tra le braccia, mentre gli altri gli correvano incontro.
Percy aveva mormorato qualcosa riguardo la spada e al fatto che probabilmente prima che la freccia lo colpisse, Paride doveva aver ferito Annabeth.
"Ma è solo un piccolo graffio" aveva protestato Hazel "come può stare così male?"
Avevano provato a darle un po' di ambrosia, ma non era servita a nulla.
"Oddei Percy. Aveva detto che anche un solo graffio di quella spada sarebbe stato fatale" aveva aggiunto Frank "Gea ci è riuscita"
"Non dirlo!" aveva gridato il figlio di Poseidone "Annabeth non morirà. Non finché io vivo"
"Dobbiamo portarla subito al Campo Giove"
Così Hazel aveva chiuso gli occhi e dopo qualche istante Arion era comparso.
"Andate!" fece Patroclo, parlando per la prima volta "Non c'è tempo da perdere!"
Percy era salito in groppa, tenendosi stretto la figlia di Atena proprio come quella notte che aveva dato il via a tutto, ed erano partiti a tutta velocità.
Non poteva finire così, pensò ora.
Vedeva le familiari costruzioni di Nuova Roma che erano sempre più vicine.
Avevano lottato troppo, in tutti quegli anni, perché finisse così.
Annabeth era forte.
Ma cosa poteva di fronte al divino?
Entrati nei confini della città, Percy cominciò a gridare.
Perfino Terminus non disse nulla nonostante fossero arrivati in groppa ad un cavallo che imprecava come uno scaricatore di porto e sporchi di fango e sangue.
"Aiuto!" gridò "Un dottore! Qualcuno mi aiuti!"
Al bar dove aveva incontrato Rachel, seduti al primo tavolino c'erano Nico, Will e Reyna.
Will Solace scattò in piedi e corse da Percy.
"Cosa diavolo è successo?" esclamò, poi guardò Annabeth "Di Immortales..."
"Aiutami, Will, ti prego" mormorò Percy "l'hai già salvata una volta"
Il figlio di Apollo tese le braccia e il figlio di Poseidone vi mise Annabeth, con attenzione.
"Vai a prendere gli altri" disse poi ad Arion, scendendo dalla sua groppa.
"Cos'è successo?" domandò Reyna.
"Dobbiamo portarla subito in infermeria" fece Nico, pallido come un fantasma "la sua aura vitale è quasi inesistente"
Sembrò che qualcuno avesse fatto penetrare una lama direttamente nel cuore di Percy, perché lo sentì chiaramente lacerarsi e cadere a pezzi.
"Percy" gli disse Reyna, mettendogli una mano sulla spalla "solo se racconterai cos'è successo potremo capire come curarla"
"Il taglio è superficiale" fece Will "eppure le sue condizioni sembrano... sembra che sia stata colpita dall'interno"
"È la spada di Paride" spiegò Percy "penso sia letale per i semidei. Anche quando Hazel l'ha impugnata le ha bruciato la mano"
Un'ombra passò sul viso di Will.
"Ma tu sei un figlio di Apollo" proseguì "sono sicuro che la salverai. Troverai il modo"
"Io..." lui esitò "ci proverò. Te lo prometto. Ma ora devo muovermi"
"Vengo con te"
Nico lo bloccò, mentre Will correva verso l'infermeria tenendo ancora tra le braccia Annabeth.
"Saresti di intralcio, Percy" gli disse, in tono gentile.
"E se si sveglia e non sono lì con lei?" ribattè Percy.
Il figlio di Ade lanciò uno sguardo a Reyna, che teneva ancora una mano sulla spalla di Percy.
"Voi la date già per spacciata" commentò con distacco.
Si allontanò, scrollandosi la mano della figlia di Bellona.
"Percy" iniziò Reyna "è solo che... se quella spada è davvero stata benedetta nel fiume Giordano e davvero ha bruciato una semidea quando l'ha toccata... Temo che le fiamme dell'Inferno stiano bruciando Annabeth dall'interno"
"Voi non conoscete Annabeth come la conosco io" ribattè lui "lei è più forte di qualsiasi cosa"
"Ma non è immortale" soggiunse Nico "è umana. E gli umani non possono niente contro il divino"
Percy scosse la testa, con decisione.
Gli sembrava di stare per scoppiare.
"Percy, sia io che Nico teniamo ad Annabeth" disse Reyna, dolcemente "ma certe volte dobbiamo solo lasciare andare"
"Will non ha detto che è finita" replicò lui.
"Ho visto la sua aura" insistè Nico "mi dispiace tanto, ma non c'è niente che Will possa fare nonostante io sappia che farà di tutto. Non si tratta nemmeno di magia greca. Non è qualcosa che ci compete"
"Allora forse mi converrà mettermi a pregare Dio"
Il figlio di Ade fece un passo avanti, ma Percy lo bloccò.
"Tu hai riportato indietro Hazel" disse "Annabeth non morirà, ma se dovesse succedere farò lo stesso con lei"
Per un istante Percy si ritrovò di nuovo immerso nel fiume Stige, alla ricerca di qualcosa che lo ancorasse al mondo mortale.
Riuscì ad uscire in superficie, ma il ponte di legno sul quale c'era stata Annabeth che gli aveva teso la mano, ora non c'era nessuno.
Era solo, in balia della corrente.
Senza di lei, avrebbe perso il controllo proprio come era successo con la dea Akhlys.
Senza di lei, era perduto.
"Percy, ci sono delle antiche leggi..." fece Reyna.
"Non mi interessa!"
La fontana accanto a loro esplose.
I pochi semidei che erano al bar lanciarono delle urla e si allontanarono.
"Percy, calmati!" gridò Nico.
Percy si voltò di scatto verso di lui, con il respiro affannato.
"Se lei muore" disse, con una voce che a stento riconobbe "per tuo padre sarà guerra"

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