03
Tempo. Era quello che serviva a Kate. Tempo per riflettere. Tempo per finire di suonare. Tempo. Tempo per uccidere. Ma per quel momento le servivano solo dei secondi, forse uno? Forse tre? Chi lo sapeva? Quanto ci avrebbe messo per finire?
Sentiva i tasti che ad ogni tocco delle sue dita delicate si facevano più duri, più difficili da schiacciare. Poteva essere? No. La Morte voleva cadaveri in cambio. Lei le doveva delle vite. Vite fresche e pure. Ecco. Pure. Quella di Jean non lo era? No. Certo che no. Ma comunque lui sarebbe morto. Sarebbe morto molto dolorosamente, magari con delle corde di pianoforte in gola. Sì, gliele avrebbe fatte inghiottire con la forza.
No. Non doveva pianificare niente. Si doveva sbizzarrire al momento.
Cercò di non fermarsi nonostante i tasti che, con il passare dei secondi, diventavano sepre piu duri da schiacciare. Le sue dita scivolarono sul piano letali.
"Signora Cohen." Una voce sottile ed impaurita si fece strada nella sala mettendo fine alla dolce melodia del piano. Kate si girò di scatto furente. Chi aveva osato? Chi aveva osato interromperla?! Chi! "il signore Tranver e suo figlio sono qui"
Rosalind si girò verso la porta semiaperta che rivelò la faccia magra di May: una domestica. La vide mordicchiarsi il labbro con aria impaurita e gli occhi verdi rivolti verso il pavimento. Oh. Quanto la faceva stare bene vedere il terrore delle domestiche. Si riscosse nel sentire l'estremità della bocca piegarsi verso l'alto. No. Non doveva lasciare trasparire alcuna emozione, non davanti a Kate. Doveva essere fredda.
"Arrivo subito" ma certo cara. Sarò più veloce del vento. D'altro canto si parlerà solo e soltanto di Kate no? La mia dolce Kate e magari anche del suo sposo. Questi pensieri le riscaldarono il petto. Si. Avrebbe vissuto una vita più che agiata. Sarebbe diventata la più ricca di tutta Klens.
Kate vide la zia alzarsi lentamente dal divano e dirigersi verso la porta. Che doveva fare? Doveva continuare a suonare? No. Non sarebbe servito a niente. "potete andare Jean" disse Rosalind non appena raggiunse la porta per poi richiudersela alle spalle. Non sarebbe rimasto? No. Jean non sarebbe rimasto. Ma perché? Perché il mostro la voleva lasciare da sola? E perché i Tranver erano venuti fin li? Che cosa tamava?
I passi di Jean rimbombarono nella sala. Doveva andarsene. Doveva andarsene da quella villa. Un inferno ecco cos'era. Un inferno da cui non si può più uscire senza il permesso di quella vipera. Per non parlare della nipote. Quella era un mostro con l'aspetto di un tenero cagnolino innocuo. Ma lui sapeva. Sapeva che l'avrebbe attaccato alle spalle. Si sentì il cigolio dei cardini della porta che Jean aprì e che superò quasi di corsa, e dopo il nulla.
Una nota lenta e malinconica rieccheggiò nell'aria e quando le vibrazioni delle corde si fermarono, lo stesso tasto venne schiacciato. Ancora, ancora ed ancora.
Kate non si era nemmeno resa conto di aver schiacciato il tasto più alla sua sinistra, l'ultimo tasto eppure anche il primo. Il primo e l'ultimo di tanti. Era così bianco e perfetto. Così candido in tutta quella sua piccolezza. S'immaginò un bambino. Era come un bambino. La cui vita iniziava da lì e finiva con una nota acuta ad affermare l'avanzamento degli anni e l'avvenire della morte.
Kate continuò a schiacciare quel tasto immaginandosi un ammasso di coperte da cui sbucava il viso piccolo e paffuto del bambino. Era stata così anche lei? Una piccola bambina inutile? Inutile ed affamata? No. Lei era stata creata dalla morte in persona fin da quando era nel grembo della madre. Se lo ripeteva sempre. Ma perché? Perché se lo ripeteva sempre? Per essere sicura? Oh, questo non lo sapeva nemmeno lei.
Guardò i tasti bianchi. Non le piaceva affatto quel colore. Era troppo pulito. Senza "peccati" era così che li chiamavano giusto? Peccati. Guardò ancora i tasti e spostò il dito su un piccolo tratto nero e fece pressione. Ne uscì una nota cupa. Pensò che se le anime avessero delle urla, sarebbero state come quella nota. Ma i morti non parlano. Questo la fece sorridere per poco. Quel piccolo tasto tra tantissimi altri bianchi, separato dagli altri suoi gemelli diversi, le fece venire in mente sé stessa. Lei, separata dagli altri, lei che aveva ucciso. Lei, che era piena di peccati. Come se fosse ricoperta da dei sottili veli grigi che, sovrapponendosi si facevano più scuri. Lei era diventata nera. Lei non era una persona normale. Ma che cosa era? E che cosa sono le persone normali? I tasti bianchi? Senza peccati? Senza nessun velo addosso? No. Tutti avevano peccato. Il problema era la tempera. Si. La tempera che si spargevano sul corpo per non diventare scuri. Loro li seppellivano i peccati. Ecco cosa faceva la gente. Seppelliva tutto.
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Madness - Il canto della Morte
Fantasy|| ATTENZIONE: copertina a cura di @Heroon_S|| Quattro menti contorte e malsane che collaborano tra loro. Due uomini e due donne, tutti con del sangue sulle mani e fantasmi oscuri del passato, tutti con le loro terribili colpe e le loro disgrazie. U...