→Casting|7|

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«Perché mi lasci dopo aver pianto tra le mie braccia? Dopo tutti i miei tentativi di proteggere quello che è il tuo cuore da chi ero costretto ad amare? E adesso voglio strapparti gli arti come si soffiano i denti di leone alla fine di maggio, sorridendo soddisfatto quando so di aver fatto peggio.»
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C'erano tre persone in quella stanza.
Rantaro era entrato alla finestra con la mazza da baseball in mano e ora guardava Shuichi con lo sguardo di chi non solo ha un tasso alcolico superiore a quantità di sangue nelle sue vene, ma di chi non ci vede più dalla gelosia. Shuichi invece si era messo a sedere dopo essersi svegliato improvvisamente -stava riposano steso a letto con Kokichi- e si metteva avanti al più piccolo come a proteggerlo. Infine, Ouma, si era svegliato quasi in contemporanea a Shuichi, appoggiandosi con le mani sulle sue spalle, tremando spaventato; l'essersi appena svegliato e lo stare passando l'ennesima situazione stressante nella stessa giornata non aiutava minimamente il suo animo già turbato. Strinse la presa sulle spalle del più alto e, già esausto ma ancora confuso, scoppiò in lacrime, ripetendo più "aiuto" a bassissima voce.
A quel suono perpetuo, entrambi i ragazzi capirono qualcosa. Rantaro, capì di doverlo salvare, quindi guardò con ancora più odio il ragazzo dai capelli petrolio.
«Nerd maniaco, libera immediatamente Kokichi.»
Shuichi, che aveva capito di proteggerlo da Rantaro, spostò le mani del più piccolo dalle proprie spalle e si alzò, avvicinandosi a passo lento ad Amami.
Questo gli si buttò contro, cercando di colpirlo con la mazza da Baseball, fallendo miseramente. Shuichi si era spostato in tempo, anche se non era riuscito a recuperare il coltello che teneva nascosto dietro la cornice del quadro appeso accanto alla porta e cadendo a terra. Non ci aveva neanche provato a difenderlo, Kokichi. Tutto gli sembrò andare a rallentatore, Rantaro alzò la mazza da baseball e la caló lentamente, come un boia che dona la morte a chi ha l'anima dannata da chissà quali vizi. Il colpò fu violento, Shuichi cadde a terra privo di sensi, il respiro impercettibile e un rivolo di sangue che gentilmente gli percorreva il viso partendo dalla ferita inflittogli da Amami. Ouma guardò la scena immobile, nemmeno provò a respirare. Si alzò solo quando vide Rantaro girarsi lentamente verso di lui, aggiustandosi i capelli con una mano. L'odore di alcol era rivoltante, ma la vista di Saihara a terra lo era ancora di più. Quando il più basso si avvicinò ai due, si inchinò vicino al corpo di Shuichi, facendo per sfiorargli il polso per vedere se fosse vivo o meno. Ma proprio in quel momento Rantaro lo prese per i fianchi, tirandolo verso di sé.
«Shh, andiamo, ok?»
Disse, abbracciandolo affettuosamente.
«Andiamo Kokichi, andiamo a casa mia»
Continuò. L'essere chiamato per nome in un momento del genere lo fece quasi gridare dalla rabbia. Non riusciva a staccare gli occhi dal corpo del ragazzo che poco prima lo stava stringendo affettuosamente nel sonno. Rantaro gli accarezzò i capelli con l'amore di un amante e, con la mano libera, gli cinse i fianchi, avvicinandosi con lui alla finestra.
«Adesso scendo, poi ti prendo ok?»
Disse, lasciandogli un bacio affettuoso sulle labbra ed uscendo dalla finestra abilmente, con una mano ancora stretta attorno al manico dell'arma. Kokichi si fermò a guardare il ragazzo dai capelli petrolio. Rantaro lo stava salvando, perché quindi si sentiva così a disagio? Perché voleva correre da lui e baciargli la ferita finché non avrebbe ripreso coscienza? Sì mordicchiò il labbro inferiore, magari era qualcosa simile alla sindrome di Stoccolma, sicuramente sarà così, si disse. Quindi andò alla finestra e si lasciò cadere per quella piccola altezza, atterrando tra le braccia di Rantaro che, non appena lo afferrarono fermamente, lo strinsero a sé e Amami lo baciò con gioia, rincuorato.
Il giorno seguente, di Saihara, non si seppe molto. Non si presentò a scuola e la famiglia non si preoccupò di avvisare per il motivo. Ouma, che ora sedeva accanto al ragazzo coi capelli verdastri, guardava il posto vuoto in preda all'ansia. Rantaro quindi, ogni volta, gli cingeva le spalle con le braccia e gli sussurrava.
«Non tornerà a farti del male, mai più»
Ma ciò faceva solo ulteriormente inquietare Kokichi. Quello stesso pomeriggio salutò gentilmente Rantaro, tenendogli le mani e promettendogli che sarebbe andato a casa sua quella sera, ma ora aveva bisogno di andare a casa da solo, era ancora stanco per la sera precedente. Amami gli passò una mano sul segno violaceo che adornava il collo del più piccolo e gli sorrise dolcemente, annuendo e avviandosi verso la propria abitazione. Kokichi allora, dopo aver sospirato profondamente, si avviò verso il solito parcheggio per poi seguire quella strada che aveva già fatto con Shuichi. Dopo aver camminato da solo per un po', vide un uomo con i capelli grigiastri e folta barba, un paio di occhiali piccoli dalla montatura argentea. Pallido, visibilmente non giapponese. Stava stringendo la mano ad un uomo calvo, un neo vicino al naso grosso e ingombrate e degli occhi  ambrati che risplendevano alla luce del sole pomeridiano. L'uomo barbuto in mano aveva una valigetta tipica di dottori, avvocati o professori e, l'uomo che gli stava stringendo la mano, era quasi sicuramente lo zio di Shuichi. Kokichi si avvicinò timidamente ai due uomini, chiedendo balbettando.
«S-S-Saihata-chan è in c-c-casa?»
Disse, abbassando lo sguardo e giocando con le maniche della giacchetta nera che portava. L'uomo lo guardò e sospirò.
«Grazie a Dio sei qui, Shuichi non smette di chiedere di te, mi stava venendo mal di testa.»
Disse, sospirando e pattandogli una delle spalle.
«Sai dove sta camera sua, va'»
E tornò a parlare con quello che Ouma capì fosse il medico di famiglia.
Kokichi entrò di corsa nell'abitazione, camminando a passo svelto tra le stanze con le scarpe in mano. Si chiuse la porta alle spalle e guardò la scena avanti ai suoi occhi; Saihara era seduto sul letto a mangiare della macedonia, la testa fasciata e una vestaglia azzurrastra addosso. Appena sentì la porta aprirsi si girò lentamente, guardando confuso l'entrata della stanza. Quando lo vide gli sorrise appena e posò il piatto sul comodino, facendo per alzarsi. Kokichi lo fermò, buttandosi come a placcarlo verso di lui, stringendolo leggermente.
«Ouma-kun? Che ci fai qui?»
Disse, allargando le braccia confuso, non lo aveva mai visto così...così...strano. Lo fece salire sul letto, spostandosi di lato e tenendolo ancora stretto. Kokichi non esitava a spostarsi, stringendo appena la presa.
«S-Saihara-chan...»
Disse, strizzando gli occhi con forza e affondando la testa nel suo petto, Saihara ne approfittò per poggiare il mento su di lui, stringendolo affettuosamente mentre lui scoppiava a piangere disperatamente. Il naso gli si otturava facendolo singhiozzare nel tentativo di respirare e gli occhi si arrossavano mentre facevano scivolare fuori le lacrime salmastre. Gemeva dal dolore come se fosse stato lui quello ferito, stringendo la stoffa del più grande sempre più disperato. Saihara gli baciò la testa, lasciandolo per portarsi le mani dietro la schiena e prendere le sue, di mani, intrecciando le loro dita.
«Guardami Ouma-kun...uno...due...tre...quattro...»
E mentre gli teneva le mani cercava delicatamente di aiutarlo a regolare il respiro ormai flebile e scoordinato a causa del pianto. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere di nuovo su di lui, tenendolo per mano e con la testa sulla spalla sinistra. Era stanco, Kokichi, ma era felice perché Saihara era con lui, non era più steso per terra sanguinante. Saihara gli lasciò una mano per guardarsi la propria ed emettere un gesto di dolore potandosela immediatamente alla testa.
«Mi ha colpito proprio con tutta la forza che teneva in corpo, quel ba-»
Ouma si era messo a sedere accanto a lui un po' più composto e si pattava le gambe invitando il più grande a stendersi su di esse con la testa. Saihara lo guardava confuso, poi fece come detto, chiudendo gli occhi con lo sguardo riverso al soffitto. Kokichi lo guardava preoccupato, sentiva come se potesse spirare da un momento all'altro. Fu quello il momento in cui ricevette la chiamata di Rantaro.
Scoppiò in lacrime solo a leggere il contatto, terrorizzato. Ma Shuichi non aprì gli occhi, gli prese solamente una mano, sospirando pesantemente. Poteva sentire le lacrime calde di Kokichi cadergli sul viso ancora pallido e i singhiozzi che di nuovo attraversavano il più piccolo. Quando iniziò a tremare gli lasciò la mano per accarezzargli il viso, ma lui gliela sposto bruscamente per stringerla nuovamente tra le sue, quasi in preda alla disperazione più totale.
«Non dovevo venire qui...»
Disse scosso.
«Ti ucciderà.»
Continuò, baciando disperato la mano di Saihara, portandosela ora nuovamente alla guancia, in cerca del calore umano che poteva offrirgli. A questo Shuichi aprì gli occhi e lo guardò morto nei suoi.
«Non può uccidermi, io non posso morire prima di aver portato a termine il mio atto d'amore nei tuoi confronti»
E gli lasciò la mano.
«Ouma-kun, iscriviamoci a Danganronpa insieme e nessuno potrà più dividerci.»
E poco dopo, pure Ouma Kokichi inviò la richiesta di partecipazione al casting del cinquantatreesimo capitolo di Danganronpa.

𝙰𝚎𝚜𝚝𝚑𝚎𝚝𝚎- Saiouma | Oumasai ( Shuichi X Kokichi )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora