«È orribile, è la più pura forma di disperazione. E il mio cuore ne necessita, ne necessita e non so nemmeno io perché. Mi manca il fiato, ho le lacrime agli occhi, mi viene da gridare. Tirami tutti i capelli da testa uno ad uno, strappami ogni straccio di dignità che mi rimane in copro e gridami che non sono più nulla. Non chiedermi più permessi e non rispettare più volontà. Perché sai che per quanto mi ferirai io non farò altro che tornare da te in lacrime strisciando. Credo sia un problema, finirà per uccidermi.»
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Dopo aver passato quel pomeriggio a praticare l'esplorazione urbana con Shuichi, il ragazzino dai capelli violacei capí che forse era meglio stargli il più lontano possibile. Ogni volta che Saihara entrava nel suo campo visivo, avanti ai suoi occhi riaffiorava come un flash l'immagine di quello sguardo che ricevette all'edificio abbandonato.
Occhi color ambra sgranati, le vene degli occhi rossastre ben visibili. Il respiro affannato e caldo sul proprio viso e la stretta ferrea di chi non l'avrebbe lascito andare per nessun motivo.
Ouma scosse la testa, la sua descrizione sembrava quella di un uomo innamorato alla follia. Però lui parlava di un uomo sì ammattito, ma non mosso da un sentimento nobile come l'amore. Shuichi era uscito fuori di senno, ma non per una bella donna; lui lo era per un gioco che il ragazzino non credeva si potesse definire tale.
Purtroppo, paradossalmente, più Kokichi cercava di distanziarsi, più l'idea di scoprire cosa frullasse nella testa di Saihara faceva capolino sopprimendo tutti i pensieri che la circondavano. Era intrappolato, incatenato, legato. Insomma, non poteva scappare dal ragazzo più alto.
Saihara questo lo sapeva e, sulla sua agenda mentale segnava con un'altra sbarra la seconda casella del suo piano: interessare Kokichi. La curiosità, lo sapeva, lo avrebbe spinto ad avvicinarsi ulteriormente, come ogni essere umano fa quando incontra una fonte di stimoli.
Ora, il prossimo passo l'avrebbe fatto lui; sapeva che Kokichi era interessato, o meglio, incuriosito, ma sapeva anche che non avrebbe mai rischiato così tanto avvicinandosi di nuovo. Quindi fu lui a farlo, con la tranquillità di un giovane roditore che si avvicina all'esca, rosicchia la corda a cui è legata e poi scappa senza azionare la trappola, forse questa similitudine, si disse, sarebbe stata più adatta a Kokichi.
«Ouma-kun.»
Lo chiamò il più alto mentre il ragazzino stava preparando la cartella di corsa per correre via da chissà chi, quel giorno. Sì spaventò e sobbalzò leggermente, continuando a non girarsi e a riporre i quaderni sporchi di succo, acqua e caffè in alcuni punti. Non erano state fatte da Ouma, quelle macchie; lo si poteva capire dalla copertina completamente rovinata a causa di quella che sperando fosse acqua. "Kaede, o Kaito", si disse mentalmente il ragazzo dai capelli petrolio mentre poggiava una mano sulla cartella e nell'altra prendeva il cellulare.
«Vieni da me, ora? E per da me intendo a casa mia.»
Le punte dei capelli violacei di Kokichi sembrarono irrigidirsi a quella proposta. Avrebbe dovuto rispondere invece di fare scena muta, pochi secondi prima...oh dannata curiosità, sempre a mettere in pericolo la sua vita stava! E adesso che avrebbe dovuto rispondergli? Di no? E con quale scusa? Non poteva mentire...non sapeva farlo...e che dirgli? Che aveva timore di venir ucciso da lui? È una delle peggiori accuse che si possa fare a qualcuno...il ragazzo si girò lentamente, il sangue che letteralmente correva nelle sue vene (poteva sentire il battito accelerato, come quello di un coniglio ad esempio) e la punta del naso che si addormentava. Guardò la cravatta a fantasia blu e grigia che portava il più altro e spostò lentamente lo sguardo verso il suo naso, sì, abbastanza da Porter fingere di starlo guardando negli occhi...oh era quello un dejavù? Perché stava avendo un dejavù in quel momento? Aveva già visto quello sguardo...quello sguardo! Ma certo la fabbrica...quel modo di puntare gli occhi con ossessione verso qualcuno era ancora appartenente del viso di Shuichi. E ora quell'ossessione era rivolta a lui. Ingoiò, fece un passo all'indietro solo per scontrarsi contro il banco: alla fine annuì.
Shuichi sorrise appena, o meglio, ghignò soddisfatto.
«Bene allora, andiamo.»
Disse, girandosi di spalle ed uscendo di classe a passo spedito. Kokichi valutò la possibilità di scappare, ma avrebbe solo peggiorato le cose. E così, a passo lento ma svelto, i due si incamminarono verso la casa Saihara, dove Shuichi viveva coi suoi genitori. Dovete sapere che i genitori di Shuichi erano nel bel pieno di un divorzio; la madre era malata(dopo la depressione post-parto non si era più ripresa) e, dopo aver firmato le carte, sarebbe stata portata da suo fratello in un centro di recupero e suo padre, buon uomo, era troppo impegnato a piangere il distrutto rapporto con la moglie che pensare al figlio avuto da un tradimento di lei. L'unico con la testa apposto, in quella famiglia, era lo zio di Shuichi. Con il sale in zucca di fa per dire, comunque. Si prendeva cura lui del ragazzo, certo, ma non era un buon uomo. Aveva un'indole cattiva e, Kokichi ci avrebbe scommesso la sua anima, parte dei comportamenti di Saihara erano dovuti da questo. Il resto, ai continui tentativi della madre di ucciderlo. Di certo non una situazione familiare rosea, ma questo permetteva al ragazzo dai capelli petrolio di poter fare quello che voleva nella sua vita, addirittura partecipare ad un killing game.
Oh, lettore attento, mi voglio però prendere la premura di ricordarti che questo non sarà giustifica del male che Shuichi infliggerà, come non lo sarà la situazione famigliare di Kokichi.
Ritornando a loro, una volta entrati nella casa vuota, Kokichi si guardò attorno. Era una bella casa al secondo piano di un palazzo, un ingresso vasto che non era altro che una stanza che collegava tutte le altre; due porte per i bagni (in cui uno aveva pure una lavatrice), la cucina, la camera da letto dei genitori e una cameretta più piccola, nascosta, che era quella di Shuichi. Fu lì che Ouma fu portato. Una camera dai muri bianchi, con scritte e disegni qui e lì, poster attaccati sulle ante dell'armadio e...tre letti? La camera di Shuichi era al novanta per cento occupata da un letto matrimoniale e uno più piccolo, messo ai piedi di quello maggiore.
«Siediti, stenditi pure, fai come se fosti a casa tua.»
Disse il più alto, togliendosi un cappellino e poggiandolo su un peluche di Monokuma a grandezza naturale. Kokichi si sedette sul letto matrimoniale un po' insicuro, ancora con la tracolla addosso. Fu Shuichi a chiedere se volesse posarla sulla sedia e compiendo in seguito tale azione.
Caló il silenzio, finché Saihara non si girò a guardarlo.
«Ti ricordi l'edificio? Ti va di vedere cosa ci hanno fatto dentro?»
Disse, alzandosi spostando lo sguardo da lui alla libreria dietro la televisione e prendendone delle casse, tre per l'esattezza. Dopo aver aperto la prima, che riportava su una copertina bianca sporca di pittura a caratteri ben visibili e stilizzati la scritta "New Danganronpa x4; artists' hope(1)", ne estrasse un disco con lo stesso motivo della copertina e lo inserì nel lettore cd. Ouma, che non aveva neanche avuto il tempo di acconsentire o controbattere, si ritrovò seduto a gambe incrociate come un indiano, Shuichi pensando a questo fece scappare la testa a dieci piccoli indiani e ghigno appena, a guardare le immagini sullo schermo. Shaihara in quel momento si era seduto accanto a lui.
Per i primi quaranta minuti nulla di tragico succedeva, tutto procedeva normalmente, tutto fino al primo omicidio. Alla fine della prima ora di programma, infatti, vi era il primo omicidio, quello di una giovane ragazza innocente. Avanti al corpo morto, anche se sembrava come addormentato, Ouma non trattene un gridolino di terrore.
«È...È...vero?»
Disse. Saihara gli prese il viso e lo guardò dritto negli occhi.
«Sì, è vero.»
Kokichi sentì la nausea come primo sintomo, poi il terrore. Il terrore, che lo salvò dal sentirsi male, non fu però causato dal corpo morto in tv, quanto dallo sguardo di Shuichi; lo sguardo di chi avrebbe sfogato le proprie frustrazioni sessuali su quell'immagine, lo sguardo di chi avrebbe messo in pausa in video per correre in bagno e non a vomitare. Ma Shuichi, per fortuna di Kokichi, non era quel tipo di persona, il piccolo grappolo d'uva era soltanto stato messo in soggezione. Lui trovava eccitante sì il caso, ma non il morto, anzi.
Ouma fece per alzarsi di scatto, spaventato da quel suo pensiero errato, ma Shuichi lo trattenne per il polso, tirandolo a sé.
Così il più piccolo si ritrovò con la testa sulle gambe di Saihara mentre questo gli accarezzava affettuosamente i capelli e provava quell'emozione simile all'invidia.
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𝙰𝚎𝚜𝚝𝚑𝚎𝚝𝚎- Saiouma | Oumasai ( Shuichi X Kokichi )
FanfictionNon l'hai fatto veramente, vero? Le tue mani non si sono tinte di quel colore rosa che adorna le stanze delle bimbe, vero? Quel sangue caldo che percorre le nostre vene. Oh ti prego, Schuichi, ti scongiuro. Oh ma non importa, perché questa rabbia...