chapter 1

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non si respirava con quelle mascherine del cazzo. qualche mese, solo qualche mese, e la mia vita, il mondo, era cambiato. ma non voglio star qui a fare il moralista, a strappare con meticolosità dal mio cervello un qualche discorso motivazionale e diffusore di speranza, non sono il cazzone che da questo tipo di messaggi e, tantomeno, il tipo che ci crede pure, a tutte quelle stronzate. tutto ciò di cui sempre mi era importato era il presente, l'attimo che si vive. nient'altro. cioè, nient'altro ad eccezione di quella stronzetta che adesso stava seduta al mio fianco, sull'aereo, e che mi stressava la vita perché voleva mi girassi a guardare quel "favoloso" tramonto fuori dal finestrino.
"il cielo è rosso sangue, mai visto nulla del genere, dai!" esclamò a bassa voce, guardandomi con i suoi occhi scuri, giganti.
"sembri più felice per questo che per il resto" commentai. luna si girò e non disse nulla.
"ah d'accordo, appena atterriamo prendiamo il primo volo che ci riporta diretti a roma, rompi." mi piaceva fare il finto offeso con lei.
"è vero che sei stronzo tanto quanto è vero che non scambierei questo viaggio per nulla al mondo" ribadì allora. era riuscita ad offendermi e a rendermi contento in un'unica frase. atterrammo all'aeroporto di olbia e dopo chiamammo uber. la vedevo ancora pensierosa ma a consolarla proprio non ero mai stato capace.
"ricordati che sono qui per lavoro" affermai ripensando a ciò che c'eravamo detti prima.
"lo so.." cazzo, quanto mi dispiaceva. le misi una mano sulla coscia. avrei voluto baciarla, stringerla forte, ma quelle condizioni non me lo permettevano. in men che non si dica eravamo arrivati a porto cervo, di fronte alla villa di manuelito. eravamo diventati amici col tempo, eravamo molto più che semplici colleghi e questo spiegava il perché mi ritrovassi in casa sua, con tutta la crew, e al fianco della mia ragazza. in pratica io e luna eravamo gli ultimi arrivati, la festa sembrava essere già cominciata. faceva un caldo del cazzo.
"è arrivato il reeee!" esclamò manuelito venendomi incontro. mi abbracciò e mi tirò una pacca sulla spalla, al diavolo il distanziamento no? poi arrivò l'ondata di gente, amici. mi sentivo a casa, lo ammetto. mai avuta tutta quell'accoglienza prima di conoscere quella gente, e un po' mi rattristava. c'era nic, arrivato una settimana prima, ed era assieme ad una ragazza, una donna, mai vista prima. poi c'era davide, lory e mauri. infine lo vidi, infondo. jacopo. subito sentii qualcosa ribollire nel mio stomaco, dovevo placare quei nervi. poi mi accorsi che affianco a lui c'era roby, aka beba. non la vedevo da un po', mi era sempre stata particolarmente simpatica. con mio grande piacere li vidi pomiciare. piacere, si, misto al disgusto, ma mi sollevava sapere che il bastardo si fosse trovato il suo pezzo di carne. forse aveva imparato la lezione, forse non avrebbe provato più a mangiare dal piatto altrui. con me non c'era riuscito e in quell'istante giurai che mai ci sarebbe stato verso. gli altri salutarono anche luna, come se ormai facesse parte della famiglia. si, già, ero un coglione ed ero geloso, ma che ci vuoi fare? avevo sempre pensato a luna come una cosa solo mia, lei c'era sempre stata e prima di chiunque altro. lei non c'entrava con quella nuova versione di me, lei non apparteneva a thasup, lei apparteneva a dami. ma infondo erano solo grandi cazzate, io ero io e lei era lei. due perfetti idioti che non riuscivano a vivere in quel mondo troppo complicato per i nostri cuori alla ricerca dell'unica cosa che per noi contava..un po' di libertà. allora mi spostai più vicino a lei e la cinsi per un fianco. lei mi guardò, quasi stupita. avrei quasi voluto che non lo fosse. avrei voluto che fossero piccole cose all'interno della normalità. ma io ero uno stronzo, e lei pure.
"beh ragazzi com'è stato il viaggio?" ci chiese davide. andammo a sederci fuori, in piscina. jacopo e roby stavamo ancora in disparte, noi continuavamo a parlare, di cose superflue in realtà. poi i due piccioncini si spogliarono e si buttarono in acqua. io vedevo luna agitata, forse da quando aveva visto jacopo. come darle torto? così mi alzai in piedi e le porsi la mano. lei si tirò in piedi accettando il mio aiuto e sorridendo.
"vieni, ti faccio vedere una cosa" dissi ad alta voce. la portai vicina al bordo della piscina.
"cosa?" chiese lei ingenuamente. tutti dietro già ridacchiavano e io vedevo luna sempre più confusa. il resto avvenne in mezzo secondo. la presi con forza per il bacino e la scaraventai in acqua, vestita da capo a fondo. aveva una tuta nera e una maglietta lilla, le uptempo ai piedi. non amava vestirsi scollata, nemmeno d'estate, ed io amavo quella sua insicurezza. era bella anche con un sacco di patate addosso ed invidiavo quella sua perfetta e beata innocente bellezza. ma ritornando al presente, era in acqua che cercava di uscire, ma non aveva molta forza nelle braccia. io scoppiai a ridere, e con me il resto della banda. mi sentivo un po' perfido. allora mi tolsi di fretta le scarpe e la maglietta, restando solo in pantaloncini da calcio, e mi buttai a bomba, schizzando ovunque. quando tornai a galla vidi la sua faccia incazzatissima ad un millimetro dalla mia.
"brutto stronzo, le scarpe tu te le sei tolte!!" io risi ancora. allora la presi ancora per i fianchi, molto più adagio, e la sollevai fino a farla sedere sul ciglio della piscina. finalmente ebbe il tempo di levarsi le sneaker e di legarsi i capelli. poi fece per slacciarsi la tuta.
"hai sotto il costume?" chiesi perplesso e abbassando il tono.
"no, perché?" cazzo.
"gesù luna, vuoi stare in intimo?" lei era in confusione.
"qui??" continuai guardandomi intorno. lei roteò gli occhi. poi ritornò in acqua, vestita, ma senza scarpe. mise le braccia sulle mie spalle.
"hai paura?"
"cosa?" chiesi confuso, fissandola negli occhi.
"non lo so, hai lo sguardo di uno che ha paura." io restai in silenzio. come faceva a sapere tutto? avevo paura si, che fosse capace di leggermi nella mente.
"fai un po' il cazzo che ti pare." forse non avrei dovuto fare così. anzi, era sicuro, ma mi stava facendo incazzare ed eravamo appena arrivati.
"scusa dami." io ora alzai nuovamente le pupille nelle sue.
"scusa luna." poi non resistetti più. l'avvicinai a me e la baciai. non mi andava che chiunque potesse pensare che lo facessi per flexare o farmi vedere, semplicemente non mi fregava un cazzo di dove o con chi stessi, se sentivo il bisogno di stringerla forte a me, io lo facevo e basta. quella ragazza mi aveva mandato l'orgoglio a puttane. poi si buttarono in acqua anche manuelito e nic, intanto di sottofondo pura trap americana, di quella che mi gasava e mi faceva muovere dalla testa ai piedi. nic e luna andavano molto d'accordo, il che a dire il vero mi rasserenava. stavano lì a schizzarsi come due bambini, e in quell'istante mi sentii molto più grande di quello che realmente ero. forse era ciò che avevo passato? forse era solo questione di testa. io ero condannato ad essere il peggio del peggio; essere uno di quelli che pensa maledettamente troppo. quando le cose per me già stavano andando a farsi fottere, luna non l'avevo ancora conosciuta. non si può dire lo stesso per lei, in parte era anche per merito mio se stava incasinata quasi quanto me. e mi dispiaceva da matti, ma mi aveva salvato. e lo faceva ogni qualvolta mi guardasse con quei suoi grandi e scuri occhi. quando arrivammo era già pomeriggio inoltrato, di fatti il sole calò presto. avevamo praticamente cazzeggiato tutto il tempo. io e luna c'eravamo poi logicamente cambiati e tutti insieme eravamo usciti a cena. nel tragitto ebbi la fugace occasione per scambiare quattro parole con jacopo.
"come va?" mi chiese come nulla fosse.
"direi bene" risposi secco. avevo le palle piene, arrivai subito al dunque.
"roby è la tua nuova troia ora?"  mi dispiaceva un po' per lei, a ripensarci.
"come scusa?" mi guardava stupito. jacopo era sempre stato mio amico, uno con cui ci passeresti le serate più sgravate e i festini più grandi, ma mai uno di cui potersi fidare. mi dispiaceva che avesse rovinato tutto. per una volta non era colpa mia, o almeno in parte. che poi era sempre colpa mia.
"sei un coglione, non chiamarla troia" continuò captando il mio silenzio.
"ok." lo stavo provocando, certo.
"dai bro, pensa se chiamassi luna la tua troia.." non gli lasciai dire nient'altro.
"avrai la barba da più tempo di me, ma non significa tu sia più maturo. io le donne le so trattare in quanto tali, tu sei solo un materialista che nega il maschilismo rifugiandosi in esso." dovevo sfogarmi, sapevo che l'avrei fatto, ed era meglio prima che poi.
"wow, rilassati, stavo solo cercando di farti capire.."
"io ho già capito tutto ciò che dovevo capire, ora non parlarmi più se non per qualsiasi altra cosa che non riguardi le nostre vite personali." bene, sarei dovuto stare a posto per un po'. io e jacopo stavamo camminando indietro, luna era stranamente con nic, manu e davide. ogni tanto si girava verso di me, pensando che io non la notassi, ma avevo sempre avuto occhi ovunque. le paranoie d'altronde abituano pure alla costante allerta nel momento del bisogno. purtroppo anche in quelli non opportuni, ma quella è un'altra storia. e luna era tale e quale a me, altrimenti adesso non l'avrei vista impanicata nel cercare di capire a cosa cazzo stessi pensando. non lo sapevo nemmeno io, volevo solo staccare. mangiammo una pizza in un ristorante come un altro, il vero spettacolo sarebbe cominciato di lì a poco. di fatti, ancor prima di aver digerito, ci ritrovammo nel bordello, con la musica alta, le luci oscillare tra il blu e il viola e completamente immersi nell'alcol. ma prima di partire mi ero dovuto preparare psicologicamente e, seppur non potei dire di esserci riuscito perfettamente, me l'aspettavo. non c'era nemmeno troppa gente in realtà, con la storia del covid c'era un limite di persone, e forse così l'aria era più respirabile. luna era davvero bella quella notte. cioè, lo era sempre, ma con quel vestitino bianchissimo era maledettamente sexy. stava ballando con manuelito, a me piaceva guardarla. affianco c'erano anche gli altri piccioncini. bleah. come sempre arrivò anche il turno dell'imbarazzo; arrivò m8nstar di sottofondo. io ero totalmente su di un altro pianeta, stare in mezzo a tutta quella gente mi faceva un po' male, dico alla testa, ed ero distratto. finché mi girai di scatto e vidi luna in piedi davanti a me, che mi fissava con quell'aria spensierata, che un po' mi ricordava i vecchi anni, ma allo stesso dovevo ricordarmi che era solo merito della vodka.
"muso lungo, questa la devi ballare" disse nel mio orecchio, abbassandosi sensualmente. gesù, mi faceva impazzire. io mi alzai svogliato. in quell'istante, non sapevo cosa, ma mi sentii improvvisamente fragile. più fragile del solito, di quella debolezza che mi sentivo addosso solo quando lei mi stava così vicino.
"che hai?" mi chiese fissandomi. io avevo gli occhi un po' lucidi, ma questo lei non lo vedeva, grazie a dio. m'invasero i ricordi, ecco che avevo. ricordai di quella inutile fatica che feci per cercare di dimenticarla, i suoi bei occhi e solo ciò che stava dentro quel cuore, quella sua sensibilità che non avevo mai visto in nessun altro essere umano. futili momenti di furia dopo aver compreso che mai ci sarei riuscito, finché poi lei ammise d'amarmi. in quell'attimo capii che non avevo mai amato nessuno, che lei sarebbe stata per sempre l'unica, che fosse stato un bene o un male.
"niente" risposi allora. lei si morse le labbra.
"non so se riesco a dormire da sola" esordì all'improvviso. già, avevamo due camere separate. che tragedia.
"perché?" domandai con un sorrisetto stampato in viso.
"stronzo." si, giusto un pochino.
"fai gli incubi senza papà?" la sfottei facendo il labbruccio. per nascondere la mia insicurezza ero disposto a tutto. e lei lo sapeva.
"dami sei sicuro di star bene?" chiese preoccupata. per l'appunto, non le sfuggiva nulla. tornai subito serio.
"si." sporco bugiardo.
"hai due occhi..." due occhi che avevano fame solo di lei. allora la strinsi forte a me, senza pensarci più. sprofondai il viso tra i suoi capelli. la quarantena mi aveva distrutto, e il suo profumo, adesso, mi stava facendo scordare di tutto. eppure quel dolore restava sul fondo di qualsiasi altra emozione, depositato come un pezzo di merda.
"ti amo dami." fanculo, io a godermi le cose non ne ero mai stato capace, però davanti a quelle parole crollavo ogni cazzo di volta. come quel venticello fresco dopo un temporale estivo, che si sente, perché l'afa sparisce. il dolore, se luna stava attaccata al mio corpo, insinuandosi nel petto e nei pensieri, allora s'estingueva.

sempre quei due ~ tha Supreme fan fictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora