mi svegliai all'improvviso, faceva un caldo tremendo. il sole mi batteva in faccia, ero nuda, completamente, tranne per la maglietta di dami. mi ricordavo di aver avuto l'intimo, appena andata a dormire, e poi feci mente locale. sentii dami parlare, poi che piangeva, ed infine l'immagine di lui sotto di me. porca puttana. quando mi voltai, lui non era vicino a me. così mi alzai di fretta, nonostante l'emicrania, e mi vestii. m'infilai le mutande e una tuta, poi scesi in cucina. che cristo, erano tutti in veranda a mangiare. mi sentivo fottutamente a disagio, erano le due del pomeriggio. appena misi piede fuori tutto alzarono lo sguardo su di me e poi partì un applauso generale.
"è arrivata la principessa!" esclamò manuelito. oddio. feci il medio al vento e poi mi diressi al tavolo. c'erano due posti liberi, alzai gli occhi li incrociai con quelli dami e lui abbassò subito la guardia. codardo. l'altro posto era vicino a nic, optai per quello.
"dormito bene stella?" mi chiese lui alzando le sopracciglia. io sorrisi e lo spinsi leggermente per la spalla. dall'altra parte della tavola c'era jacopo con roby. un brivido mi percorse la spina dorsale. poi tornai con gli occhi fissi davanti a me. non avevo minimamente fame, non toccai cibo. finché pian piano tutti se ne andarono in piscina e restammo solo io nic e, purtroppo o grazie a dio, dami.
"non vorrei mettervi in imbarazzo, siete i miei cari amici, ma cazzo regá..." se ne uscì nic.
"cosa?" esclamammo all'unisono io e dami. nic rise appena.
"la prossima notte fate più piano" disse per poi scoppiare definitivamente. io divenni rossa all'improvviso e appoggiai la testa sul tavolo per cercare di nascondermi, tra le mie braccia.
"cojone" affermò dami tirandogli qualcosa addosso, non vidi bene cosa.
"nicco vié qua" lo chiamarono poi. e così avvenne ciò che più temevo, restammo soli io e lui. alzai piano la testa, timorosa e allo stesso tempo scocciata.
"luna.."
"cos'è successo?" lo interruppi. lo fissavo negli occhi senza più paura, aveva le occhiaie e vedevo il suo dolore riflesso nell'iride.
"che?"
"ieri stavi male. cos'è successo?"
"oh..." non capivo perché non mi parlasse, dio che fastidio.
"dami non me ne fotte un cazzo di ieri, ora dimmi che hai" sbottai allora.
"smettila" disse facendo un risolino sardonico. quando faceva così giuro lo odiavo.
"te ne frega e ci stai morendo, ma non vuoi dirlo perché non vuoi fare la vittima." okay, forse c'aveva azzeccato, ma era comunque fastidiosamente prepotente. io presi un lungo respiro.
"possiamo, per favore, affrontare un problema alla volta?" chiesi guardando in alto. m'era tornata quella fottuta caga, non riuscivo più a guardarlo in viso e un po' mi tremava la voce.
"mio padre è tornato in zona." fanculo, lo guardai all'istante. non sapevo perché, probabilmente era una reazione automatica, impulsiva.
"cosa?" non sapevo che altro dire, non sapevo se avevo capito bene.
"mi ha chiamato sara, mamma le ha detto che papà è tornato in città" ripeté senza lasciar trasparire emozioni, né dal suo sguardo né dalla sua voce, come faceva ogni fottuta volta. sopprimeva tutto, ingoiava il veleno e bruciava, sapevo quanto cazzo bruciasse. allora allungai le braccia e gli presi le mani. non era proprio il momento di fare l'orgogliosa e
l'avevo capito.
"dami..." anche lui ora mi guardava.
"tu non c'entri un cazzo ed è bene che continui a restarne fuori. risolvo io i miei casini, okay?" disse più premuroso che sfacciato. io questo lo percepivo.
"lo so, ma non sono più altrove. sono qui e resto." doveva essere chiaro. lui si morse il labbro inferiore. purtroppo venimmo interrotti, come sempre capitava nei momenti più delicati.
"bro abbiamo bisogno di te in studio" disse mauri a dami. lui mi guardò come per chiedermi il permesso, preoccupato.
"certo, vai" lo rassicurai. le nostre mani si staccarono e lui si alzò in piedi. ma prima di andarsene con gli altri, fece una cosa inaspettata e che mi sciolse il cuore. venne vicino a me e mi baciò la fronte, poi si dileguò definitivamente. quanta delicatezza e fragilità nelle mani di un ragazzo così solo. mi veniva da piangere, non avrei voluto mai più arrabbiarmi o fare l'offesa con lui. ma restava comunque dami, il che la rendeva una cosa piuttosto improbabile. passai il resto del pomeriggio in piscina, riuscii per poco tempo a staccare la spina. guardavo il tramonto, a mollo nell'acqua. i ragazzi stavano registrando da ore ormai. poi mi raggiunse nic, che si buttò, sfinito, in acqua ancora vestito. ma anche se ridevo, il mio cuore lacrimava. finché poi calò la sera. piano il tramonto abbracciò quella terra così silenziosa, e in men che non si dica erano già le due di notte ed eravamo in un privé. mi chiedevo come ci fossi arrivata, fin lì. senza muovere un dito, io non avevo meriti e mi sentivo davvero la colpevole di un delitto. anche fisicamente in realtà, stavo per sboccare e non avevo toccato alcol. stavo appiccicata a dami, lui ogni tanto mi baciava la guancia. in un divanetto, in pratica, ci stavamo solo io e lui. e la gente capiva che non avrebbe dovuto interrompere qualsiasi cosa stessimo facendo. sorridevo se pensavo al fatto che un giorno nicolò mi disse che sembravamo i boss di una qualche gang mafiosa. in un certo senso però conteneva un fondo di verità; nessuno ci poteva toccare.
"tra poco ci raggiunge elia raga!" esclamò all'improvviso manuel. io guardai confusa dami, stringendogli più forte le mani. non so perché, lo volevo vicino. lui roteò gli occhi.
"un artista" disse soltanto.
"lo conosco?" lui alzò le spalle. pensai che quel elia non gli dovesse andare tanto a genio. oppure gli andava solo di fare lo stronzo, come sempre. allontanai le mani dalle sue e mi staccai. ma a lui non andava bene questa mia iniziativa, tanto che mi prese con fermezza e mi fece sedere su di lui. che sia chiaro: se io avessi voluto andarmene, l'avrei fatto. mai si era imposto in maniera prevaricatrice nei miei confronti. forse con le parole, si, ma tanto quanto faceva il duro lui, io rispondevo. intanto ordinammo da bere, rispetto al locale della prima sera, questo club era molto più sofisticato. chissà quanto erano disposti a spendere, io non ero abituata a tutto quel lusso. se pensavo alla topaia dove vivevo a roma mi salivano i brividi. per non parlare del buco di posto in cui lavoravo con greta. in quell'istante, non so perché, sentii la mancanza di milano. cosa da folli. passai infiniti minuti a fissare il vuoto, con il drink in mano, seduta sulle gambe di dami. lui mi stringeva per i fianchi e ogni tanto le sue mani scendevano, riportandomi alla realtà. in quel fugace momento di noia mi venne in mente quella lontana serata a roma, quando conobbi per la prima volta nic e...william. mi venne la pelle d'oca e decisi di non pensarci più. decisi che quei ricordi sarebbero dovuti restare tali e sarebbero dovuti rimanere intrappolati lì dove stavano. forse, mi ripetevo per auto convincermi di qualcosa, solo così sarei riuscita a scordarmi di ciò che avevo provato. forse era l'unico modo plausibile, ma la mia mente non stava zitta mai.
STAI LEGGENDO
sempre quei due ~ tha Supreme fan fiction
ChickLitcontinuo di "soli in due". • • • "dimmi solo perché" m'interruppe lei, con voce bassa e tremante. io ero rosso in faccia. "se non mi dai una buona motivazione, una sola dami...me ne vado. e non so se torno." era sempre stata troppo insicura anche s...