AUTOIMPOSTI

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Mi infilo il chiodo di pelle rosso e do un'ultima sistemata ai capelli. Un altro po' di profumo e sono pronta per uscire. Mi ero accordata con Larry di vederci per fare quattro chiacchiere, nulla in più. Prendo le chiavi della macchina di mia madre e mi avvio a destinazione, non molto lontano da casa ma, giusto quindici minuti di auto. Per un istante vorrei mandargli un messaggio e dirgli che tutto era saltato e inventarmi una scusa inutile per poi scomparire nel nulla come mio solito, ma non potevo scappare, mi servivano risposte e per quanto volessi reprimere quella vocina nella mia testa, forse, stavo usando una persona per capire e fare chiarezza una volta per tutte sui miei dubbi.
Arrivo al posto predestinato e mi rendo conto che ancora non è arrivato, era uscito da lavoro alle nove e avevamo prefissato per le dieci, plausibile ritardasse. Aspetto circa cinque minuti e dall'altra parte della strada vedo una macchina sfanalare, era lui. Scendo lentamente e mi avvio verso il suo suv marroncino e lo vedo scendere dall'auto, era abbastanza carino, ha gli occhi marroni e i capelli neri, le labbra un po' sottili e noto che è leggermente più alto di me. Indossava un maglioncino bianco, dei jeans chiari e le scarpe anch'esse bianche. Mi abbraccia e mi da due baci sulle guance. Non sento nessun odore in particolare che mi colpisca. Dopo brevi convenevoli mi invita a salire nella sua auto ed io accetto con riluttanza, vedo due sacchetti del Mcdonald's appoggiati sul cruscotto. Dio, ti prego, dimmi che ho visto male. Odio mangiare davanti alle persone, figurati davanti a un estraneo che conosco a malapena. Sicuramente qualche altra ragazza avrà apprezzato il gesto, ma io non sono una di quelle, è stato gentile a pensare anche a me, mi ha fatto piacere, ma è un mio limite personale. Iniziamo a mangiare e a parlare del più e del meno, mi racconta la sua storia, del suo trasferimento e per quanto ammirai la sua indipendenza, il tempo non scorreva mai, era lento, e sulla mia pelle sentivo minuto dopo minuto scorrere, l'ansia incombeva ed ero immobile. Facevo finta di ascoltare ogni minima cosa, perdendomi più volte nel discorso, io dissi relativamente poco, non ho mai parlato di me, non amo farlo, non mi fido nemmeno della mia ombra.
Mi limito a parlare delle mie esperienze lavorative, dei miei gusti musicali. Del mio passato nomino poco e niente. La serata continua senza nessun picco ed è li che decido di tirare fuori la parte migliore di me. Ad ogni azione corrisponde una conseguenza, o almeno così dicono. Inizio a stuzzicarlo, a farli battute e noto, come mio solito accade, che non riesce a tenermi testa, si limita ad abbassare il suo sguardo sulle mani. Cazzo che nervi, come si fa ad essere così a ventisette anni?. Questa serata è una noia mortale, i suoi gusti musicali sono improponibili e mette in continuazione la musica. Mi irrita. Decido di seguire il mio istinto.
Avvicino la mia mano al pulsantino dello stereo spegnendolo, lui sgrana gli occhi quasi incredulo da questa mia reazione improvvisa. Mi guarda e non e si avvicina sempre di più, io non mi sposto di un millimetro. Non riesco a muovermi. Sta per baciarmi ed io non so che fare, è il primo ragazzo che bacio dopo Christopher e sono completamente immobile.
Posa le sue impercettibili labbra sulle mie, sono talmente piccole e fini che non riesco a percepirle, decido di dargli accesso alla mia bocca e non sento nemmeno la sua lingua. Sono confusa e il suo modo di baciare non mi colpisce affatto, non mi è scattata nessuna scintilla, niente di niente. Mi stacco dal bacio e inizio a fumare, lui è in balia del silenzio imbarazzante e noto che mi tiene la mano. Arrivano finalmente le due di notte e mi chiede se possiamo vederci il giorno successivo, decido di accettare e dargli un'altra opportunità. Dovevo arrivare fino in fondo se volevo capire le cose. E si, mi sentivo una vera merda, ma non gli avevo garantito nessuna relazione stabile da parte mia, quindi non vedo perchè prendersela così tanto.
La seconda sera non fu diversa dalla prima, ci incontrammo al solito parcheggio, parlando del più e del meno e baciandoci di tanto in tanto. Ogni volta che le sue labbra toccavano le mie mi sentivo soffocare e cercavo un diversivo per staccarmi. Ricordo che mi inventai una scusa per andare via prima, dissi che dovevo alzarmi presto per studiare ma non era così. Ricordo che mi invitò a casa sua, per qualche giorno dopo ed accettai.
Arrivai a casa ed installai l'applicazione che trovai su internet. Era un app per sole donne, non potevo mostrarmi e decisi finalmente di trovarmi un nickname falso "chi vivrà vedrà". Ma non ebbi ancora il coraggio di guardare troppo intorno a me e mi limitai a richiuderla.
Larry in quei giorni era diventato più presente, mi chiamava di continuo, mi scriveva molti messaggi e dentro di me la voglia di scappare incombeva sempre di più. Perchè mai dovrebbero darmi fastidio queste attenzioni? Questo è il chiaro segnale che di lui non me ne importa, non era una cattiva persona, ma semplicemente non era la mia, e lo sapevo bene. Ma ho la testa troppo dura per fermarmi, quando do un compito a me stessa lo porto a termine.
Arrivò quella sera e andai a casa sua, la casa di Larry era molto carina anche se l'ordine non era il suo migliore amico, non c'era una cosa messa decentemente in quella casa, mi chiedo se quel casino lo ha anche dentro la sua testa. Durante il tragitto ho avuto più volte l'impulso di tornare indietro, ma alla fine sarei solo scappata da me stessa un'altra volta e se volevo sul serio dare una svolta alla mia vita, dovevo essere forte e dare una calmata ai pensieri negativi che continuavano a farsi strada dentro di me. Ricordo il preservativo all'interno della mia borsetta a tracolla e le chiacchiere scambiate in giardino prima di catapultarci nella camera da letto. Misi addirittura il mio intimo migliore per vedere la sua reazione ma quando iniziò a spogliarmi non ci fece nemmeno il minimo caso. I suoi baci non mi lasciavano brividi, non mi davano niente e la mia parte più intima sembrava morta, non dava segni di vita.
Presi il preservativo dalla borsa e glielo porsi, lui mi guardava turbato. Si scordi che io faccio sesso non protetto: << Sono allergica al lattice >>. Si mise a ridere e lo aiutai a infilarlo. Fu molto meccanica la cosa, nessun trasporto emotivo, nessun trasporto fisico. Iniziò e ricordo ancora il dolore iniziale che piano piano si affievoliva diventando il nulla, non sentivo niente, mi limitavo a fissare il soffitto immaginando le stelle fuori, pensando che in quel momento avrei voluto da essere tutt'altra parte men che meno che su quel letto scomodissimo, ricordo che non vedevo l'ora finisse perchè la testa mi girava, la mia vista si offuscava sempre di più e sentivo un peso nel petto orribile. Finalmente venne e me ne resi conto, non riuscì a sfilarsi in tempo. Ecco perchè ho sempre fatto sesso protetto. Gli uomini sanno essere davvero irresponsabili a volte. Mi alzai dal letto in tutta furia e andai in bagno, notai il suo sguardo addosso mentre camminavo e me lo ritrovai poco dopo alle spalle che mi circondò con un abbraccio dal quale mi divincolai immediatamente. Odio il contatto, specie da dietro.
Feci così in fretta per uscire che colpì lo stipite della porta con la testa, cazzo che dolore. Entrai di nuovo nella stanza e notai le lenzuola leggermente sporche di sangue, plausibile dato che non avevo rapporti da un po' di tempo. E molto imbarazzata e mortificata mi limitai a scusarmi. Cercava il mio contatto ma io non glielo diedi. Mi vestii di tutta fretta e me ne andai. Una cosa era certa dopo quella  sera, non l'avrei più visto e non sarei mai più tornata dentro quel letto.
Forse avevo usato una persona, ma non provai niente. Non gli avevo aperto il mio cuore, mi ero limitata ad aprirgli le gambe. Non c'era nessuna empatia tra noi, non si era nemmeno accorto del mio disagio, non era quello che cercavo. Non era quello che volevo.
Stava per iniziare la svolta della mia vita, e Pollicino ci mise del suo, come sempre, perchè il mio nome "chi vivrà vedrà" qualcuno lo aveva già notato.
Stavo rinascendo. O meglio. Nascendo.

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