<<Perchè sei qui Isabelle?>>. Mi domanda Christine. Una donna sulla cinquantina, di bella presenza. I suoi capelli sono ondulati e lunghi, di un color castano cioccolato con dei riflessi color miele, i suoi occhi sono azzurri come il mare ed emanano uno sguardo amorevole, ma allo stesso tempo autoritario e professionale. La sua voce risuona nella mia testa con un timbro velato, calmo, piacevole all’udito, mi sento al sicuro.
Sarà la mia nuova psicoanalista. Da sola non potevo più reggere, l’oscurità nella mia anima si faceva sempre più ingombrante, faticavo a respirare. Ogni notte la vivevo incubo dopo incubo, dormivo giusto due ore per non impazzire e svolgere le mie mansioni quotidiane. Ho deciso di iniziare un nuovo percorso per me stessa, anche se Christopher non è d’accordo, secondo lui posso farcela benissimo da sola. So che il mio malessere è contagioso, scoppiavo in un pianto disperato per ore e lui sbuffava ininterrottamente a causa di questo mio comportamento. Qualcosa stava cambiando in me nei suoi confronti, ero delusa. Quando si ha una relazione la cosa principale dovrebbe essere la fiducia e da parte mia essa mancava, non sentivo la sua comprensione. Averlo o meno al mio fianco era diventato oramai un dettaglio irrilevante. Era un rapporto malato, aveva tirato fuori il peggio di me in diverse occasioni ed io non ne andavo fiera, eravamo decisamente troppo diversi, e per quanto nei film il rapporto odi-et amo sia la cosa che più lascia incollati allo schermo, nella vita reale non è così. Dopo quasi un anno insieme a rincorrerci l’uno con l’altra, era diventato una figura stilizzata che stava scomparendo giorno dopo giorno, ora dopo ora e secondo dopo secondo dalla mia vita. Ma ero ancora troppo confusa per prendere una decisione.
I suoi ricatti non funzionavano con me, e lui lo sapeva, nonostante tentasse in qualsiasi modo di cercare un pretesto per tenermi con lui, si rivelavano avere la reazione opposta da parte mia, mi allontanavo. Ricordo ancora il giorno in cui in uno scatto d’ira mi chiede indietro tutti i regali ed io non avevo opposto resistenza, se li tenga pure. Non ne ha mai azzeccato uno. Mi sono sempre chiesta come faccia una persona che ti sta affianco quotidianamente a conoscerti meno di zero, effettivamente è possibile.
<<Sono qui perché mi sento nell’oblio, i fantasmi del passato non smettono di torturarmi, adesso si introducono anche nel mio presente, li sento sul petto>>. Ecco la risposta più adatta che potevo dare a quella domanda. Christine mi guarda perplessa. Vedo che scrive all’interno di un quaderno tutto ciò che io le dico. La cosa forse mi infastidisce, ma cerco di sorvolare, dopotutto sta svolgendo il suo lavoro.
<<Di che fantasmi parli? Sono legati a un qualcosa in particolare?>>. Tasto dolente, da dove dovrei iniziare? Dalla mia relazione malata che dura da quasi un anno? Dalla mia infanzia? Domanda troppo generica. Sono in difficoltà, sento il mio battito cardiaco accelerare e le mani sudare freddo. Il mio pensiero va a Christopher ed Alyson. Specialmente quest’ultima è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I primi cedimenti li ho avuti da quando lei se n’è andata dalla mia vita.
<<Troppi tradimenti improvvisi, credo che la mia psiche ne abbia risentito>>. Inizio col raccontarle il mio rapporto con Christopher, ci eravamo conosciuti in autunno, lo trovai bellissimo, uno di quei caratteri tosti che tanto affascinano noi ragazze, un tipo a cui dovevi togliere le parole di bocca con le tenaglie ed io, dovevo assolutamente scoprire cosa nascondeva dentro di sé. Avessi saputo prima che era come il vaso di Pandora mi sarei risparmiata tanta fatica. Ci eravamo innamorati senza motivo, senza un perché, e pure di positivo non mi ha trasmesso nulla, sin da subito ci furono scontri caratteriali molto forti tra noi, non mi sentivo apprezzata come persona, mi sentivo a disagio con la sua famiglia così diversa dal mio punto di vista, quando provai ad aprirmi con lui non ricevetti il neppure un abbraccio, il minimo conforto che una persona cerca in un partner per far sì che la vita crei un po’ meno male. Mi sentivo la sua psicologa personale, quella che doveva correre se le cose si mettevano male, ogni suo peso era sopra di me ed io non riuscivo più a reggerlo.
Ero confusa dalla sensazione che ebbi qualche giorno prima, una domenica per essere precisi. Stavamo facendo compere in un centro commerciale e lui mi poggiò la mano su una spalla, un brivido di disgusto mi pervase il corpo, sentivo i conati di vomito nel mio esofago e l’acidità pervadermi. Inutile dire che da quel giorno le mie domande su questo rapporto sentimentale aumentavano ed io mi presi qualche tempo per pensare, ogni scusa era buona, davo la colpa al lavoro, ma non era così. Volevo semplicemente starmene da sola. Tutto qua. Lontano dalla sua ossessione, dalla sua gelosia, dai suoi ricatti.
Christine mi guarda attenta, i suoi occhi sembrano penetrarmi, e all’improvviso disse una frase che radicalmente mi cambiò la vita. <<Isabelle, tu devi sapere che noi si sceglie per diversità o per similitudine>>. Stavo facendo la fine di mia madre, succube di un rapporto malato fatto di violenze psicologiche, violenze fisiche. Non era la mia vita questa, non era la vita che volevo per me. Presi un bel respiro e uscii dallo studio con le idee più chiare del mondo. La sera stessa lo lasciai. Finalmente tornai a respirare un po’ meglio.
DUE MESI DOPO
Era novembre e nell’aria sprigionava odore di castagne, il freddo era già subentrato e a lavoro ebbi una giornata impegnativa, il mio capo era assente e dovetti prendere le redini dell’ufficio. Contavo i minuti che mi separavano dalle sei del pomeriggio per finalmente uscire di lì, andare al mio solito muretto e accendermi una sigaretta prima di tornare alla macchina come mia abitudine. Finalmente il software viene disattivato, mi avvicino con fretta alla stampante spegnendola, lascio qualche appunto su un post-it per il giorno successivo e sono pronta per uscire. Chiudo la grande porta a vetro a chiave e mi dirigo a spasso spedito verso il mio posticino, quando vedo che è occupato da un branco di ragazzine intente nei loro discorsi. Provo un senso di nervoso e nella mia testa spunta l’idea di sedermi con prepotenza e accendermi ugualmente la sigaretta, erano piccole, a occhio e croce non avevano più di diciassette anni, non sembravano assolutamente delle fumatrici e si sarebbero allontanate con un solo sguardo da parte mia, ma la buona educazione ebbe la meglio. Accesi la mia sigaretta e con le luci della ruota panoramica di riflesso, a farmi compagnia, mi incamminai silenziosamente verso la mia auto attraversando la piazza con il vento tra i capelli. Pollicino aveva di nuovo lasciato le sue molliche, ma di nuovo non era il momento, non ancora, ed era nuovamente a un passo da me.
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Enjoy the silence.
Literatura FemininaCan't you understand? Oh my little girl All I ever wanted All I ever needed Is here in my arms