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Dopo l'ennesima discussione con Davis, credetti fosse ufficialmente sparito dalla faccia della terra. Era passata quasi una settimana e non l'avevo visto né all'università, né in giro per la città.

Non che la cosa mi interessasse particolarmente, sia chiaro. Semplicemente, mi sembrava strano che fosse completamente scomparso.

Sbuffai. Possibile che più cercassi di tenerlo lontano, più mi invadeva la mente?
Indossai le pantofole a forma di Simpson e scesi velocemente le scale, per andare a fare colazione.

Quel giorno, l'università restava chiusa per dei lavori di manutenzione, così ne approfittai per organizzare una giornata di studio. Volevo almeno ripassare le cose che avevamo già introdotto, approfondire al meglio per non arrivare impreparata agli esami.
Volevo che almeno la mia vita universitaria fosse costante, e avrei fatto di tutto pur di mantenere una media alta.

Quando arrivai in cucina, notai Evan seduto sullo sgabello. "Buongiorno." Mugugnai, sbadigliando.

Lui mi lanciò un'occhiata. "Perché non sei al college?" Mi domandò, assottigliando lo sguardo.

"Ma buongiorno anche a te! Io sto bene, grazie. Oh, no, non preoccuparti, non voglio una tazza di caffè, sono perfettamente capace di prepararmela anche da sola!" Ironizzai, alzando gli occhi al cielo. "Comunque, l'università è chiusa per lavori di manutenzione."

"Uh, sarcasmo mattutino, eh? Da quando sei così simpatica? Frequenti un corso di comicità?" Mi prese in giro, ed io levai lo sguardo al soffitto, mostrandogli il dito medio.

"Meno cinque." Disse, improvvisamente.

"Oh, no, no no no, Evan! Non cominciare con il conto alla rovescia, non posso sopportarlo anche quest'anno." Lo pregai, congiungendo le mani in segno di preghiera.

"Meno cinque giorni, quindici ore e cinque minuti al tuo diciottesimo compleanno." Specificò, aggiungendo un sorriso dannatamente beffardo.

Mugugnai infastidita. "Sai che mi dà i nervi questa cosa, giusto?"

"E tu sai che a me non importa, giusto?" Ribatté, usando il mio stesso tono di voce.
"Quindi? Hai deciso cosa fare?" Mi domandò, poi.

Sospirai. Come spiegargli che avevo deciso di non festeggiare? Né una cosa in grande, né una cosa in piccolo. Non mi andava di festeggiare e basta, e quindi non lo avrei fatto.
Ma Evan era dannatamente fissato, ossessionato dai compleanni. Voleva avere tutto sotto controllo ed iniziava il conto alla rovescia almeno un mese prima, alcune volte anche due, diventando un vero e proprio stress psicologico.

"Non ho deciso." Ribattei, senza andare nello specifico.

"Vabbè, hai ancora qualche giorno." Fece spallucce.

Scossi la testa. "No, non ho deciso nel senso che non festeggerò, Evan." Specificai, e lo vidi sbarrare gli occhi.

"Cosa!?" Alzò il tono di voce, scattando in piedi. "Non puoi non festeggiare il tuo compleanno. Parliamo dei tuoi diciotto anni, Alison!"

Mossi la testa in senso di diniego. "Non mi va, Evan. Non mi va di festeggiare."

"Ma non festeggerai in grande, solo una cosa tra di noi!" Insistette, scuotendo più volte la testa.

Alzai le spalle. "Non mi va, sul serio, Evan. Non ho per niente voglia, quest'anno passo." Replicai, e prima che potesse anche solo aggiungere altro, recuperai la tazza fumante di caffè e mi diressi verso il piano superiore, per andare nella mia stanza.

Entrai nella mia camera e appoggiai la tazza di caffè sulla scrivania, recuperando il libro di letteratura e degli evidenziatori gialli.
Aprii il libro e iniziai a leggere le prime righe, ma capii di non essere concentrata, perché leggevo una riga e dimenticavo quella precedente.

AGAIN 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora