-1- Blocco dello scrittore

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Akaashi Keiji era un famoso scrittore, odiava la propria vita, o almeno ciò che era diventata. Lui aveva iniziato a scrivere per sfogo, non con un obiettivo ben preciso, solo per liberare la propria mente dalle troppe fantasie di cui era accumulata. Poi, un giorno di metà primavera di diversi anni prima, un ragazzo gli si era presentato a casa proponendogli di pubblicare uno dei suoi tanti libri scritti per divertimento.

Li aveva pubblicati online per vedere cosa ne pensassero i vari lettori di internet, ma mai si sarebbe aspettato che qualcuno gli bussasse alla porta per proporgli di diventare uno scrittore a tutti gli effetti.

Quel giorno di fine autunno, Akaashi odiava più che mai la propria vita. Era contornato da persone che non lo conoscevano affatto, che lo seguivano solo per la fama e lo ammiravano in base a delle storie che però non rappresentavano assolutamente la sua reale vita.

Si trovava in uno di quei momenti definiti blocco dello scrittore, un macigno che purtroppo affliggeva qualsiasi scrittore. Prima o poi, nella vita di uno scrittore, arriva questo blocco che lo mette in crisi e gli fa dubitare delle proprie capacità di narratore.

Sospirò e alzò lo sguardo dal proprio computer, che ancora mostrava una pagina completamente bianca, nemmeno un possibile appunto su una probabile trama. Nulla.

Si trovava in un bar, seduto su una panchetta coperta da cuscini dalla fantasia patchwork, con il suo portatile sul tavolo di legno grezzo. Dietro il banco stava una cameriera dal sorriso gentile, le gote rosse e la voce leggera. Ormai la conosceva, o meglio, la chiamava cameriera serena; non era a conoscenza del suo vero nome, non si era mai soffermato a chiederglielo. Si recava in quel singolare bar ogni giorno nella speranza di esser colto da un'improvvisa ispirazione che l'avrebbe portato a pubblicare un libro degno di nota.

Ma, dopo due lunghi mesi, ancora non aveva buttato giù nemmeno mezza riga, aveva consumato migliaia di caffè ristretti, ma nemmeno una parola era uscita da quell'aroma amaro.

Roteò gli occhi e tornò con la propria attenzione sul computer davanti a lui. Accarezzò la tastiera, come se le lettere statiche sui tasti potessero richiamare i suoi polpastrelli e indurlo a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa. Sentiva quasi l'impulso di prendere a pugni quella stupida tastiera che non lo stava aiutando affatto.

Sentiva diversi occhi puntati su di lui, alcuni curiosi, altri estasiati dalla vista di un personaggio famoso in un comunissimo bar.

-e smettetela di guardarmi, non sono mica un pagliaccio da circo-

Inspirò profondamente, strinse i denti e cominciò a buttare giù delle parole senza senso. Fingeva di poter scrivere anche senza un'ispirazione vera e propria, sperava che, continuando a picchiettare sulla tastiera, prima o poi, ne sarebbe uscito qualcosa da poter leggere.

Poggiò i gomiti sul tavolo di legno massiccio, incrociò le braccia davanti al computer e vi sprofondò il viso. Chiuse gli occhi, era estremamente stanco, aveva passato la nottata a mandare e-mail al suo editore per chiedergli un posticipo della data di consegna del libro. Nulla da fare, la data era fissata a quattro mesi da quel giorno e lui ancora non aveva nemmeno una vaga idea dell'aspetto del protagonista.

"cosa scrivi?" una voce allegra, leggermente alta, lo fece sussultare sul posto. Alzò la testa, si guardò intorno perplesso ed incontrò lo sguardo di un giovane ragazzo, molto probabilmente della sua età, forse uno o due anni più grande.

Studiò gli occhi di quello sconosciuto, doveva ammettere che avevano una luminosità a dir poco singolare. Quel paio di iridi erano del colore del granturco, ma non semplice granturco, quello color oro che si illumina al sole. Lo fissò per qualche secondo, non gli importava di risultare strano, aveva già abbastanza occhi puntati sulla schiena.

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora