-8- La mia realtà

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Quando cominciò a scrivere, seduto sul divano con il computer sulle gambe, Keiji si estraniò completamente dalla realtà, dimenticandosi di avere anche un ospite. Entrò nel proprio mondo fatto di lettere, parole e titoli, si concentrò sulla trama, sui personaggi e sui paesaggi, si proiettò lui stesso nella storia e le dita cominciarono a muoversi come trasportate da una forza invisibile. Quel rumore di tasti, che lui adorava, riempì il grande salone e si espanse anche nel suo mondo mentale, facendogli rilassare le spalle e calare di poco le palpebre, che rimasero a mezz'asta.

Bokuto non si lamentò di quel modo di fare del corvino, sapeva che doveva scrivere e che molto probabilmente non gli avrebbe dato retta. Rimase qualche istante a fissare le dita affusolate del giovane scrittore correre sulle lettere statiche della tastiera. I movimenti delle mani che, rapide, sembravano inseguirsi a vicenda, lo incantavano e lo ammaliavano come poche altre cose al mondo. Gli sembrava di poter assistere alla creazione di un mondo a parte, come se dai polpastrelli di Keiji potessero nascere addirittura delle vite vere e proprie.

Dopo qualche minuto, passato addirittura senza muoversi di un millimetro, per paura di poter interrompere quel fluido movimento delle dita, decise di fare il giro della casa, anche senza il permesso del proprietario. Si affacciò nel piccolo bagno, il pavimento e le pareti erano maiolicate con delle mattonelle quadrate blu indaco che viravano al petrolio in prossimità delle fenditure, il lavandino era di ceramica bianca con un bicchiere sul bordo contenente uno spazzolino e il dentifricio, lo specchio era lucido, quasi fosse stato pulito la mattina stessa, ci si specchiò facendo delle smorfie per divertirsi da solo, la doccia occupava un angolo, quello più distante dalla porta di entrata, e un asciugamano blu scuro era appeso ad un gancio appena di fianco alla cabina di plastica dura.

Uscì dal bagno e si intrufolò nella camera da letto. Ampia, con un letto a una piazza e mezza attaccato al muro, con il gatto acciambellato sul fondo, scrivania con diversi fogli con appunti sparsi sopra, libri aperti e luce della scrivania spenta. Fece qualche passo all'interno della stanza e, non appena il suo piede varcò la soglia, il gatto si proiettò all'esterno della camera da letto correndo chissà dove. Ci rimase un po' male, aveva sperato di poterlo cogliere alla sprovvista e riuscire ad accarezzarlo, ma quel gatto aveva un udito molto sviluppato e il terrore nei confronti di quel ragazzo lo manteneva sull'attenti.

Bokuto arrivò alla scrivania, si sporse poggiando le grandi mani sul ripiano liscio e cominciò a leggere i vari appunti presi dal corvino. C'erano accenni su possibili paesaggi, su personaggi, trame, appunti storici e una serie di frasi scritte e successivamente cancellate con rabbia, quasi da strappare il foglio per quante volte era stata fatta strusciare la penna su quelle parole, nascondendole del tutto.

Raddrizzò la schiena e si diresse verso la cucina, dove constatò che il frigo e la dispensa erano vuoti e che l'unica cosa presente, oltretutto in gran quantità, era il caffè.

Tornò in salone, dove il corvino teneva ancora la testa china sul computer. Si sporse oltre lo schienale del divano, si trovava alle spalle di Keiji e da lì poteva leggere cosa stesse scrivendo. Le dita si muovevano rapide sulla tastiera, il suono dei tasti premuti uno dietro l'altro continuava a riempire l'ambiente e il respiro del giovane scrittore era talmente rallentato da sembrare in apnea. Bokuto sorrise, quel ragazzo non si era reso conto di nulla, né del suo giro per l'appartamento, né della sua presenza dietro le spalle.

La sua attenzione cadde sullo spicchio di collo scoperto, appena sotto i capelli color carbone. In quella posizione, così curva sul computer, il corvino stava esponendo inconsapevolmente il collo al bicolore.

Bokuto avvicinò la mano al ragazzo e, con la punta del polpastrello, sfiorò la pelle chiara e scoperta del collo di Keiji, il quale sussultò e si girò di scatto. Dei brividi avevano percorso la schiena del minore, che probabilmente si era completamente scordato di non essere solo in quell'appartamento.

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora