London, Wednesday 17 December, 2014.
Caro Harry,
I giorni qui sembrano non voler passare, il tempo sembra non scorrere regolarmente e la gente segue lo stesso andamento tutti i giorni. In poche parole, mi sto annoiando.
È buffo come in queste situazioni, io riesca a sdrammatizzare quanto schifo faccia la mia vita, ora. Potrebbe essere un talento, anche tu me lo ripetevi sempre.
Dicevi che non sapevo prendere sul serio i discorsi che affrontavamo, che il mio atteggiamento da menefreghista non avrebbe portato nulla di buono nella vita. E forse hai avuto ragione. Tranne per una cosa.
Io prendevo sul serio ciò che dicevamo, io capivo quanto potesse essere difficile. Sai quello che ho passato, so cosa significhi aver a che fare con la cruda realtà ogni giorno.Eri tu il problema, ma non te ne accorgevi.
Eri tu che mi complicavi la vita, eri tu che decidevi se un giorno potevo sorridere e l'altro piangere, eri tu che esprimevi un desiderio ed io correvo ai tuoi piedi.
Eri sempre tu, nemmeno io capivo come ci riuscivi.
Mi sarei potuto soffermare tutti i pomeriggi ad ascoltarti parlare, cantare, leggermi un libro, o semplicemente ragionare ad alta voce sui compiti che ci assegnavano. Pendevo dalle tue labbra, dalle tue calde e soffici labbra.
Sapevi come dissuadermi, conoscevi i miei punti deboli e li usavi a tuo favore, domavi la bestia che cresceva in me.Ma non lo facevi con crudeltà, anzi era piacevole. Non mi forzavi a compiere cose che non volevo fare, non mi usavi come se fossi carta straccia, non mi trattavi come un tuo servo. Ero solo il tuo migliore amico, un fratello, un compagno di avventura. Di me, ti potevi fidare e l'hai sempre saputo.
Abbiamo affrontato molte, troppe, cose insieme, abbiamo passato il miglior tempo della nostra vita insieme, abbiamo finito per separarci... Insieme.
Ciò che succedeva a te, si rifletteva su di me. E viceversa. Non c'era modo di risolvere un problema da solo, se l'altro era sempre presente.
Ed io, di problemi, ne ho avuti tanti.Sei sempre stato la mia spalla su cui piangere, quell'àncora che mi salvava se stavo affondando, quella droga che mi serviva per lasciarmi andare. E probabilmente eri proprio una droga per me, perché se restavo un giorno senza di te, il mio umore era letteralmente a terra.
Mi aggrappavo a te come a nessun altro, ti raccontavo cose che nessuno sapeva di me, potevi vedere lati del mio carattere che nemmeno io conoscevo.
Rendevi la mia vita un pizzico più interessante, davi quella carica in più che mi dava la forza di alzarmi con un sorriso la mattina.
E tu sorridevi, vedendo me fare lo stesso. Lo facevi sempre, lo dicevi ad alta voce quasi come se ne andassi fiero. Ed io non potevo fare a meno di arrossire e adorarti sempre di più. Poi mi abbracciavi, mi sussurravi che mi volevi un gran bene, che fossi la persona più cara che avessi mai avuto, che fossi il miglior amico che avresti sempre desiderato avere al tuo fianco.Ed avrei dovuto piangere di emozione, lo giuro, peccato che quel "migliore amico" non bastasse più dopo un po'.
Quel termine sminuiva quello che io fossi per te, soprattutto perché io credevo fossimo di più. Iniziava a farmi male al petto, mi preoccupava invece di rassicurarmi, mi uccideva. Sembrava troppo poco, troppo banale, sembrava che io non ti importassi tanto quanto tu importavi a me. Quel termine mi soffocava, doleva al cuore e alla ragione, mi allontanava da te, pensavo che quelle parole non rispecchiassero abbastanza quello che io volevo da te. Ma pensandoci bene, non c'era termine che definiva bene ciò che realmente provavo.
Poi un giorno sono venuto a casa tua, in un tardo pomeriggio di primavera, dopo la scuola.
Ci siamo coricati sotto le coperte del tuo letto, al caldo, sgranocchiando qualche patatina mentre guardavamo un film alla televisione.
Parlava di una coppia di amici, lo ricordo ancora. Erano molto complici, erano cresciuti assieme, andavano a scuola assieme, non c'era fatto che l'altro non conoscesse, scherzavano assieme, vivevano per l'altro. Ed io, come uno sciocco, non riuscii a non immedesimarmi in uno dei due protagonisti, la ragazza.
Crebbero, divennero più maturi, impararono nuove cose e, con il tempo, lei capì che qualcosa andava più della semplice amicizia.Ricordo che distolsi lo sguardo, ti guardai in viso. Eri concentrato sullo schermo, il tuo viso si illuminava alla luce del televisore, nel buio della tua stanza. Ricordo che socchiusi gli occhi e notai che non c'era particolare del tuo volto che non conoscessi a memoria, ricordo che li riaprii e tu mi stavi guardando.
Il mio cuore accelerò e ringraziai la poca luce, in quel momento, che non lasciava intravedere quanto fossi paonazzo in volto.
I tuoi occhi verdi erano puntati nei miei, il tuo braccio mi stringeva più stretto sul tuo petto e le tue labbra erano inclinate in un sorriso sincero.
Ti trovai bellissimo, irrimediabilmente.La ragazza tornò a parlare, ed io prestai attenzione alle sue parole.
Era davanti a lui, all'ombra di un albero in un caldo pomeriggio d'estate. Stava piangendo, ma non di gioia.
Lui la ascoltava, mentre lei si asciugava le lacrime dagli occhi. Singhiozzò qualcosa, poi sputò fuori un "ti amo" e lo baciò.
E per un attimo, il tempo si fermò e mi soffermai sulla parola "amore".Amare significava volere così tanto ad un'altra persona da desiderarla sempre al proprio fianco, significava conoscere quella persona talmente affondo che ti bastava uno sguardo per sapere cosa la turbava, significava dipendere da essa in una maniera così incondizionata da poter sembrare banale, significava piangere, ridere o sorridere se l'altra persona ti dava modo di farlo.
Amare era una parola grossa, talmente forte che celava al suo interno una valanga di sentimenti. Amare poteva cambiare una situazione, peggiorandola o migliorandola.
E solo allora mi accorsi di quanto la loro situazione assomigliasse molto alla nostra.Harry, io ti amavo. Io ti amo ancora, dopo tutto questo tempo. Ho sempre pensato che potesse essere un amore piuttosto banale, semplice, quasi infantile, ma poi ho capito che non c'era momento della mia vita in cui non ti volessi.
Eri sempre nei miei pensieri, la tua voce era diventata una canzone per me, una di quelle che ascolteresti fino alla nausea; un tuo abbraccio non era più un semplice gesto, era diventato qualcosa di più grande e importante; le tue carezze, i tuoi sguardi su di me, le notti passate a dormire al tuo fianco, avevano assunto tutt'altro significato per me. Ed io capivo che un semplice "ti voglio bene" era nulla in confronto a quanto volessi dire "ti amo".Avrei dovuto dirtelo allora, ma non ne ebbi il coraggio. Fui troppo codardo quella volta, non avrei dovuto scappare in quel modo. Avresti potuto ribattere, ma non te ne ho lasciato il tempo. E mi scuso per questo, ma è meglio così. Ho risparmiato solo altro dolore.
Harry, forse ho sbagliato molte volte nella mia vita, ma amarti è stata la miglior cosa che possa aver fatto.
Louis, colui che ti ha sempre amato.
