You make me happy - 6. Alec

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Le mie peggiori paure si erano tramutate nello scenario più terribile che potessi immaginare: una strada buia, col mio quasi-ragazzo e mio padre omofobo.
Non proprio il momento perfetto per le presentazioni.
Robert mi si avvicinò lentamente, un ghigno sul volto.
Ero terrorizzato, anche se cercavo di non farlo vedere a Magnus, che si era voltato e seguiva il mio sguardo, la faccia corrucciata cercando nella sua memoria un viso che rispecchiasse le sembianze di quello di mio padre.
Ma l'uomo era ormai a pochi metri di distanza, le emozioni mi immobilizzarono, ritornai quel bambino che aveva paura che il padre lo picchiare o lo giudicasse per chi amava.
Non riuscivo a muovere le gambe, ero paralizzato dalla paura.
Sentii un pugno allo stomaco che mi mozzò il respiro, poi un altro, un altro e un altro ancora. Non potevo fare altro che subire, i polmoni stavano andando a fuoco, guardavo implorante mio padre, sperando che smettesse. Non si fermava. Riversava tutta la sua rabbia in quei pugni che mi percuotevano dolorosamente il ventre.
Poi avverto il suo spostamento, con la coda dell'occhio vedo Magnus che lo tira via da me e Robert che si gira incazzato e gli tira una cinquina in pieno viso, gli urla contro qualcosa che non riesco a decifrare.
Vorrei reagire, aiutare il ragazzo, proteggerlo dalla furia di mio padre, ma non riesco a muovermi.
Afferro il telefono, nel tentativo di chiamare Izzy, ma le forze mi abbandonano e tutto diventa buio.

Alec
La luce è accecante, ci impiego qualche minuti per capire che mi trovo all'Istituto, una figura con la testa china è al lato dello scomodo letto in cui sono sdraiato, del liquido bagna le lenzuola. Sono... lacrime?
Poi alza lo sguardo e la riconosco subito: Izzy.
"Fratellone! Ci hai fatto preoccupare? Come stai? Abbiamo chiamato Catarina, eri messo parecchio male, ha detto che un paio di iratze dovrebbero bastare per farti tornare come prima."
Continua a parlare, un fiume di parole che mi rimbombano in testa.
Vorrei parlare, farle capire quanto mi sia di conforto averla affianco, in effetti sento di respirare molto meglio, ma dentro sono irreparabilmente rotto: tutta la barriera che mi ero eretto per anni era stato distrutta in una notte.
Sebbene sapessi che mio padre era un uomo aggressivo e omofobo, una parte del mio cuore sperava che dopo anni mi avrebbe accettato per quello che ero.
Suo figlio.
Invece la sua ira non era mutata, l'odio che ricevevo era lo stesso.
Una sola cosa era cambiata: Magnus. Nonostante lo conoscessi da pochissimo, era l'unico che, proprio come avevano previsto mia madre e mia sorella, era riuscito ad abbattere la mia corazza, l'unico alla quale stavo dando una possibilità.
Perché, se le altre volte cercavo di respingere il mio interesse verso i ragazzi, in quel momento amavo Magnus più di ogni altra cosa, e non mi sarei rassegnato a fingermi etero per rendere orgoglioso un uomo che non mi sopportava.
Perché se prima mi sentivo sbagliato ad amare un uomo, ora mi sento giusto.
È come quando dopo innumerevoli tentativi riesci a mettere la tessera di un puzzle al punto giusto.
Non provavo più i sensi di colpa per essere gay, non reprimevo ciò che provavo quando vedevo un Magnus, perché avevo capito che se gli altri non mi accettavano era un problema loro.
Che io amavo. E non c'era niente di sbagliato nell'amare qualcuno, uomo o donna che fosse.
Perché se mio padre mi voleva davvero bene, sarebbe stato felice vedendomi finalmente sorridente con una persona,  al di là di ciò che ha in mezzo alle gambe.

Magnus
Sento del tessuto sotto le mani, capisco di trovarmi in un letto, probabilmente quello dell'Istituto. Non capisco perché mi trovi lì, poi i ricordi mi invadono la mente.
Avevano fatto male quegli schiaffi. Molto male.
Pensare a quello che aveva subìto Alec aveva fatto riaffiorare in me ricordi che per secoli avevo cercato di dimenticare.
Ma se questo poteva far sentire meglio il bel ragazzo, gli avrei raccontato ogni particolare della mia lunga vita.
Lo volevo al mio fianco. Era da secoli che non provavo amore forte come quello che sentivo nei confronti dello shadowhunter. Anzi, non avevo mai provato nulla di simile.
Gli ultimi decenni erano stati un continuo cercare una ragazza e lasciarla dopo un paio di mesi, trovare un ragazzo per una notte e dichiarargli amore eterno per dimenticarmene la mattina successiva.
Invece quel ragazzo, con la sua semplicità e i suoi modi goffi, i suoi tentativi di approcciamento davvero imbarazzanti, il suo continuo rossore e l'aria da disperso, avevano riaperto una porta che avevo sempre tenuto chiusa.
La sua tenerezza, lo rendeva vero, non si chiudeva dentro una parete di indifferenza e finzione, quando gioiva lo faceva con una semplicità disarmante. Farlo sorridere era un compito per pochi, e io desideravo più di ogni altra cosa entrare nel suo cuore e rimanerci il più a lungo possibile.
Era incredibile come non si rendeva conto della sua bellezza, l'unicità degli occhi azzurri come il mare e i capelli corvini, scuri come l'inchiostro.
La pelle diafana, il sorriso sbarazzino, la figura alta e slanciata, snella e gli addominali da far paura, le mani da cacciatore, la runa sul collo che gli spariva dentro il colletto della camicia.
Tutto in lui era stato elevato alla massima potenza, così da poter dire: questo è quello che Raziel disegnò all'alba dei tempi per descrivere i cacciatori. Quello che viene chiamato angelo, che nessun artista potrà mai racchiudere in un blocco da disegno o pezzo di marmo.
I suoi gesti sono armoniosi, privi dell'automaticità tipica di anni di allenamento, ha sempre la stessa autenticità e calore umano che rendono vera una persona; si vede quando rassicura i mondani come cerca di farli sentire tranquilli, al sicuro, come parla, ogni suo gesto trasuda amore.
E vorrei essere quello a cui è destinato.

La porta si socchiude leggermente, entra una figura dai capelli scuri, alta e impacciata: Alec.
Le dita pallide si torturavano la massa corvina che aveva in testa, gli occhi erano a terra, la bocca in un sorriso sghembo.
Capii il suo imbarazzo quando mi guardai e notai di essere in boxer, allora afferrai, senza tanta fretta, le lenzuola per tirarle fino al collo. Si, forse un po' più in basso, prima del torace, e okay, okay, mi coprivano solo la vita. Ma avevo un corpo bellissimo, mi sembrava un peccato non mostrarlo al mondo e ad Alec.
"Volevo... chiederti se ecco, stessi meglio perché so che Robert ecco ti... ti ha picchiato e volevo assicurarmi... che ecco non ti fossi fatto troppo male."
Trattenne il fiato, in attesa della mia risposta. Che fu davvero ricca di significato.
Unii le nostre labbra in un bacio lento e passionale, come a dire che c'ero e stavo bene.
"Ora sto decisamente meglio." Replicai quando ci staccamo.
Il suo volto, ovviamente, era in fiamme.

"Magnus! Vedo che ti sei ripreso in fretta!" Izzy fece un sorriso molto malizioso, ma per fortuna di Alexander non aggiunse altro.
"Sì, direi che le vostre tecniche curative sono davvero efficaci." Replicai, intendo tutt'altro che la bravura di certo impeccabile di Catarina.
"E Catarina è molto brava quindi sono in piena forma" aggiunsi, flettendo il bicipite nella direzione di Alec, che si era irrigidito quando avevo nominato la mia amica. Gelosia? Sogghignai leggermente.
Avevo notato che Isabelle non aveva fatto domande sulla perdita di controllo del padre, era intuibile non ne volesse parlare subito.
Alexander era leggermente in imbarazzo, non sapeva cosa dire e stava calando in silenzio imbarazzante.
Per questo il mio cervello si prese l'iniziativa di dire: "Alexander, non mi sembra abbiamo avuto il primo appuntamento. Ti va di andare in Francia con un portale, o a Roma, fanno un kebab veramente delizioso."
Alec si illuminò e sorrise. Dio, quanto era bello quando sorrideva.
"Io... ok! Penso che va bene dappertutto..."
Aveva lasciato in sospeso l'ultima frase quasi ad intendere: "Andrebbe bene dappertutto con te."
Non che stessi facendo film mentali. Assolutamente.
"Bene, tirerò Alec a lucido per diciamo... domani sera al tuo loft?"
Ovviamente aveva deciso la sorella.
Saremo stati grandi amici, già lo sapevo.
"Certo, andremo dove più ti aggrada Alexander" replicai.
Il che non implicava necessariamente di uscire da casa, o dalla camera da letto. Pensai divertito.

*Angolo autrice*
Alloraa... questo capitolo è un po' diverso perché volevo un punto di vista anche di Magnus.
Stellinate se vi sta piacendo, per me conta molto, e alla prossima volta.

Yᴏᴜ Mᴀᴋᴇ Mᴇ Hᴀᴘᴘʏ - MᴀʟᴇᴄDove le storie prendono vita. Scoprilo ora