1. La proposta indecente

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In campagna di sera faceva decisamente più freddo che a Roma, ma questo Spadino non l'aveva preso in considerazione e non si era preoccupato di portare con se un giacchetto. L'umidità gli entrava nelle ossa passando facilmente attraverso le scarpe di tela, anche quelle poco adatte alla situazione: probabilmente le avrebbe buttate appena tornato a casa. Era solo, o almeno così credeva, in un ampio piazzale sul quale si affacciavano alcuni box di legno, illuminato da alcuni faretti circondati da insetti. Qualche cavallo tirò fuori la testa dalla stalla sbuffando e muovendo le orecchie nella sua direzione, ma la maggior parte stavano riposando visto l'ora e il buio. L'odore non era dei migliori ma Spadino ci fece presto l'abitudine.
Si guardò intorno e si avviò verso l'unico edificio del maneggio in cui sembrasse esserci una luce interna accesa: era una stalla a doppia fila, anch'essa piena di cavalli, con un tetto di lamiera a coprire il corridoio centrale percorribile. Qualche cavallo si mosse al suo ingresso, anche emettendo sbuffi assonnati, ma l'uomo che si trovava in mezzo al corridoio non sembrò sorpreso di vederlo. Era il Samurai, con i suoi stivali di gomma e l'aspetto da uomo per bene, che lo guardava con aria beffarda, come a voler dimostrare che aveva avuto ragione.
<<Spadino non sei riuscito ad aspettare fino a domani mattina?>> chiese ironico senza cambiare posizione, con le mani nelle tasche, le gambe incrociate e la schiena appoggiata al muro.
Spadino si mosse ancora più vicino a lui, cercando nel frattempo di evitare le attenzioni di un grigio troppo curioso che aveva provato a mordergli il cappuccio della felpa.
<<Domani so impegnato, adesso te posso da retta quindi dimme subito>> rispose spavaldo alla provocazione e incrociò le braccia al petto, per darsi un'aria ma soprattutto per proteggersi dal freddo. Nel pugno chiuso sempre presente l'inseparabile coltellino.
Il Samurai non rispose subito ma lo osservò per alcuni istanti in silenzio: voleva vedere fino a che punto il ragazzo avesse il fegato di parlargli così sfacciatamente. Neanche i suoi collaboratori più fidati si rivolgevano a lui in quel modo, e un ragazzino zingaro si permetteva di trattarlo come un suo pari.
Nel frattempo Spadino si stava spazientendo: aveva freddo ed era stanco dopo una giornata passata a fare i suoi soliti giri, voleva solo andare a dormire e risolvere velocemente quella faccenda, di qualsiasi cosa si trattasse.
<<Ao c'hai intenzione de parlá o se dovemo guardá nelle palle dell'occhi fino a domani mattina?>> sbottò infine, facendo un altro passo avanti e sciogliendo le braccia dal petto per rinfilare le mani nelle tasche.
<<La fretta è cattiva consigliera negli affari, ti consiglio di liberartene>> disse l'uomo, come se stesse facendo un discorso da padre a figlio. Spadino roteò gli occhi e sperò che quel vecchio la finisse presto di parlare a vanvera e gli spiegasse velocemente per quale motivo lo aveva voluto lì.
<<Tu conosci Aureliano Adami>> disse il Samurai prendendolo alla sprovvista.
<<Si>> rispose confuso il ragazzo. Il suo volto si era immediatamente contratto in un'espressione di preoccupazione e sorpresa al sentire quel nome.
<<Non era una domanda, so benissimo che vi siete pure messi a fare impicci insieme per un periodo, e contro i miei interessi per di più. Cosa pensavi, che mi fosse sfuggito?>> rise alla sue stesse parole; al contrario Spadino si fece ancora più serio.
<<E perché te interessa?>> chiese allora, imitando un disinteresse alla questione che non gli apparteneva.
<<Perché ho bisogno che tu faccia una cosa per me: devi aiutarmi a fare fuori Aureliano Adami. Si sta comportando come se fosse il re di Ostia ma non ha capito che chi comanda sono io>> spiegò brevemente e il ragazzo capí che non avrebbe aggiunto molto altro, non gli avrebbe detto nulla di più del suo piano o delle sue motivazioni.
<<Non devi fare niente di speciale: lo frequenti come hai sempre fatto, fai l'amico e mi fai sapere dove e quando posso trovarlo da solo e disarmato. In poche parole ci devi fissare un appuntamento e poi al resto ci pensano i miei uomini>> concluse, come se avesse spiegato ad un bambino perché era importante che prendesse la medicina dal sapore cattivo.
<<Non se ne parla Samurá, arichiamame quando c'avrai na proposta più interessante>> Spadino stava per mettere in scena il suo solito insolito inchino di congedo, guardando negli occhi l'uomo davanti a se con un sorrisetto beffardo, quando il Samurai richiamò la sua attenzione scuotendo il capo.
<<Forse non ci siamo capiti... ti sembro uno che va in giro a chiedere favori? Oltretutto a uno zingaro? Tu lo devi fare, non te lo sto chiedendo: te lo sto ordinando>> il suo tono si era fatto notevolmente più duro e non ammetteva repliche ma la sua posizione non era cambiata. La sua tranquillità fece immaginare a Spadino che ci fosse qualcuno pronto a difenderlo nel caso lui avesse reagito violentemente.
<<Io n'pio ordini da nessuno, figuramose da te>> accompagnò la sua affermazione con un movimento lento della mano destra: strinse il coltello a serramanico, senza più nasconderlo, fuori falla tasca e lo fece roteare tra le dita ancora chiuso. Sorrideva mentre aspettava la risposta del Samurai ma nei suoi occhi si celava ansia e sentiva un peso opprimergli il petto.
<<Allora mettiamola così: lo farai perché conviene a tutti e due questa collaborazione>> disse l'uomo che stava perdendo la sua statuaria pazienza, ma era troppo esperto per darlo a vedere.
<<T'ho già detto de no, se preferisci te lo scrivo>> anche Spadino stava perdendo la pazienza, ma lui, al contrario del suo interlocutore, non aveva il minimo interesse nel nasconderlo, anzi sperava di intimorirlo.
<<Te l'hai mai visto uno zingaro a un gay pride?>> domandò il Samurai improvvisamente, lasciando il ragazzo completante di stucco. Nonostante fosse difficile prenderlo alla sprovvista, Spadino con la bocca asciutta faticò a formulare le semplici parole <<ma che cazzo stai a di?>> ma poi si ricompose quasi subito. Stava stringendo la presa intorno al coltello fino quasi a tagliarsi il palmo della mano con le unghie.
<<No, come pensavo: state ancora un po' indietro su questi temi... e come reagirebbe la famiglia tua se sapesse di te?>> sputò vittorioso, sapendo di aver colpito il centro esatto del bersaglio.
<<Nun ce sta niente da sapé, nun so de che stai a parlá>> Spadino tentò, con un disperato tentativo, di  salvarsi in calcio d'angolo, ma sapeva che il Samurai l'aveva fregato. Era stato più sveglio di chiunque altro, come sempre, ed aveva scoperto il suo segreto, nonostante il suo costante impegno nel nascondersi da occhi indiscreti.
<<Invece lo sai benissimo. Io so cosa sei Spadino, e se non farai quello che ti ho detto, presto lo saprà anche la tua famiglia. Non penso di doverti spiegare io che fine fanno fare ai froci, vero?>> il suo tono si era fatto minaccioso, o almeno così sembrò a Spadino, anche se forse la sua era solo la paura che cresceva. Prese un respiro profondo ad occhi chiusi, quando li riaprí il suo sguardo avrebbe fatto tremare chiunque. Chiunque tranne l'uomo che aveva davanti: ne aveva passate talmente tante che non si sarebbe fatto di certo intimorire da un ragazzino.
<<La risposta è sempre no>> disse con voce bassa ma ferma, poi serrò le labbra in una smorfia che nascondeva tutto il dolore ed il terrore che stava provando. Il Samurai capí che non avrebbe aggiunto altro e attese una sua reazione.
Spadino gli diede le spalle e si avviò fuori da quella scuderia illuminata, in direzione della sua auto.
<<Riflettici bene prima di decidere. Ti do due giorni per pensare alla mia proposta: se entro venerdì non ti sento, ci vedremo a casa tua quando andrò a parlare con Manfredi>> concluse il Samurai.
Sentire il nome del fratello fu un ulteriore colpo basso per Spadino. Camminò più velocemente che potè fino a raggiungere la sua macchina e richiuse lo sportello con forza prima di prendersi la testa tra le mani e lasciar andare quelle lacrime liberatorie che stava trattenendo da qualche minuto.

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