2. Unicum come te

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Quella notte Spadino non era tornato a casa. Sapeva che in ogni caso non sarebbe riuscito a dormire e in più anche solo il pensiero della sua famiglia gli faceva venire il voltastomaco. Era colpa loro se si trovava in quella situazione. Era colpa della loro mentalità così chiusa.
In un eccesso di rabbia fece per strapparsi le due catene d'oro che gli pendevano al collo, come per liberarsi di un fardello, ma all'ultimo momento la sua mano si fermò: non avrebbe risolto nulla, doveva imparare a controllare i suoi nervi. Non sarebbe bastato a cancellare la realtà da cui veniva.
Non se ne parlava neanche di tornare da Angelica, che era l'unica persona che credesse in lui in quella famiglia, perché non voleva svegliarla a quell'ora. Avrebbe voluto raccontarle tutto, del Samurai e di Aureliano, ma non ne aveva le forze e non voleva coprirsi di ridicolo.
Diede un'occhiata allo schermo del suo cellulare: erano le 3:41 della mattina e Spadino era ancora seduto sul sedile della sua supercar ad interrogarsi su cosa fare. Il Samurai gli aveva dato due giorni per decidere, ma lui aveva già deciso e non avrebbe cambiato idea. Non stava pensando neanche per sogno di rivalutare l'offerta, ma stava litigando con se stesso per non ammettere il motivo per il quale non potesse neanche prendere in considerazione l'idea di fare del male ad Aureliano.
Che poi una volta tolto di mezzo Spadino, il Samurai non ci avrebbe messo molto a trovare qualcun altro disposto ad accettare la sua proposta. Pensò di dover avvertire Aureliano del pericolo che stava correndo, altrimenti lui si sarebbe sacrificato invano. Ma non voleva farlo subito, in fondo gli erano stati concessi due giorni per decidere, e in quei due giorni il Samurai non avrebbe mosso un dito contro di lui, poteva solo attendere la sua risposta. Spadino decise che si sarebbe goduto quel tempo rimasto fino all'ultima ora e doveva iniziare subito, nonostante fosse un'orario improponibile del mattino.
Prese di nuovo il cellulare e compose il primo numero che la rubrica gli consigliava: quello di Aureliano. Rimase ad aspettare qualche squillo a vuoto ma quando sentì la risposta della segreteria riattaccò. Sospirò con un velo di frustrazione e compose il numero successivo.
Stavolta, dopo pochi squilli, rispose la voce assonnata di Gabriele: <<Pronto... Spadì è successo qualcosa?>> disse seguendo il tutto con uno sbadiglio.
<<No niente, volevo sapé se c'hai da fa>>
<<Ma adesso dici? De solito dormo, poi vedi te...>> domandò Lele abbastanza confuso.
<<Si adesso: se vedemo tra mezz'ora alla discoteca mia, va bene?>> senza attendere la risposta, Spadino aveva già messo in moto l'auto.
<<Si si Spadì... ma sei sicuro che n'è successo niente?>>
<<Niente, e mo movete>> lo zingaro attaccò il telefono in faccia all'amico e si concentrò sulla strada da fare per arrivare al locale.
Arrivò prima di Lele, parcheggiò la macchina nello spiazzo sul retro, in modo che dalla strada si notasse di meno, ed entrò da una porta secondaria dopo aver cercato la chiave giusta in un grosso mazzo. Una volta dentro al locale accese le luci della pista da ballo. L'aria nell'ampia sala era gelida: non c'era il riscaldamento e la discoteca era chiusa dal sabato precedente. Spadino andò in una stanza che fungeva da deposito e prese una giacca di pelle che qualche cliente doveva aver lasciato durante una serata.
Mentre tornava nella pista da ballo sentì il suo telefono vibrare nella tasca dei pantaloni e controllò chi lo stesse cercando: era Aureliano, che doveva aver visto la sua chiamata precedente.
<<Pronto... Aure...>> Spadino non fece un tempo a rispondere che la voce dell'altro coprì la sua.
<<Spadì che cazzo è successo?>>
<<Niente, statte calmo...>> tentò di spiegarsi ma fu di nuovo interrotto bruscamente.
<<E allora che cazzo me chiami alle tre de notte?>> dal tono di voce capì che Aureliano si era calmato, ma era comunque infastidito.
<<Te volevo di de venì al locale mio, sta a arrivá pure Lele. Nun me va de dormì>> spiegò Spadino e si rese conto che la mano con cui teneva il telefono era completamente sudata. Si rese anche conto che la sua spiegazione faceva un po' schifo. Dopo qualche secondo di silenzio Aureliano rispose con tono cauto ma allo stesso tempo incredulo:
<<Famme capì, quanno nun c'hai sonno devi rompe r'cazzo a tutta Roma Spadì?>> lo zingaro lo conosceva abbastanza bene da sapere che non era incazzato, anche se era ciò che voleva fargli credere.
<<No, solo a te>> gli scappò una risata e sentì ridere anche l'amico dall'altra parte della linea <<dai movite che se fa mattina sennò>> e riattaccò. Era imbarazzante quanto riuscisse ad essere sincero quando faceva il coglione.
Sentì la porta aprirsi e richiudersi e pochi istanti dopo vide Lele entrare nella sala principale.
<<Buongiorno>> salutò distrattamente mentre sceglieva con cura le bottiglie dall'ampia scelta dello scaffale sulla parete del bar. <<Qui ce sta l'Unicum o lo Jagermeister, quale voi?>>
<<Buongiorno Spadì, me voi spiegá perché m'hai fatto venì qua a quest'ora?>> domandò Lele andando a sedersi su uno dei divanetti di pelle marrone che dovevano averne viste più di loro due messi insieme.
<<Nun c'avevo sonno>> rispose come una filastrocca sbuffando annoiato da quella continua domanda. <<E mo aiutame a sceglie>> concluse.
<<L'Unicum non se beve quindi vedi te>> rispose il ragazzo di Roma.
<<Vabbè ho capito, te nun ce capisci n'cazzo, dopo famo sceglie a Aureliano>> concluse il suo discorso portando entrambe le bottiglie, insieme a tre bicchieri di plastica, al basso tavolino che stava ai piedi di Lele. Si sedette anche lui e controllò un'altra volta l'orario sul display del telefono.
<<Sta a venì qua pure lui?>> chiese sorpreso. Spadino annuì in risposta e Lele non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
<<Che te ridi?>>
<<Stavo a pensà che hai svegliato mezza Roma e pure Ostia pe fa un sondaggio sugli amari>>
<<Ao quanto devi rompe il cazzo ancora? Volevo passá una serata co l'amici miei, posso? Si nun te va la porta è quella>> indicò con la mano l'uscita secondaria dalla quale entrambi erano entrati.
Lele stava per rispondere ma il cigolio della porta attirò la loro attenzione e interruppe il loro scambio di battute. Entrò Aureliano guardandosi intorno con circospezione, solo quando vide i due amici seduti sul divano abbassò la guardia.
<<Avete iniziato il pigiama party senza de me?>> domandò avvicinandosi di più per poi sedersi sul divano di fronte a loro.
<<No, Spadino voleva solo fa un sondaggio di estrema importanza per l'umanità e nun poteva aspettá fino a domani mattina: meglio lo Jagermeister o l'Unicum?>> Lele fece il verso allo zingaro e si beccò una manata tra capo e collo da quest'ultimo.
<<Decisamente Jagermeister, quell'altro nun se beve>> rispose Aureliano osservando con poco interesse le due bottiglie sul tavolino.
<<Nun capite un cazzo tutti e due. Vabbè vordì che ce ne sta de più per me>> esclamò Spadino mentre apriva entrambe le bottiglie e riempiva i bicchieri.
<<Ha parlato il grande intenditore, che se beve pure l'acqua der cesso se ce metti no spicchio de limone>> scoppiarono tutti e tre in una fragorosa risata, poi fecero scontrare i bicchieri di plastica tra di loro.
Spadino scolò il rum come se fosse succo di frutta e riempì nuovamente il bicchiere subito dopo, mentre gli altri due sorseggiavano con calma e lo osservavano sorpresi.
Dopo il terzo bicchiere a scoppio Aureliano gli tolse la bottiglia dalle mani per non permettergli di riempirlo nuovamente.
<<Ao e fatte i cazzi tuoi>> lo rimproverò cercando goffamente di riafferrare l'Unicum, ma con scarsi risultati perché i suoi riflessi erano già rallentati.
<<Spadì nun esagerá che domani mattina c'hai da fa na cosa...>> tentò di attirare la sua attenzione Lele, dando manforte ad Aureliano.
<<No, ho già fatto stasera>> rispose Spadino che, nonostante la confusione dovuta all'alcol, aveva capito che l'amico si riferiva all'incontro col Samurai.
Lele a quel punto capì il motivo per il quale li aveva voluti lì con quella fretta: doveva essere successo qualcosa, il Samurai doveva avergli chiesto qualcosa di sconveniente. Quindi decise di non fare ulteriori domande per il momento, non volendo metterlo in difficoltà.
<<Perché che c'avevi da fa?>> domandò a quel punto Aureliano che si sentiva tagliato fuori. Il tono si era improvvisamente fatto più serio e aveva puntato gli occhi sullo zingaro in attesa di una risposta.
<<Niente de importante>> riuscì a formulare in modo abbastanza comprensibile Spadino, poi con velocità che non credeva di avere afferrò il bicchiere che Lele aveva abbandonato sul tavolo ancora mezzo pieno e lo scolò.
Si alzò dal divano con un po' di fatica e si avviò verso la postazione del dj. Accese la musica, una base in realtà, tecno come piaceva a lui e si mise a ballare da solo in mezzo alla pista, sotto gli occhi increduli degli altri due. Lele si sentiva in difficoltà: lui sapeva in parte cosa era accaduto ma non poteva parlare.
Invece Aureliano si stava incazzando perché sapeva che Spadino gli nascondeva qualcosa e si stava facendo del male senza un apparente motivo.
<<Ma nun ve viene voglia de ballá co sta musica?>>
Guardò l'amico ballare per qualche altro minuto pensando al da farsi, ma quando lo vide tirare fuori dalla tasca dei pantaloni una bustina e cercare le cartine lunghe, lasciò perdere i suoi dubbi. Si avvicinò al ragazzo con la cresta e gli bloccò le mani con le sue.
<<Spadì smettila che te fai male co ste schifezze>> cercò di sfilargli la bustina dalla mano ma Spadino fu più veloce e la rimise in tasca.
<<Tu sei l'ultimo che me po da lezioni de vita Aureliá, nun te doveva manco chiamá>> disse mentre lo guardava con una rabbia che Aureliano non gli aveva mai visto nei suoi confronti.
<<Ma se po sapé che t'ho fatto? Sto solo a cercá de nun fatte ammazzá co le mani tue>> disse il più grande facendosi più vicino per afferrare il suo polso e tirargli la mano fuori dalla tasca. Spadino si perse solo per un istante in quegli occhi blu, abbassando la guardia, ma tanto bastò ad Aureliano per prendere la bustina dalla sua mano e nasconderla nella sua giacca. Spadino gli si scagliò contro con i pugni chiusi sul suo petto <<Ridammela>> minacciò con tono che era un misto tra l'incazzato e il disperato.
A quel punto intervenne Lele a separarli, perché temeva che il più grande gli avrebbe messo le mani addosso se lo zingaro lo avesse provocato ancora. Afferrò la spalla di Spadino e lo allontanò dal corpo di Aureliano.
<<Basta Spadì, stamo qua per festeggiá, non pe fa a botte>> disse con voce calma, sperando di riuscire a far ragionare l'amico.
Spadino pensò che aveva altri due giorni e il conto alla rovescia era già partito: non voleva passare il tempo rimanente incazzato con Aureliano. Allentò la presa e fece un passo indietro, solo guardandolo da più lontano si rese conto che il ragazzo di Ostia non era arrabbiato come si sarebbe aspettato.
<<Io devo andá che tra un'ora attacco a lavoro. Voi due me promettete che nun v'ammazzate se ve lascio da soli? Posso andá tranquillo?>> domandò il poliziotto facendo passare lo sguardo su entrambi i ragazzi che aveva di fronte.
<<Se continua così nun te posso assicurá che lo ritrovi tutto interno, ma non lo ammazzo sto imbecille>>  rispose Aureliano senza staccare gli occhi dallo zingaro.
Quando Lele se ne fu andato Aureliano mise un braccio dietro le spalle di Spadino e, sorpreso di non trovare nessuna resistenza da parte sua, lo accompagnò a sedersi su uno dei divanetti di pelle. <<Te sei calmato?>> chiese una volta arrivati, ma non ottenne risposta. Lo zingaro non aveva alcuna intenzione di alzare gli occhi dalle sue scarpe e sentiva solo brividi sulla pelle.
Iniziò a respirare a bocca aperta per regolarizzare il ritmo e far arrivare più aria ai polmoni che sentiva andare a fuoco. Quando finalmente spostò lo sguardo, lo puntò sul muro di fronte a se, evitando ad ogni costo di incontrare gli occhi di Aureliano. La testa gli girava ancora ma riusciva a pensare lucidamente. Afferrò le collane intorno al suo collo e con estrema lentezza se le sfilò una per volta, poi le posò sul tavolino accanto ai bicchieri vuoti.
Aureliano sapeva che sarebbe stato inutile chiedergli ancora cosa avesse, cosa fosse successo per ridurlo così, quindi evitò di fare domande alle quali non avrebbe ottenuto risposta.
Con una mano andò ad afferrare la spalla opposta di Spadino, che era seduto di fianco a lui, e se lo avvicinò al petto facendolo stendere. <<Vieni qua, c'hai l'aria de uno che nun dorme da un mese>> disse senza spostare la mano dalla sua spalla e lasciando che Spadino si sdraiasse su di lui e sollevasse le gambe per appoggiarle sul divano. Spadino posò una mano sul suo ginocchio, come per tenersi meglio, e chiuse gli occhi. La testa riprese a girargli più forte in quella posizione ma non aveva la minima intenzione di spostarsi. Riuscì con un po' di sforzo a concentrarsi solo sulla mano di Aureliano sulla sua spalla e dopo qualche minuto riuscì a cadere in un sonno leggero e tormentato.
Percepì la mano libera di Aureliano sfiorargli i capelli con la punta delle dita e poi ritrarsi subito dopo, come se avesse toccato una fiamma viva, poi si addormentò profondamente.

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