Il silenzio può avere molti significati.
In base a come nasce, alle circostanze, a ciò che lo precede e lo succede, ha questa strana capacità di contenere un insieme di emozioni che lo rendono unico. Non esiste una situazione uguale all'altra, così come non esiste un silenzio uguale all'altro.
Taehyung amava il silenzio.
Aveva sempre pensato che fosse un perfetto compagno di vita, in grado di lasciargli lo spazio che necessitava e, allo stesso tempo, di saperlo cullare al bisogno. Lui e il silenzio avevano una lunga storia alle spalle, fatta di reciproco rispetto e conoscenza.
Una delle cose che più gli piaceva fare era star seduto sulla panca nella sua stanza, posta sotto alla grande finestra, e osservare l'esterno, scattare fotografie e leggere per ore libri più o meno profondi. In quelle occasioni, il solo compagno era stato il silenzio e lui gliene era grato.
Pensando a quei momenti, a volte provava una sorta di malinconia opprimente, un po' perché non aveva più il tempo da dedicare alle sue passioni, un po' perché sembravano ricordi di una persona appartenente al passato. Una persona che conosceva bene, ma che non vedeva da tempo.
C'era una frase, letta molti anni prima chissà dove e rimasta nella sua testa, che recitava qualcosa del tipo "Meglio un silenzio sensato che parole senza senso". Era un concetto in cui Taehyung credeva molto.
E fu proprio ciò che fece lì in piedi, nel fissare l'ultima persona sulla faccia della terra che poteva immaginare di incontrare quella sera. Rimane in perfetto silenzio, ancora una volta, proprio come aveva fatto la settimana precedente.
A differenza della scena in metropolitana, in cui dalle sue labbra non era uscito alcun suono perché era rimasto completamente spiazzato e tremendamente incredulo di averlo trovato, quella sera aveva scelto consapevolmente il silenzio.
L'alternativa sarebbe stata un'imprecazione tale da far venire i brividi a sua madre e buttare giù i santi dal cielo.
Perché, se incontrarlo in metropolitana dopo anni era stato un miracolo, trovarlo a quella mostra a distanza di pochi giorni era uno scherzo del destino. Per forza.
Non sapeva quanto tempo fosse rimasto pietrificato in quella posizione, gli occhi puntati in quelli di lui e la bocca probabilmente mezza aperta. A un certo punto prese solo coscienza del fatto che il suo amato silenzio gli si stava rivoltando contro dato che non si sentiva affatto a suo agio.
Anzi, l'unica cosa che provava in quel momento era imbarazzo perché, ripensando alla storia del silenzio, capì che fosse tutta una grande cazzata.
A volte, anche un'imprecazione era meglio di un silenzio imbarazzato e disagiato. Tutto era meglio che fare la figura del pesce lesso per la seconda volta consecutiva.
Ad aumentare quella brutta sensazione si aggiunge il movimento che colse con la coda dell'occhio: al suo fianco, infatti, Yoongi lo stava guardando con insistenza, perplesso e allo stesso tempo palesemente incuriosito da quella situazione. E Tae sapeva che non si sarebbe fatto molti problemi ad esporre apertamente le domande che gli frullavano in testa.
Vista la figura barbina che stava facendo, voleva evitare di aggiungere maggior disagio. Le domande di Yoongi non erano mai quel che si dice delicate.
Prima che il fratello potesse aprire bocca, però, quella voce che non aveva mai udito prima – ma che non una volta sola si era chiesto come fosse – si ripeté.
«Certo, certo, tu sei quello della metropolitana!» lo disse con una convinzione tale che avrebbe potuto persuadere anche il più reticente dei dubbiosi.
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Hideaway || Vmin
أدب الهواةSeoul, estate. Taehyung, rampollo di buona famiglia, deve consegnare un progetto di fotografia per uno stupido corso a cui lo ha iscritto la madre. Si trova sulla banchina della metropolitana, la macchina fotografica in mano. Basta uno scatto e si t...