Capitolo 3 - Falli-ng

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«Stai scherzando, vero?»

Jimin abbassò lo sguardo sul proprio petto e poi rialzò gli occhi, perplesso.

«Che problema c'è?» domandò con un sopracciglio sollevato e tono candidamente innocente.

Jungkook lo fissò per un lungo tempo senza dire nulla, sbattendo le palpebre un paio di volte e con la bocca semi aperta in una sorta di smorfia a metà strada tra lo stupito e lo scandalizzato.

«Io alla mostra non ti ci porto conciato in questo modo» asserì il ragazzo dopo qualche istante.

Nel silenzio che seguì, Jimin si impegnò con tutto sé stesso per mantenere imperturbata la propria espressione. Dentro, però, aveva solo voglia di esultare e stringersi la mano per complimentarsi.

Aveva passato tutta la settimana a stilare quel piano dai risultati assai incerti: lunedì aveva trovato il coraggio necessario per aprire il cassetto del suo armadio e mettersi a scavare il fondo, il cui contenuto lo aveva lasciato perplesso, a tratti scandalizzato.

Martedì aveva preso in prestito da nonna Mae dei vecchi gioielli di tutto rispetto, che facevano la loro porca figura, mentre mercoledì si era occupato dei dettagli rimanenti.

Quella stessa mattina, poi, aveva chiesto alla sua collega, finalmente rientrata dal permesso per l'operazione, di aiutarlo con il trucco, tra la fine del proprio turno e il suo. Uscendo dalla clinica, sembrava essere inciampato per sbaglio nel carnevale brasiliano.

Non gli importava che mezza Seoul lo avesse visto conciato a quel modo nel ritorno in metropolitana: in giro c'era gente ben più strana.

E poi, guardandosi allo specchio appeso nell'anta interna del suo armadio, in quel momento si sentì fiero di sé stesso.

Aveva fatto davvero un lavoro magistrale.

I capelli biondi, colorati per l'occasione di un singolare blu notte, erano stati portati dietro la nuca con una dose molto generosa di brillantina, in modo da lasciare la fronte completamente libera. Sulle palpebre, poi, aveva applicato una dose generosa di ombretto per richiamare il colore dei capelli, mentre la bocca spiccava su tutto, dipinta di un tetro rosso amaranto. Ma le vere protagoniste erano le sopracciglia, completamente coperte da uno spesso strato di cerone chiaro, in modo che sembrasse non averle proprio.

Per i vestiti, invece, aveva semplicemente preso tutto ciò che stava sul fondo del cassettone, ovvero il famigerato crop-top con il faccione di Hello Kitty, dei pantaloni a vita alta di un arancio smorto – avevano sicuramente visto tempi migliori – e chiusi da un cinturone di pelle allacciato in vita. Completava il look un paio di scarpe nere, molto semplici. Per quelle, purtroppo, non aveva potuto farci molto.

Nel complesso poteva passare per una via di mezzo tra Marylin Manson e una ragazzina in piena fase ormonale nei primi anni duemila.

C'era voluto più impegno e lavoro di quanto avesse immaginato all'inizio, ma, vedendo la faccia di Jungkook, poteva asserire senza ombra di dubbio che gli sforzi erano stati ripagati in pieno.

«Ok. Per me non c'è nessun problema,» disse Jimin facendo spallucce e sforzandosi di apparire imperturbabile. «Beh... allora divertiti, ok? E non preoccuparti per me, penso che passerò una bella serata con nonna Mae e il suo Baechu-kimchi

Jimin fece per avviarsi verso la porta della sua camera, sicuro che Jungkook lo avrebbe seguito per andarsene da casa sua, ma venne quasi subito trattenuto per un braccio.

«Un attimo, un attimo. Non così in fretta. Pensi davvero di fregarmi così facilmente?»

Jungkook aveva un sopracciglio alzato, una mano al fianco e un'espressione ironica in volto.

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