Inferno

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1. INFERNO

“(…) quella prigione orribile e attorno fiammeggiante,
come una grande fornace, e tuttavia da quelle
fiamme nessuna luce, ma un buio trasparente,
una tenebra nella quale si scorgono visioni di sventura,
regioni di dolore e ombra d’angoscia.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)

Birmingham, 8 anni prima
Ariadne correva a perdifiato. Doveva continuare a correre per non essere inseguita dal rimorso. Le tremavano ancora le mani, aveva il fiatone e le guance avvampate per lo sforzo. Intravide le luci della stazione in lontananza e aumentò il passo, doveva salire su quel treno il prima possibile. Si guardò indietro per assicurarsi che nessuno l’avesse pedinata, non si fidava delle parole di sua madre. Per quanto sapesse che la donna non l’avrebbe tradita, qualcosa in Ariadne le suggeriva che da quel momento in poi poteva fare affidamento solo su se stessa. Acquistò un biglietto di sola andata per Londra, saltò sul treno e sprofondò sui sedili.
Aveva quindici anni e aveva appena commesso il peccato più atroce che un essere umano potesse mai commettere.

Londra, gennaio 1928
Judith si riparò dal freddo londinese con il bavero della giacca, sebbene al collo avesse avvolto una pesante sciarpa di lana che lei stessa aveva realizzato all’uncinetto. Il cielo sembrava in fiamme, l’azzurro del giorno era ormai sfumato nel rosso del tramonto ed era striato da grosse nuvole grigie. Sarebbe venuto a piovere presto. A Londra pioveva quasi sempre, e Judith per forza di cose aveva dovuto accettare quella consuetudine meteorologica e comprare un ombrello resistente. Smise di osservare il cielo quando Carl le sfiorò la spalla.
“Ehi, Judith vieni con noi in biblioteca? Abbiamo ancora un’ora prima che chiuda.”
“Non posso. Devo lavorare. E sono anche in ritardo come al solito!”
“D’accordo, vorrà dire che domani ti presterò i miei appunti.” Disse Lisa.
Carl e Lisa erano i colleghi di corso di Judith all’Accademia di Arte. Sin da subito aveva legato con loro perché erano simpatici e sempre gentili, forse ciò dipendeva dal fatto che fossero gemelli.
“Ti ringrazio. Adesso scappo, ci vediamo domani a lezione. Buona serata!”
Judith iniziò a correre verso il quartiere di Westminster per arrivare prima che il suo datore di lavoro la rimproverasse per l’ennesimo ritardo. Era già successo in passato che le detraesse alcuni soldi dallo stipendio come risarcimento per i mancati minuti di lavoro, o almeno così l’uomo voleva giustificarsi. Non era un grande impiego, anzi la ragazza era l’addetta alle pulizie nella tavola calda Mayfair situata proprio di fronte al palazzo del Parlamento. Gli orari e le mansioni erano pesanti, ma Judith doveva pur pagarsi gli studi in qualche modo. Oltre alla tavola calda, dove guadagna abbastanza per comprare libri e materiale artistico, era brava con ago e filo. Da ragazzina aveva seguito un corso di cucito e poi aveva messo a frutto le sue abilità riuscendo così a pagare i costi di una stanza in una piccola pensione. Abitava nel quartiere di Camden Town, in un vecchio palazzo la cui proprietaria era una donna anziana che affittava camere solo a donne nubili e sotto i trenta anni. Era una stanza molto piccola, sufficiente a farci entrare un letto, un modesto armadio, una tinozza e una scrivania. A Judith, però, andava bene. A lei piaceva la sua vita a Londra per quanto umile fosse.
Nel frattempo il vento aveva iniziato a soffiare tanto forte da farle svolazzare il cappotto intorno alle gambe. Per fortuna riconobbe la logora insegna del Mayfair e affrettò il passo per evitare l’acquazzone. Non appena mise piede nel locale, il cielo tuonò e incominciò a piovere.
“Giusto in tempo!” esclamò Ben, ridendo.
Ben era il figlio del proprietario e prendeva le ordinazioni, mentre in cucina a preparare i piatti erano sua madre e le sue sorelle. Il padre, invece, si divertiva ad abbaiare ordini e a lusingare i clienti.
“Sì, giusto in tempo. Tuo padre mi mangerebbe viva se entrassi qui zuppa d’acqua.”
“Questo è sicuro. Dai, mettiti al lavoro prima che mio padre ti faccia la solita ramanzina.”
Judith lasciò le sue cose sul retro, si infilò un vecchio grembiule stracciato qua e là e si legò i capelli con un fermaglio a forma di farfalla che Lisa le aveva regalato per il compleanno. Recuperò gli stracci, il sapone e il secchio e tornò in sala per svolgere le sue faccende.

INFERNO || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora