Nuovi amici

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9. NUOVI AMICI

“Ho bisogno di angeli. L’inferno mi ha inghiottito per troppi anni. Ma finalmente ho capito questo: ho bruciato centomila vite umane con la forza del mio dolore.”
(Antonin Artaud)
 
Il giorno dopo
Ariadne affondò la faccia nel cuscino con un verso di disperazione. Non aveva chiuso occhio per colpa dei grilli che avevano deciso di fare un concerto che era durato tutta la notte. A questo si erano sommati il nervosismo di non sapere cosa succedeva in città e la preoccupazione per il fatidico matrimonio. Sussultò quando bussarono alla porta.
“Signorina Evans, la colazione è servita. Vi aspettiamo.” Le comunicò Bonnie.
“Arrivo!”
La ragazza si lavò in fretta e indossò i primi vestiti che aveva trovato in valigia, si legò i capelli con il fermaglio e si avvolse uno scialle sulle spalle poiché in campagna faceva più fresco. Quando raggiunse la sala da pranzo, il suo stomaco fece le capriole per l’odore di dolci e tè che si diffondeva nell’aria.
“Buongiorno.”
Bonnie schizzò in piedi e fece una sorta di mezzo inchino, poi le indicò la sedia di velluto imbottita.
“Buongiorno a voi, signorina. Accomodatevi. Fate come foste a casa vostra.”
“Puoi chiamarmi solo Ariadne.”
Il ragazzo sorrise, era gentile e anche assai timido.
“Ti verso del tè, Ariadne?”
“Sì, grazie. E mi potresti passare quel cesto, per favore?”
Ariadne non consumava un pasto decente da due giorni, pertanto si riempì il piatto di panini dolci e di brioche e bevve una tazza piena di tè.
“Hai davvero molta fame.” Rise Bonnie.
La ragazza rise mentre si puliva la bocca con un tovagliolo.
“E’ tutto squisito e io non mangio da due giorni, ne approfitto.”
Fecero colazione in silenzio, ogni tanto si scambiavano qualche sorriso di circostanza ma per il resto continuarono a mangiare senza dirsi nulla. Bonnie allungò il braccio per prendere la caraffa di latte e Ariadne notò che le sue nocche erano abrase, la pelle attorno era spessa e arrossata.
“Sono un pugile.” Spiegò lui, anticipandola.
“Un pugile, tu? Sembri una persona pacifica.”
Bonnie rise mostrando un dente scheggiato, uno dei tanti cimeli dei combattimenti.
“Lo sono. Fare il pugile non significa essere una persona violenta nella vita di tutti i giorni. Picchio sul ring, o quando è necessario difendermi.”
“Ha senso effettivamente. Io dipingo. O meglio, dipingevo.”
Ed infatti le mani di Ariadne erano pulite, non vi erano più le tracce di pittura e carboncino che un tempo le macchiavano la pelle.
“Perché ne parli al passato?”
“Ero iscritta al Chelsea College di Londra, il college d’arte per eccellenza. La mia carriera di studio è finita quando sono tornata a Birmingham.”
Decide di omettere la parte in cui era stata sua madre a porre fine alla sua carriera, era un dettaglio doloroso che preferiva tenere per sé.
“Sai, girano delle storie su di te.” disse Bonnie, grattandosi il mento.
Ariadne deglutì, detestava affrontare quell’argomento. Bevve un sorso di tè per schiarirsi la voce.
“Me ne sono andata perché non ho retto la morte di mio padre. Eravamo molto legati.”
“Capisco. Anche io ero molto legato a mia madre, è stata dura dopo la sua morte.”
“Ti sei sfogato prendendo a pugni la gente.”
Bonnie rise, sembrava molto più giovane quando rideva.
“Diciamo di sì. Hai programmi per oggi?”
Ariadne fece scorrere l’indice lungo il bordo liscio della tazza, era un set di porcellana finissima e decorata con fiori blu.
“Scommetto che Tommy ha posto dei limiti ai miei programmi.”
“Tommy Shelby è uno che detta leggi.”
“Le leggi esistono per essere infrante.” Replicò lei con un sorriso.
Bonnie arrossì, non ci sapeva fare con le ragazze e Ariadne lo metteva piuttosto in soggezione.
“Non puoi uscire dalla proprietà e io devo seguirti dappertutto. Così ha deciso Tommy.”
“Mi seguirai anche in bagno?”
“Oh … ehm … no! Ovviamente no!”
Ariadne ridacchiò per la faccia rossa di Bonnie, aveva capito che si imbarazzava facilmente. si alzò e aggrappò le mani intorno allo schienale della bella sedia imbottita.
“Allora mostrami un po’ questa proprietà!”
 
“E questo è il fienile. Mio padre conserva qui la sua attrezzatura.”
Bonnie aprì la porta e si mise di lato per far passare Ariadne per prima. Lei si aspettava attrezzature quali rastrelli, pale, annaffiatoi e altro materiale da giardinaggio. Invece quel finto fienile ospitava armi di ogni genere, selle per cavalli e quelle che sembravano armi medievali.
“Tuo padre si prepara ad una guerra?”
“Tutti a Birmingham sono sempre preparati per una guerra.”
Ariadne diede un’occhiata alle armi, e si punse anche toccando la superficie di una mazza ferrata. Poi la sua attenzione si focalizzò su una mappa appesa alla parete che raffigurava Birmingham e dintorni. Era dettagliata, con le varie zone identificate dal colore, con i nomi di ogni area. Riuscì a individuare il bosco dove si era tenuta la sparatoria, puntò il dito e si voltò verso Bonnie.
“Conosci questo bosco? Mi sai dire qualcosa?”
“E’ la parte più fitta del bosco, ci sono sentieri sterrati e qualche capanna occupata dai cacciatori durante la stagione della caccia. Perché?”
“E’ in questo esatto punto che è avvenuta la sparatoria. Vedi? Tra questo punto e la strada c’è un sentiero.”
Bonnie scrutò la mappa e annuì, ormai conosceva a memoria quei sentieri grazie al padre.
“Sì, è il sentiero di Jack. Il nome si ispira a Jack lo Squartatore perché spesso è stata ritrovata gente sgozzata. A cosa ti serve saperlo?”
“Hai detto che ci sono le capanne dei cacciatori nei dintorni, giusto? Forse c’è qualche indizio per noi.”
Ariadne aveva assottigliato gli occhi e studiava la mappa con attenzione, quasi fosse il suo dipinto preferito.
“Indizio? Per noi?” fece Bonnie, confuso.
“Indizio sulla sparatoria, su chi ha sparato o qualcos’altro. Io vado lì a vedere!”
“No! Tommy ha detto …”
“Tommy dice una marea di cose e io non devo ascoltarle tutte.”
Bonnie si toccò la fronte, era esasperato dal comportamento ribelle della ragazza. Se suo padre o Tommy avessero scoperto che l’aveva fatta uscire dalla proprietaria, lui avrebbe perso le braccia e le gambe in un colpo solo.
“Ti accompagno io. Però dobbiamo tornare entro mezzogiorno, mio padre è sempre puntuale a pranzo. E soprattutto non deve capire che siamo andati nel bosco.”
Ariadne sorrise raggiante e batté le mani, pronta per quella avventura.
“Andiamo! Dov’è l’auto?”
Questa volta fu Bonnie a sorridere divertito.
“Non possiamo prendere l’auto per andare su quei sentirti stretti e rovinati. Andiamo a cavallo.”
“Ma io odio i cavalli!” si lagnò Ariadne.
 
Julian sorrideva allegro mentre si rivestiva. Aveva passato delle ore piacevoli, prima al pub con gli amici e poi a letto con Rose. La ragazza era la sua nuova fiamma, l’aveva conosciuta un mese fa a una festa e da allora erano diventati inseparabili.
“Vai già via?” chiese lei, la voce impastata dal sonno.
“Devo tornare a casa prima che la strega malvagia si accorga della mia assenza.”
“Tua madre è una vera stronza.”
Julian rise, si abbottonò la camicia e si mise in cerca delle scarpe.
“Lo so.”
Rose guardò il ragazzo piegato ad allacciarsi una scarpa e sorrise tra sé, aveva tra le grinfie uno dei ragazzi più belli e desiderati di tutta l’Inghilterra. Bellissimo, ricco, divertente e un ottimo amante fra le lenzuola. Julian Evans era il sogno proibito di ogni ragazza.
“Stasera ci vediamo? Paul vuole portarci in un nuovo locale, dice che l’alcol è ottimo.”
“Non so se potrò esserci. A casa c’è tutto il casino con mia sorella, non torna da quasi una settimana e sono tutti nervosi. Magari ci vediamo domani.”
Julian si infilò la giacca e si guardò allo specchio per sistemarsi i ricci in modo da sembrare più o meno presentabile. Rose si mise seduta e si strinse le ginocchia al petto, il lenzuolo mostrava le sue lunghe gambe nude.
“Sai dove trovarmi, amore.”
“Amore, eh?” la prese in giro Julian.
Rose rise e gli diede un pungo gioco sul petto, che ovviamente non lo scalfì affatto.
“Non fare l’idiota, Evans. Sparisci!”
Julian si chinò per lasciarle un bacio sulle labbra, dopodiché le diede un bacio sul ginocchio scoperto e le fece l’occhiolino.
“Buona giornata, principessa!”
Scese rapidamente le scale, il buon umore invadeva ogni cellula del suo corpo. Era raro che fosse tanto felice. E per l’appunto, a confermare quella rarità fu un ragazzo appoggiato alla sua auto.
“Julian Evans?”
“Sono io.”
“Tommy Shelby vuole parlarti. Ti aspetta in quell’auto nera all’angolo della strada.”
Julian attraversò la strada in maniera discreta, non era bravo con i sotterfugi in affari. Si era sempre tenuto lontano dalle attività di famiglia, e per fortuna Eric non aveva mai insistito a farlo partecipare. Individuata la macchina, entrò e richiuse la portiera velocemente. Sul sedile accanto a lui c’era Tommy Shelby, una macchia nera di cui solo gli occhi azzurri rilucevano come gemme preziose.
“Signor Shel-“
“Sta zitto e ascoltami. Qualche giorno fa sei venuto da me a chiedermi aiuto per tua sorella e io ti ho detto di no. Dati i recenti sviluppi, ora la risposta è sì.”
Tommy aveva parlato in modo così diretto e risoluto che Julian faceva fatica a recepire ogni parola.
“Recenti sviluppi? Mi sono perso qualcosa?”
L’uomo lo guardò come se fosse il ragazzo più stupido sulla faccia della terra.
“Non lo sai? Tua madre e tuo fratello hanno concesso Ariadne in moglie a Mick King.”
La bocca di Julian si spalancò in una ‘o’ perfetta, era scioccato da quella rivelazione.
“Che schifo! L’hanno venduta a quel maiale!”
“Tua madre ha pensato che un matrimonio avrebbe appianato i vostri debiti con gli Scuttlers, e aveva ragione. Ariadne è un’ottima moneta di scambio, giovane, carina e soprattutto facile da ammaestrare.”
“Ariadne non è mica un animale da compagnia!” replicò Julian, stizzito.
“Lo so bene quanto te. E’ Mick che crede di poterla addomesticare come fosse un fottuto labrador. Ecco perché tu sei qui, per aiutare tua sorella.”
“E come potrei fare? Non ho nessuna risorsa.”
Tommy gli lanciò un’occhiata glaciale che fece rabbrividire Julian di paura. Se Mick King era una bestia feroce, Tommy Shelby agiva nell’ombra e ciò lo rendeva ancora più pericoloso.
“Tu dovrai seguire esattamente le mie istruzioni senza obiettare.”
Julian annuì senza indugiare, quando si trattava di Ariadne non c’era da pensarci due volte. Avrebbe dato la vita per sua sorella.
“Ci sto.”
 
“Smettila di annusarmi!” sbottò Ariadne, di nuovo.
Il cavallo sbuffò fra i suoi capelli come se la stesse deridendo. Non aveva mai avuto un buon rapporto con i cavalli, riteneva che fossero troppo grandi e capaci di captare le tue paure più profonde.
“Fa così perché ti vuole conoscere.” Disse Bonnie.
“Beh, il sentimento non è reciproco.”
Ariadne allontanò il muso del cavallo dai suoi capelli e gli puntò il dito contro come a volerlo avvisare di starle alla larga. Bonnie intanto se la rideva sotto i baffi.
“Che ci facciamo qui? Questo sentiero è vuoto, non ci sono capanne o case.”
“C’è sicuramente qualcosa, è solo che non riusciamo a vederla. Fidati.” Disse Ariadne.
“Cosa speri di trovare?”
“Ancora non lo so. Lo saprò quando lo vedrò.”
Bonnie aggrottò le sopracciglia, quella ragazza alle volte sembrava persa nella sua testa.
“Aspettiamo e speriamo.”
“Osservare e dedurre, questo è il metodo di Sherlock Holmes.”
Ariadne aveva letto e riletto ogni romanzo e ogni racconto sul detective più famoso della letteratura, dunque aveva imparato dal migliore che uno sguardo accurato utile in una indagine.
Bonnie, però, continuava a vedere solo erba e sterpaglia. Un pettirosso se ne stava appollaiato su un ramo a guardare il mondo sottostante con i suoi piccoli occhi curiosi.
“Dovremmo tornare indietro. Qui non c’è niente.”
Ariadne non era d’accordo. Stava fissando due massi che avevano una strana collocazione, insolita per essere di origine naturale.
“Bonnie, hai mai visto due massi perfettamente simmetrici?”
“Può capitare, la natura è bizzarra.”
“E hai mai visto un masso che in natura riporta una croce bianca?”
Allora Bonnie guardò i massi e vide che uno era segnato da una croce bianca fatta col gesso; era un segnale.
“Spostiamo i massi.”
I due si misero ai lati delle grosse rocce e tirarono fino a separarli, facendoli rotolare sul sentiero. Nascosto sotto foglie e rami accatastati, c’era una cassa malandata di legno. Bonnie diede un calcio al lucchetto arrugginito e questo si schiantò al suolo con un debole clangore. Ariadne si sporse per ispezionare l’interno ed emise un fischio.
“Guarda un po’! Sono armi, e per l’esattezza sono le armi che gli Scuttlers hanno preso dal deposito di Barry Grimm.”
“I Peaky Blinders non ce la farebbero in uno scontro a fuoco aperto.” Rifletté Bonnie.
Ariadne sfiorò la superficie di un fucile, forse era lo stesso usato nell’attentato nel bosco.
“La mia ipotesi si rivela sempre più vera.”
“Quale ipotesi?”
“Che a sparare quella notte siano stati gli Scuttlers. Se ci pensi bene, con dopo l’attentato Mick ha subito dato la colpa a noi e a Tommy, eppure Lucius e Tommy sono rimasti feriti.”
“Se fossero stati i Peaky Blinders di sicuro non avrebbero colpito Tommy.” disse Bonnie.
“E se fossero stati i Blue Lions non avrebbero colpito Lucius.” Aggiunse Ariadne.
Il ragazzo si toccava la fronte mentre nel suo cervello le rotelle si mettevano in moto.
“In questo modo gli Scuttlers avrebbero avuto la scusa perfetta per attaccare i Blue Lions e i Peaky Blinders e accaparrarsi tutti i profitti.”
“Mick diventerebbe uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra, e soprattutto il gangster più temuto. Praticamente sarebbe indistruttibile.”
“Cosa pensi di fare? Non possiamo lasciare queste armi qui.”
“Infatti le portiamo con noi. I cavalli ce la possono fare?”
Bonnie accarezzò il muso dei suoi cavalli e sorrise soddisfatto.
“Possono farcela.”
 
Julian tornò a casa intorno alle sei di sera. Dal vialetto poteva scorgere le luci accese in soggiorno, in cucina e nello studio di Eric. Stava succedendo qualcosa. l’ultima volta che quei tre lampadari erano stati in funzione in contemporanea era quando suo padre era morto e la banda si era riunita a casa Evans per rimpiangerlo. Si chiuse la porta alle spalle e agganciò il capello all’attaccapanni, ma non si tolse la giacca per essere pronto a qualsiasi evenienza.
“La pecorella è tornata all’ovile.” Disse Lucius, ridendo.
Era sbucato dal corridoio della cucina con in mano una bottiglia di vino. Doveva essere brillo considerati gli occhi lucidi.
“Questo non è un ovile, è un mattatoio.”
“Fai sempre la ragazzina offesa. Il sesso non ti è d’aiuto?”
Julian si accigliò a quel riferimento perché aveva capito che la sua relazione con Rose non era più segreta, e forse non lo era mai stata.
“Che cazzo vuoi, Lucius? Mammina ti ordina di pedinarmi e tu obbedisci come un cagnolino, sei patetico.”
Lucius sorrise in quel modo crudele che esibiva quando torturava qualcuno.
“Almeno tua madre non mi odia.”
“Ti odierebbe se sapesse che ti sei scopato suo figlio.” replicò Julian, deciso.
“E’ capitato una sola volta ed ero ubriaco! Se lo dici qualcuno …”
“Mi ammazzi, lo so. Sai cosa, Lucius? La morte è niente in confronto all’inferno di questa casa.”
Si allontanarono quando avvertirono la stampella di Eric riecheggiare dal corridoio, e infatti comparve pochi secondi dopo.
“Julian, per caso hai avuto notizie di Ariadne? La stiamo cercando dappertutto.”
“Non so nulla. Probabilmente è fuggita come otto anni fa.”
Detto ciò, Julian si incamminò verso la sua camera con un tremendo nodo allo stomaco perché era preoccupato per la sorella.
 
Aberama esplorava ogni parte di ogni singola arma, a detta sua era un metodo per conoscere le armi del nemico. Dopo che Ariadne e Bonnie erano rincasati, avevano comunicato la scoperta al padrone di casa e lo avevano seguito nel capanno degli attrezzi.
“Questo fucile è stato usato per sparare nel bosco. La polvere da sparo nella canna è abbastanza fresca da essere recente.”
“Questo conferma che sono stati gli Scuttlers a sparare.” Disse Bonnie.
“Deduco di sì, altrimenti questo fucile non farebbe parte della loro scorta.”
Ariadne, però, non stava ascoltando perché la sua mente si stava concentrando su un altro fenomeno: perché Lucius non si era fatto vivo subito? Perché era sparito per due giorni?
“Forse so chi ha sparato. Devo assolutamente parlare con Tommy!”
“Il telefono è in casa. Bonnie, accompagnala.”
Ariadne camminava a passo talmente spedito che addirittura Bonnie faceva fatica a starle dietro. La ragazza respirava col naso, erano respiri pesanti come quelli di chi sta per affrontare un cataclisma.
“Il telefono è nel sottoscala.”
Ariadne si fiondò sull’apparecchio e compose il numero del Garrison, certa che gli Shelby si sarebbero goduti la consueta bevuta serale.
“Qui parla Margaret dal Garrison Pub. Pronto?”
“Sono Ariadne. Devo parlare con Tommy, è urgente.”
Dall’altro capo si avvertì un fruscio, poi qualche parola incomprensibile e infine un respiro.
“Stavolta che hai combinato?” domandò la voce severa di Tommy.
“Lucius ha sparato nel bosco. Lui e Mick non si sono visti soltanto per stipulare il contratto matrimoniale, si sono visti molto prima. Sono alleati da tempo ormai.”
Facendo uno sforzo di memoria, Tommy si accorse che quella notte nel bosco ad un certo punto Lucius era sparito dalla sua visuale ed era apparso soltanto due giorni dopo.
“Lucius prende il fucile da Barry e lo lascia in vita perché è suo amico, ma Mick lo fa uccidere per metterlo a tacere. Fottuti bastardi!”
Ariadne sospirò, la consapevolezza pesava su di lei come un macigno.
“Mick ha usato Barry come capro espiatorio per fare credere alla mia famiglia di aver trovato il colpevole.”
Tommy sbarrò gli occhi, gli frullavano in testa mille spiegazioni logiche.
“Così tua madre avrebbe accettato la sua proposta di matrimonio. Quello stronzo ha fatto di tutto pur di sposarti.”
“Tom …”
La voce di Ariadne era sottile, quasi un soffio, ed carica di paura.
“Troveremo una soluzione, Ariadne.”
“Mi fido di te, Tom.”
 
Julian rovistava fra le cose di Ariadne nel tentativo di trovare i suoi documenti personali, era la sua parte del piano ideato da Tommy. La sua ricerca fu interrotta dal cancello che si apriva lento e singhiozzante come al solito, nessuno aveva mai pensato di aggiustarlo. Scostò la tendina per gettare un occhio sul vialetto e intravide un vecchio camion che parcheggiava davanti la porta di casa. Poco dopo vide Mick King che scendeva in compagnia di Simon, entrambi minacciosi ma divertiti al tempo stesso. Quando li vide entrare in casa, si precipitò giù per le scale e poi in direzione dello studio per origliare la conversazione.
“Avete delle novità?” chiese Eric, la voce esausta.
Mick sorrideva come se avesse vinto la coppa del mondo, per Julian era irritante.
“Abbiamo trovato tua sorella.”
Marianne Evans scattò sulla sedia come una molla, il nome della figlia l’aveva riportata quasi in vita.
“Dove si trova?”
Mick si avvicinò al tavolino di cristallo su cui erano posizionate diverse bottiglie di alcol e si versò un intero bicchiere di grappa. Beveva e osservava i presenti oltre il bordo di vetro.
“Ve lo posso dire in cambio di qualcosa. Eric, cosa mi offri per questa informazione?”
Eric sospirò esasperato, era pallido e sudato; stava molto male. Eppure raddrizzò la schiena per non mostrare nessun segno di cedimento.
“Hai qualche richiesta in particolare?”
“Voglio tutte le tue auto. Sai, tua sorella al nostro matrimonio porta una dote molto piccola. Sono sicuro che le tue macchine potranno in qualche modo sopperire alle mancanze.”
“Va bene.” intervenne Marianne.
Mick chinò il capo a mo’ di ringraziamento e sorrise vittorioso.
“Ho piazzato un uomo a sorvegliare le armi che abbiamo preso dal deposito di Barry Grimm, e poco fa mi ha chiamato dicendo che una ragazza dai capelli rossi ha portato via la cassa nascosta.”
“Dove si trova?” ripeté Marianne, ora era furiosa.
“Nel distretto di Sandwell, di preciso nella tenuta di campagna di Aberama Gold.”
Il viso di Marianne si contorse in una smorfia di disgusto. Da giovane Aberama le aveva fatto la proposta di matrimonio ma lei aveva rifiutato perché allora era solo un campagnolo che possedeva un cospicuo numero di pecore.
“C’è ovviamente lo zampino di quel maledetto di Tommy Shelby. Aberama Gold può essere considerato uno dei Peaky Blinders.”
Julian notò l’espressione scura di Eric, era angosciato dal fatto che sua sorella presto sarebbe finita nelle viscide mani di Mick King. Si era opposto con tutte le forze a quel matrimonio, però sua madre era stata irremovibile e lui alla fine aveva dovuto accettare per non infastidirla.
“Sandwell dista mezz’ora da qui e ce ne voglio almeno una decina per raggiungere la tenuta Gold.”
“Possiamo muoverci anche subito, se lo desideri.” Disse Lucius.
Julian colse uno strano sguardo fra Lucius e Mick, era una sorta di combutta silenziosa dibattuta attraverso gli occhi.
“Ci muoviamo fra quindici minuti, il tempo di preparare le auto e prendere le armi.” disse Eric.
Lucius annuì e con un fischio richiamò i Blue Lions che oziavano in soggiorno. Camminavano all’unisono, braccia possenti e piedi che calzavano grossi stivali; avevano tutto l’aspetto di lupi assetati di sangue fresco.
“E’ la scelta giusta, Eric.” Disse Mick.
Eric non lo guardò, anzi piegò gli angoli della bocca all’ingiù nel dispiacere totale.
“Sì, certo.”
Julian controllò l’ora su pendolo che oscillava in corridoio: erano le sette e un quarto e Lucius si sarebbe mosso a e mezza. Aveva solo quindici minuti per avvisare Tommy. Non sarebbe mai arrivato in tempo al Garrison o a casa Shelby, quindi optò per un alto escamotage. Usando la porticina della cucina, andò in giardino e slegò la bicicletta di Ariadne che era assicurata al tronco di un salice piangente. L’unica opzione praticabile era raggiungere la cabina telefonica più vicina e chiamare Tommy per avvisarlo dell’imminente attacco.
Julian pedalò veloce, sfrecciava nel buio, con i ricci sferzati dal vento. Sentì un lieve bruciore sul collo per via della cravatta sciolta che era caduta mentre correva verso la meta. Poco importava, sua sorella era più importante di una stupida cravatta costosa. Quando svoltò l’angolo, scorse i vetri sporchi di una cabina e puntò in quella direzione. Abbandonò la bicicletta per terra, incurante del sellino che si era spaccato a causa dell’impatto. Dalla giacca estrasse una piccola agenda e digitò il numero del Garrison.
“State chiamando il Garrison Pub. Parla Finn Shelby.”
“Sono Julian Evans. Dite a Tommy che mio fratello e Mick sanno dove si trova Ariadne e che stanno mandando i loro uomini da un certo … Gold! Aberama Gold!”
“Ci pensiamo noi.” disse Finn, dopodiché terminò la chiamata.
 
Le linee si ricorrevano sul foglio a fatica, era come se un gancio tirasse le sue dita impedendole di continuare. Ariadne non riusciva neanche a disegnare. La luna dalla sua stanza si vedeva bene, piena e luminosa, ed era il soggetto perfetto per un disegno. Eppure la sua mano si rifiutava di collaborare. Era troppo agitata perché la sua mente si concentrasse sulla carta bianca.
“Ariadne, posso entrare?” la voce di Bonnie era attutita dalla porta.
“Entra pure.”
Il ragazzo si sedette sul bordo del letto in imbarazzo come sempre, non erano soliti avere ospiti in casa e soprattutto lui non era solito restare da solo con una ragazza.
“Stai bene? Hai mangiato poco a cena.”
Ariadne richiuse il taccuino e lo infilò nella tasca della giacca che giaceva sulla poltrona.
“Ho mille pensieri in testa. C’è qualcosa che mi sfugge.”
“Cosa? A me sembra tutto chiaro: Lucius voleva fregare tuo fratello e si è alleato con gli Scuttlers.”
“Perché? Lucius è il migliore amico di Eric da una vita! Sono come fratelli. Non capisco perché Lucius ci abbia traditi.”
Bonnie fece spallucce, quello era un mondo spudorato che lui conosceva molto bene e aveva imparato le sue regole crudeli.
“Lo ha fatto per il potere. Questa città si regge sulle bande, e non sei nessuno se non fai parte di loro.”
Ariadne trasalì quando Aberama entrò in stanza con il viso arrossato dalla corsa.
“Sta arrivando qualcuno. Billy dal cancello ha visto arrivare una decina di auto.”
Bonnie afferrò la mano di Ariadne e la trascinò al primo piano, seguendo il padre verso la cantina dove tenevano le armi. Mentre Aberama frugava tra il mazzo alla ricerca della giusta chiave, dal salotto si udì la porta-finestra aprirsi e chiudersi.
“Qualcuno è già entrato.” Bisbigliò Bonnie.
Aberama puntò un coltello in aria in attesa che l’intruso si mostrasse.
“Lo sappiamo che sei qui, stronzo!”
Tommy Shelby comparve davanti a loro come uno spettro, avvolto nel suo abito scuro e con gli occhi che rilucevano nella semiluce. Con lui c’era Arthur.
“Siamo qui per salvare il culo alla signorina.” Esordì Arthur.
Tommy notò la mano di Bonnie che stringeva quella di Ariadne e la sua mascella si irrigidì per un istante. Non aveva motivo di essere geloso, eppure aveva voglia di mozzare la mano del ragazzo.
“Eric e Mick hanno mandato i loro uomini a prendere Ariadne. La cassa delle armi era sorvegliata, quindi hanno subito avvisato Mick quando avete commesso la stronzata di andare là.”
“Sei qui da un minuto e già fai il gradasso.” Commentò Ariadne.
Tommy la guardò con fare altezzoso, detestava essere contraddetto davanti agli altri.
“Ascoltami bene, ragazzina: siamo tutti qui perché tu sei un prezioso bottino. Loro ti vogliono per il matrimonio e per chiudere ogni debito, mentre io ti voglio per proteggere i miei affari.”
Ariadne rimase offesa da quel trattamento. Per lui si trattava sempre di affari, anche se in ballo c’erano sentimenti quali amicizia e amore. Lui voleva Ariadne solo come trofeo.
“Poiché sono così preziosa, come intendete portarmi fuori da qui?”
“Passiamo per la cantina.” Disse Aberama.
“C’è una botola che porta fuori. E’ un vecchio condotto della fogna.” Aggiunse Bonnie.
Tommy annuì e Aberama poté aprire la porta della cantina. Il padrone di casa andò per primo, poi a seguire c’erano Bonnie e Arthur.
“Tu vieni con me.” sibilò Tommy.
Agguantò Ariadne per il polso e la spinse dentro in modo da chiudersi la porta alle spalle. La sua presa era talmente salda che la ragazza avvertiva il calore della sua pelle.
“Sei arrabbiato con me, vero?”
“Sono furioso con te. Hai fatto una cazzata e adesso ne paghiamo le conseguenze.”
“Tom, mi dispiace.”
Un brivido scosse Tommy, la dolcezza nella voce di Ariadne mentre pronunciava il suo nome abbreviato era come sale su una ferita.
“Cammina.”
Il gruppo si fermò quando Aberama alzò la testa mentre uno sbuffo di polvere gli cadeva in testa.
“Quei bastardi mi stanno distruggendo casa.”
“Muoviamoci, oppure quelli distruggono anche noi.” disse Arthur.
Bonnie si girò verso Ariadne e le regalò un sorriso gentile.
“Andrà tutto bene.”
“Grazie.” Rispose lei a voce bassa.
Le dita di Tommy si strinsero di più attorno al suo polso e i suoi occhi di ghiaccio stavano osservando quella scena patetica con astio.
“Possiamo andare o devo servivi una fottuta tazza di tè?”
“Tommy, muoviti!” lo richiamò Arthur.
Il fratello diede una spallata all’asse di legno che copriva la botola e poi la scaraventò a terra. Intanto dalle scale provenivano dei rumori e delle voci concitate, i nemici erano sempre più vicini.
“Salite!” ordinò Tommy.
Aberama e Arthur salirono senza problemi, entrambi erano agili dopo tante fughe nel corso degli anni. Ariadne si era tappata il naso per il tanfo della botola, un vecchio residuo dell’ex fogna.
“Ti aiuto a salire?” chiese Bonnie.
“Ce la fa anche da sola.” intervenne Tommy in tono brusco.
Ariadne roteò gli occhi al cielo e scosse la testa, allibita dal comportamento scontroso dell’uomo.
“Grazie, Bonnie, ma ce la faccio. Ora sali tu, vai!”
Bonnie sparì nel buio della botola, e Ariadne diede un’occhiata in cima per controllare l’uscita. Riusciva a vedere solo una piccola porzione di cielo stellato.
“Uscite, ratti di fogna!” gridò una voce roca dalle scale.
Tommy prese la pistola dal fodero e tolse la sicura, pronto a fare fuoco in ogni momento.
“Ariadne, sali adesso!”
“Non ti lascio da solo, anche se sei uno stronzo.”
Ariadne lo tirò per la manica della giacca, portandolo più vicino alla botola.
“Sei una testa dura.” Disse Tommy, un sorrisino sulle labbra.
“Potrei dire lo stesso di te.”
La ragazza si infilò nello spazio angusto e incominciò a salire i pioli, la suola delle scarpe scivolava per via dell’umidità. Tommy saliva dietro di te con la pistola rivolta verso il basso.
“La visuale non è niente male.”
“Smettila di guardarmi il fondoschiena!” sbottò Ariadne.
 Entrambi si appiattirono contro la parete quando un colpo di pistola esplose nella botola. Altri colpi furono sparati per evitare che continuassero a salire. Tommy scorgeva alcuni uomini arrampicarsi su per la botola.
“Continua, Ariadne! Continua a salire!”
Ariadne riprese imperterrita la salita, attenta a sviare i colpi che venivano sparati dalla cantina. A pochi metri dall’uscita le braccia di Bonnie la tirarono fuori e la riportarono con i piedi sull’erba. Bonnie allungò una mano per aiutare anche Tommy.
“Mio padre ha messo in moto un camion. Venite!”
Quando tutti furono a bordo, Aberama ingranò la marcia e sfrecciò nella direzione opposta alle auto piazzate davanti la sua tenuta.
“Dove andiamo?”
“Al canale.” Disse Arthur.
Ariadne era seduta sui sedili posteriori tra Bonnie e Tommy, entrambi avevano il fiatone per le azioni precedenti. Lentamente affiancò la propria mano a quella di Tommy per poi far incastrare le loro dita. Lui non la guardò, ma sbatté le palpebre un paio di volte in un linguaggio silenzioso.
 
 
Salve a tutti! 🧡
Come sempre Ariadne e Tommy ora bisticciano e ora si tengono per mano.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

INFERNO || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora