10. COMPROMESSI INFERNALI
"Lingue ardenti di fiamma invisibile imprimono il marchio dell'inferno sulla mia anima esausta."
(H. P. Lovecraft)
Ariadne strizzò gli occhi un paio di volte per mantenersi sveglia. Da Sandwell a Birmingham il tragitto era piuttosto breve, ma la vera sfida che aveva allungato i tempi era stata superare gli Scuttlers e i Blue Lions che pattugliavano le strade.
"Tommy, non riusciremo ad arrivare al canale." Disse Aberama.
"Small Heath è fuori portata perché è sorvegliato." Aggiunse Arthur.
Tommy lasciò la mano di Ariadne per passare le dita fra i capelli con fare nervoso.
"Quei bastardi conoscono bene i nostri posti."
"Potremmo andare nella palestra dove mi alleno." Suggerì Bonnie.
È sicura?"
Bonnie guardò prima Ariadne e poi Tommy, alla fine annuì.
"Portaci alla palestra." Disse Tommy.
Il viaggio durò un'altra mezz'ora, ad ogni angolo dovevano fare il possibile per sfuggire ai controlli. Aberama dovette imboccare vicoli stretti, strade buie e isolate, e addirittura fare lo stesso giro due volte.
"Come va?" domandò Bonnie, cortese come sempre.
"Tutto bene." mentì Ariadne con un mezzo sorriso.
In verità non andava affatto bene. Aveva le gambe intorpidite e le braccia che formicolavano, e inoltre le era venuto un terribile mal di testa.
"Eccoci." Annunciò Aberama.
Ariadne sospirò di sollievo quando finalmente poté respirare aria fresca. Si trovavano nel quartiere di Digbeth, frequentato dalla malavita e dai disperati in cerca di soldi prestati. Tutti in città sapevano che quello era il quartiere della box, lì si tenevano incontri di pugilato ogni sera e le scommesse puntavano a somme ingenti di denaro.
La palestra era un edificio basso e tozzo, all'esterno era rivestito da semplici mattoni a crudo e le finestre erano dotate di sbarre.
"Che facciamo ora?" chiese Arthur, le sopracciglia corrugate.
Tommy in lontananza scorse i fari di una macchina che si muoveva verso di loro.
"Non è sicuro stare fuori. Io e Ariadne entriamo, invece voi andate al Garrison."
"Vi lasciamo da soli?" volle sapere Bonnie.
Tommy gli rivolse un'occhiataccia, una di quelle che avrebbe incenerito l'intera città.
"Vuoi proteggere tu la ragazzina? Avanti, accomodati pure! Sono sicuro che entro mezzanotte sarete entrambi morti su questa fottuta strada."
Ariadne scosse di nuovo la testa perché Tommy aveva quel modo di imporre la propria posizione in maniera brusca.
"Bonnie, è meglio per voi andare via da qui. Io e Tommy ce la caveremo. Grazie per tutto l'aiuto."
Il ragazzo abbassò lo sguardo e si morse il labbro, gli dispiaceva andarsene.
"Buona fortuna."
Mentre Bonnie e Ariadne si scambiavano un breve abbraccio, Tommy si avvicinò all'auto per parlare con Arthur e Aberama.
"Cercate di mettervi in contatto con Julian Evans il prima possibile. Non possiamo aspettare qui per sempre. Abbiamo bisogno di quelle carte prima di domani."
"Tranquillo, fratello, ci pensiamo noi." lo rassicurò Arthur.
Tommy con la coda dell'occhio vide Bonnie e Ariadne sciogliere l'abbraccio, e dentro di lui avvertì ancora quella fastidiosa sensazione di bruciore.
"Ariadne, vieni."
La ragazza salutò tutti con un gesto della mano, dopodiché seguì Tommy verso la palestra. Aberama gli aveva indicato un ingresso secondario sul lato ovest, laddove un cancello malandato chiudeva una vecchia cabina di guardia.
"Pendi di sparare al lucchetto?" chiese lei.
"Se sparo attiriamo l'attenzione, genio."
Tommy si piegò sulle ginocchia, tirò fuori dal taschino della giacca una minuscola pinza e iniziò ad armeggiare con il lucchetto. Era un bravo scassinatore, suo zio Charlie gli aveva insegnato a forzare qualsiasi tipo di serratura perché diceva che poteva tornare utile in qualsiasi momento.
"Entra."
Ariadne rimase stupita quando il cancello si spalancò, si infilò dentro e aspettò che Tommy sistemasse il lucchetto per non destare sospetti. Per loro fortuna la porta della cabina era aperta, quindi poterono entrare senza problemi. Anche allora Tommy si adoperò per bloccare la maniglia con un tubo arrugginito.
"Che schifo." Commentò Ariadne.
La cabina non era molto grande, a stento ci entravano due persone. C'era una scrivania dotata di megafono, una poltrona ormai logora e un frigo spento ospitava bottiglie andate a male. Tutto era ricoperto da una spessa coltre di polvere e l'aria odorava di cenere e di chiuso. Tommy dalla finestrella sopra il frigo controllava la strada per accertarsi che non fossero pedinati.
"Questa in passato era una torretta di guardia perché l'edificio era una delle tante sedi militari di Birmingham. Dopo la guerra i soldati hanno lasciato il posto ed è stato occupato dalla gente che ora fa affari."
"Interessante." Disse lei.
Ariadne si guardava attorno spaesata, non voleva toccare niente e allora si portò le braccia al petto.
"Non ce ne frega un cazzo della storia di questo posto. Ci basta solo stare al sicuro per un po'."
Il volto della ragazza si accese di speranza, sembrava quasi illuminare la stanza.
"Hai trovato una soluzione?"
Tommy non osò guardarla, faceva troppo male riempirla di promesse fasulle.
"Forse. Dipende da come andranno le cose stanotte."
"Beh, ci sono anche opzioni a cui ho pensato." Disse Ariadne.
"Sei pericolosa quando pensi." Replicò lui.
Tommy si accese una sigaretta nella speranza di allentare i nervi, ma era oppresso dai sensi di colpa e dall'ansia.
"Puoi evitare di fare lo stronzo per cinque minuti?"
"No."
Ariadne sbuffò ma poi ridacchiò, era troppo stanca per fare la finta offesa.
"Stupido Shelby."
"Non vive a lungo chi mi dà dello stupido."
Tommy si sedette sulla poltrona senza preoccuparsi della polvere e continuò a fumare mentre osservava la ragazza curiosare qua e là.
"Non mi ucciderai, Tom."
"Ne sei sicura?"
Ariadne sorrise con malizia.
"Ti piaccio troppo."
Lui incassò quel colpo in silenzio, riportò gli occhi sulla finestra e arricciò le labbra.
"E' questo che credi?"
"E' questo che so." Lo incalzò la ragazza.
I sensi di colpa tornarono a tormentare Tommy. Avrebbe voluto spaccarsi la testa pur di non sentire quella voce che gli ripeteva che stava commettendo un errore.
"A quali opzioni hai pensato?"
Ariadne rimase delusa da quel cambio di argomento, ma ricordò a se stessa che lui era un uomo sposato e che una ragazzina non avrebbe potuto smuoverlo.
"Potrei tornare a Londra e riprendere l'identità di Judith Leyster. Trovare un altro lavoro come cameriera non sarebbe tanto difficile."
"Non funzionerebbe. L'identità di Judith è saltata, non hai nessuna copertura. Tua madre e Lucius conoscevano ogni aspetto della tua vita a Londra. Saresti comunque spiata."
"Oh ... non ci avevo pensato."
Tommy chiuse gli occhi per un istante perché non riusciva a sopportare la tristezza nello sguardo di Ariadne. Era come assistere ad un numero circense dove l'acrobata sulla corda si schianta al suolo.
"Altre opzioni?"
"Potrei scappare in America e nascondermi per il resto della mia vita."
"Non funzionerebbe neanche questo. Dovresti imbarcati con il tuo nome e la tua famiglia riuscirebbe a trovarti. Altre idee stupide?"
Ariadne aggrottò la fronte e piantò i piedi a terra, sembrava una bambina arrabbiata.
"Non sono brava a ideare piani, va bene? Questa vita non c'entra niente con me! Sono stata ingiustamente tirata in ballo contro la mia volontà. Io volevo solo studiare e vivere una vita tranquilla."
Tommy si alzò di scatto e si girò di spalle, più la guardava e più stava male. Stava per mettere in gabbia una ragazza giovane, piena di sogni e di speranze, che meritava quella vita che tanto desiderava.
"Mi dispiace."
Ariadne si addolcì per la tenerezza nella voce di Tommy. Non le aveva mai parlato così.
"Non è colpa tua."
"E' colpa mia. Mi odierai per quello che sto per farti."
In quel momento Ariadne capì che il piano di Tommy doveva prevedere una fine tragica per lei. Si accasciò contro la parete e si strinse nella giacca come a volersi difendere.
"Che cosa hai fatto?"
Un fascio di luce illuminò la finestra per pochi secondi, i quali furono sufficienti per mettere Tommy in allerta.
"Quell'auto ha fatto già due giri intorno al quartiere. Forse è quella che stava dietro di noi."
Ariadne scostò ciò che restava della tenda e vide l'auto che si muoveva piano fra i palazzi.
"Pensi che ci stiano seguendo?"
"Può darsi. Dobbiamo andarcene da qui. Muoversi a piedi sarà più facile."
"E dove andiamo?"
Tommy controllò il caricatore della pistola e la puntò contro la porta nell'eventualità che qualcuno gli venisse incontro.
"A due isolati da qui c'è la Chiesa di Saint Anne."
"Ho notato una scala antincendio quando siamo arrivati. Si trova sul retro dell'edificio, potremmo andare via da lì senza essere visti." Disse Ariadne.
"Proviamoci. Resta vicino a me."
Tommy tese la mano e Ariadne la strinse, dopodiché insieme lasciarono la cabina. Era buio e si vedeva poco, solo un misero lampione illuminava a malapena la strada principale. L'auto non c'era, pertanto si mossero velocemente per raggiungere l'altra faccia della palestra e usare la scala antincendio. Tommy strattonò Ariadne giù per le scale, la presa sulla mano della ragazza era così forte che le nocche stavano diventando bianche.
"Di qua." Sussurrò Ariadne, indicando la guglia della chiesa.
Tommy imboccò un vicolo sudicio e stretto e mantenne la pistola sollevata per qualsiasi evenienza. Superarono i due isolati senza intoppi ma ora la parte difficile era accedere alla chiesa senza fare troppo rumore.
"Tom, la macchina è in fondo alla strada."
"Non c'è modo di entrare nella chiesa." Replicò Tommy.
Ariadne diede uno sguardo in giro per trovare un nascondiglio all'ultimo minuto. Nel frattempo i fari della macchina sconosciuta avanzavano nella notte come due occhi gialli che ti fissano in mezzo alle tenebre.
"Non abbiamo tempo!" sbraitò Ariadne.
Tolse la pistola dalle mani di Tommy e usò il calcio dell'arma per colpire la serratura del portone. Colpì il pomello fino a quando non cedette e un'anta si spalancò.
"Impressionante." Commentò Tommy.
"Muoviti, entra! Sbarra il portone."
Tommy spinse un banco contro il portone e Ariadne si lasciò cadere sulle scale dell'altare. Le piaceva la fragranza di incenso disseminata nell'aria, l'unica nota positiva di quella nottata.
"Qui dovremmo essere al sic-"
"Parla." Disse Ariadne, la voce ferma e profonda.
I raggi della luna colpivano le vetrate colorate della chiesa e i colori si riflettevano sul marmo bianco del pavimento. Un raggio attraversava la tunica rossa di un Apostolo riflettendo una pozza rossa simile al sangue.
"Non ti posso dire niente per ora perché non so se il mio piano andrà a buon fine. Lo scopriremo solo quando usciremo da qui. Spera che Arthur riesca a trovare ciò che ti serve."
Ariadne sospirò, era stanca sia fisicamente che mentalmente. Si portò le ginocchia al petto, rannicchiandosi come quando era bambina e aveva un incubo.
"Mi piaceva essere Judith, sai. Lei era tutto ciò che volevo essere. Lei era migliore di me."
"Eri sempre tu." Disse Tommy.
"No. Judith era una bugia. Bellissima e confortevole, ma pur sempre una bugia."
Tommy occupò un posto sulla prima panca, da lì poteva controllare le finestre laterali e anche il portone.
"A volte le bugie servono."
"E come fai a capire che è il momento di fermarsi?"
Ariadne non gli sembrava più così giovane, anzi pareva che secoli e secoli pesassero sulle sue spalle.
"Non sempre lo capisci. Io non mi sono fermato da quando ho iniziato."
"Tu in fondo sei un brav'uomo, è solo che hai fatto le scelte sbagliate." Disse Ariadne.
Tommy prese a giocare con l'orologio da taschino pur di non guardarla. Gli occhi ambrati di Ariadne gli scavavano dentro e faceva terribilmente male.
"Sono soltanto uno stronzo che ha molti soldi. Non sono un granché."
"Uno stronzo che sta aiutando una mezza sconosciuta."
"Una mezza sconosciuta molto fastidiosa." La schernì Tommy.
Ariadne ridacchiò, poi tornò subito seria.
"Qual è la prossima mossa? Se Arthur non si fa vivo, che facciamo? Non possiamo scappare per sempre."
"La città è pattugliata dagli Scuttlers e dai Blue Lions, e sarà così fin quando non ci troveranno. Se Arthur non dovesse farsi vivo, dovremmo allontanarci da Birmingham."
"Come? Il canale e la barca di tuo zio di certo sono sotto sorveglianza."
Tommy si accese una sigaretta e si passò una mano fra i capelli, era sempre più nervoso col trascorrere delle ore.
"Pensi che quella sia l'unica barca di mio zio?"
"Giusto, tu hai sempre un asso nella manica!" disse Ariadne con un sorriso.
"Tommy Shelby vede e provvede."
"Non bestemmiare in chiesa." Lo rimproverò lei in tono scherzoso.
Tommy abbozzò un piccolo sorriso. Si accorse che Ariadne si massaggiava gli occhi arrossati e ogni tanto sbadigliava.
"Dovresti riposare un po'. Puoi sistemarti su una panca."
Ariadne, però, si sdraiò accanto a lui e poggiò la testa sulle sue gambe.
"Sei comodo, Tom. Sei morbido."
Tommy la osservò dall'alto e le accarezzò un riccio ramato sfuggito dall'elastico.
"Mmh."
Ariadne chiuse gli occhi e si addormentò con Tommy che le accarezzava dolcemente i capelli.
"Ariadne, svegliati. Sei andata in letargo?"
Ariadne sbadigliò e si stiracchiò come un gatto, aprendo gli occhi gradualmente per abituarsi alla luce.
"Svegliati, dai. Mi stai bloccando la circolazione." Si lamentò Tommy.
La ragazza si mise seduta e Tommy si alzò per scuotere le gambe atrofizzate.
"Hai dormito un po'? Hai una pessima cera." Disse la ragazza in uno sbadiglio.
In realtà Tommy aveva sonnecchiato a stento per un'ora, per lui era impossibile riposare mentre il pericolo incombeva come una spada sulla testa. E poi ammirare Ariadne dormire serena era stato di gran lunga più interessante. Quei pensieri lo facevano sentire un adolescente alla prima cotta, e si odiava per questo.
"Ho dormito poco. Sono le cinque e Arthur non si è fatto vedere. Devo chiamarlo per capire il motivo di questo ritardo. Nella sagrestia dovrebbe esserci un apparecchio telefonico."
Ariadne si lisciò le pieghe della camicetta ormai sgualcita e si aggiustò i capelli in uno chignon.
"Se mi lavo la faccia con l'acqua santa sembra brutto?"
Tommy la fulminò con lo sguardo, però stava facendo il possibile per non ridere.
"Tu hai dei problemi, ragazzina. E comunque puoi usare il bagno della sagrestia."
Giunti in sagrestia, la ragazza andò dritta in bagno e Tommy chiamò il Garrison.
"Qui parla Margar-"
"Sono Tommy. Dov'è Arthur?"
"E' nel privè con un ragazzo riccio." Rispose Margaret.
Tommy socchiuse gli occhi, il ragazzo riccio doveva essere Julian e ciò significava che quella faccenda stava volgendo al termine.
"Riferisci ad Arthur che ci vediamo a Brum."
"D'accordo."
Tommy mise giù la cornetta con un ringhio a metà tra la rabbia e l'irritazione.
"Cos'è Brum?" volle sapere Ariadne.
Si era sciacquata la faccia con l'acqua fresca e ora si sentiva più energica, anche se le occhiaie raccontavano notti insonni.
"Brum è la città vecchia, la parte più antica di Birmingham."
"Come usciamo dalla chiesa? L'auto che ci seguiva ieri può essere ancora qui."
Tommy ispezionò la strada da una delle finestrelle, non vide e nulla e annuì.
"Ed è per questo che useremo il prete per uscire."
"Il prete?"
Ariadne si voltò quando sulla soglia della sagrestia comparve il prete, un uomo anziano con i baffi spettinati e la faccia rubiconda.
"Chi siete? Che ci fate qui?"
Tommy inserì la sicura e puntò la pistola contro il prete, che sbiancò alla vista della canna poggiata sulla fronte.
"Ora prendi il tuo fottuto furgoncino e ci porti lontano da qui."
"Voi chi siete?" ripeté l'uomo in preda al panico.
"E' un ordine dei Peaky Blinders."
Ariadne borbottò all'ennesima buca che le faceva sbattere la testa contro il tettuccio del furgone. Mentre il prete stava alla guida, lei e Tommy erano confinati nel retro del mezzo che era fatto per contenere una sola persona. Erano schiacciati l'uno contro l'altro tanto che Ariadne poteva sentire il cuore di Tommy battere contro la spalla.
"Non credi di essere stato troppo brusco col prete?"
"No."
Tommy mosse un braccio e la sua mano finì sulla coscia di Ariadne.
"Sei un dannato stronzo." Disse lei, ridendo.
Il furgoncino prese l'ennesima buca che fece ribaltare le posizioni, e così Ariadne cadde direttamente addosso a Tommy. Lui grugnì per aver sbattuto la testa.
"Sei pesante."
"Scusami se non sono leggiadra come una gazzella."
La ragazza gli premette le mani sul petto facendo leva per rialzarsi. Tommy emise un verso strozzato dal profondo della gola.
"Spostati."
"Ti ho fatto male? Non ti ho mica rotto le costole?"
Tommy ghignò per l'espressione preoccupata di Ariadne, le si formava una ruga sulla fronte quando era in ansia. Lei provò di nuovo a cambiare posizione e Tommy emise quello che sembrava un gemito.
"Ariadne, togli il ginocchio destro."
Solo allora Ariadne capì che il suo ginocchio toccava l'inguine di Tommy ogni volta che si muoveva. Rossa in viso per l'imbarazzo, rotolò di lato e si appiattì contro la parete. A salvarla dalla vergogna fu il furgoncino che rallentò fino a fermarsi.
"Siamo arrivati." Disse il prete, la voce ancora impaurita.
Ariadne si mise carponi per arrivare alla maniglia e uscire, ma lo sguardo di Tommy non era d'aiuto.
"Mi stai fissando ancora."
"Sei davanti a me, è ovvio che ti sto fissando."
La ragazza per un pelo non capitolò per terra, fece in tempo ad aggrapparsi alla mano di Arthur tesa verso di lei.
"Cazzo sei, un bisonte?"
"Voi Shelby siete soliti fare cattivi commenti sul peso delle signore?"
"Solo quelle con i capelli rossi." Disse Tommy dietro di lei.
Brum era un ammasso di ruderi, vetri rotti e edifici crollati. I bidoni della spazzatura riversavano caterve di rifiuti per le strade, la puzza era tremenda.
"Io faccio quattro chiacchiere con il prete, voi andate avanti." Disse Arthur.
Tommy afferrò Ariadne per il gomito e gentilmente la fece incamminare verso quella che un tempo era stata una banca.
"Ucciderà il prete?"
"Gli darà dei soldi per farlo stare zitto. Nessuno sospetterà che un prete abbia scortato due fuggitivi."
La ragazza rimuginò su quelle parole.
"Fuggitivi. È questo che siamo?"
"Non per molto."
I passi successivi furono compiuti in silenzio. La zona era tetra, neanche il cielo azzurro limpido riusciva a rischiarare l'atmosfera. Sembrava uno di quei luoghi loschi in cui Sherlock e Watson finivano per indagare e magari a trovare un cadavere.
"Aspetta."
Tommy arrestò il passo e fece un giro su se stesso per guardare la ragazza.
"Che c'è? La tua libertà è a meno di un metro."
"Io voglio baciarti."
"Ariadne ..."
"Sta zitto."
Ariadne lo afferrò per il bavero della giacca e lo baciò senza indugiare oltre. Voleva provare ancora una volta quel brivido di piacere che provava quando si baciavano. Se la sua vita stava per cambiare, voleva portare con sé quel dolce ricordo. Tommy la strinse forte quasi volesse imprimere fra le proprie dita la forma e la consistenza del suo corpo.
"Prendetevi una stanza!" gridò Arthur, baldanzoso.
Ariadne si staccò e sorrise, ed era così bella che Tommy sentiva dolore fisico solo a starle così vicino.
"Andiamo."
Quando entrarono nella banca, la puzza era minore ma ogni superficie era coperta da polvere e calcinacci di ogni tipo. I lampadari erano franati e sul pavimento distrutto erano disseminati vecchi pezzi di lucernari.
"Ariadne!"
"Jules!"
Ariadne si fiondò fra le braccia del fratello, affondando la guancia nel suo petto per annusare il familiare odore di casa. Julian col suo metro e ottanta riusciva a circondarla tutta con le braccia.
"Mi sei mancata, Aria. Stai bene?"
"Sto abbastanza bene. E mi sei mancato anche tu!"
"Hai quello che ti ho chiesto?" fece Tommy.
Julian sciolse l'abbraccio e indietreggiò per prelevare una cartellina dalla valigetta che aveva rubato a Eric.
"C'è tutto."
Tommy lesse rapidamente i fogli, annuiva e assottigliava gli occhi quando leggeva le parti in piccolo.
"Bene, c'è tutto."
Ariadne si morse le labbra, una strana sensazione le scombussolava lo stomaco.
"Che succede? A che servono quei fogli? E perché serve la mia firma?"
Tommy chiuse gli occhi e si passò l'unghia del pollice sulla fronte, era teso come una corda che presto si sarebbe spezzata.
"La soluzione che ho trovato è un matrimonio. Un altro matrimonio."
"Un ... un matrimonio? Tom, non capisco."
Ariadne stava iperventilando, era sudata e tremava come una foglia. Julian le mise le mani sulle spalle per calmarla.
"Ssh, Aria. Il piano di Tommy non è malvagio come sembra."
"Io ... io non ... non capisco."
Tommy fece schioccare le ossa del collo come faceva quando si preparava a una lotta.
"Tu sposerai mio cugino Michael."
"No! No! No!"
"E' l'unico modo che hai per liberarti di Mick King. Se provi a scappare, ti trovano. Se cambi identità, ti trovano. Se ti rifiuti, a suon di botte ti portano su quel fottuto altare. Cerca di capire!"
Ariadne si tolse di dosso le mani del fratello e si appoggiò ad una colonna mezza franata.
"Sei un egoista! Tu mi vuoi nella tua famiglia perché ti fa comodo avere una Evans dalla tua parte. Un membro dei Blue Lions nei Peaky Blinders per te è un motivo di vanto. Riusciresti a soffiare la moglie a Mick King! Saresti l'idolo delle strade!"
Tommy si mosse in avanti ma Ariadne arretrò fino a mettere una certa distanza fra di loro.
"A te fa comodo diventare parte della famiglia. Io posso darti quello che vuoi. Tutto quello che vuoi. Vuoi tornare a studiare? Va bene. Vuoi una bella casa col giardino e un cane? Va bene. Vuoi un fottutissimo diamante? Va bene! Va bene perché sono Tommy Shelby e posso darti tutto!"
"Io voglio essere libera! Tu mi hai detto che devo scegliere da sola e ora mi togli la liberà di fare una scelta?"
"Non puoi scappare." Disse Julian.
Ariadne gli rivolse un'occhiataccia, era disgustata anche da lui.
"Tu chiudi la bocca!"
"Aria, ma non capisci? Nostra madre ti troverà ovunque andrai, anche in capo al mondo! Lo sai di cosa è capace."
"Quindi dovrei rinunciare alla mia vita perché nostra madre è un mostro?"
"Sì." ammise Julian, affranto.
Tommy intanto si era avvicinato e ora posava la mano sulla spalla di Ariadne.
"Non puoi risolvere questo ostacolo, puoi solo aggirarlo. Se entri nei Peaky Blinders, se diventi una della famiglia, nessuno oserà farti del male. Potremo proteggerti da ogni minaccia."
"Ho paura, Tom."
Tommy la prese per mano e ne baciò il dorso, le sue labbra era come fuoco sulla pelle.
"Guardami. Guarda me e non pensare a niente." Sussurrò lui.
"Tom ..."
Ariadne aveva gli occhi umidi, le lacrime si erano raccolte agli angoli degli occhi e combattevano per uscire.
"Michael non ti toccherà. Sarà tuo marito solo a titolo, ma di fatto non dovrete essere coniugi davvero. Sarai libera come vuoi a patto che accetti il cognome di Michael. Tutto qui."
"Perché mi fai questo?"
Era una bambina in quel momento e lui era l'uomo nero delle favole.
"Lo faccio per te."
"Lo fai per gli affari."
Ariadne gli diede uno strattone e tornò accanto a Julian, che aveva gli occhi lucidi come la sorella.
"Aria, mi dispiace. Vorrei ci fosse un altro modo."
"Dammi una penna."
Arthur le diede la penna e lei si chinò sul bancone crepato dell'ex banca per firmare. La cartellina conteneva il suo atto di nascita, i suoi documenti, le sue informazioni sanitarie e anche una piccola somma di denaro ceduta a Michael come dote. Scrisse velocemente il suo nome. Si era appena condannata ad una vita di sofferenza.
"Sposerò questo Michael."
Julian se ne stava con la fronte appoggiata al finestrino, con la città che sfrecciava al di là del vetro. Ariadne era seduta al suo fianco, immobile, sembrava una bambola di pezza. Il suo sguardo era smarrito, le mani strette in grembo, e la pelle pallida.
"Aria." La chiamò dolcemente.
Lei scattò quando Julian tentò di toccarle la guancia.
"Non toccarmi."
Tommy, seduto davanti accanto ad Arthur che guidava, concentrava l'attenzione sulla sigaretta perché non sopportava la vista di Ariadne.
"L'abbiamo fatto per te." disse Julian.
"Grazie per avermi venduta ad uno sconosciuto."
Tommy aveva bisogno della firma di Julian per stipulare il contratto matrimoniale in quanto era maggiorenne ed era il fratello della promessa sposa. Per Ariadne lui l'aveva tradita senza mezzi termini.
"Mi dispiace, non so che altro dire."
"Allora chiudi quella boccaccia." Ribatté lei.
Tommy gettò la cicca fuori dal finestrino e respirò l'aria fresca per un istante prima di ingaggiare un altro litigio.
"Ti accompagniamo nella tua nuova casa. Due giorni fa Arthur e Finn hanno comprato una palazzina a tre piani in Victoria Street. Ti piacerà, è una bella zona."
Ariadne non proferì parola, ma la furia nei suoi occhi la diceva lunga.
"Victoria Street è un bel posto. C'è anche una piccola libreria nei dintorni." Disse Julian.
"Magari mi cade un libro in testa e mi sveglio da questo incubo."
Victoria Street si trovava nello stesso distretto di Small Heath, e il Garrison distava solo quindici minuti da quella strada. Tommy ancora una volta voleva imporre il proprio controllo.
"Cerca di collaborare." La ammonì Tommy.
Ariadne si avvicinò al sedile davanti e parlò al suo orecchio con cattiveria.
"Non sarò docile come speri."
Il resto del tragitto fu dominato dal silenzio e da qualche sospiro, erano tutti stanchi e amareggiati. Quando si trovarono in Victoria Street, Ariadne individuò subito la palazzina perché era l'unica a tre piani. Tommy prese una boccata d'aria e si accese un'altra sigaretta, eppure tutta quel fumare non lo aiutava per niente.
"Julian recupererà la tua roba, vestiti e altro. A pranzo e a cena Margaret ti porterà da mangiare. Finn e un altro paio di uomini resteranno in strada per piantonare la casa e tenerti al sicuro."
Ariadne lo sorpassò, nessuna parola e nessuna occhiata, e infilò le chiavi nella toppa. Chiuse la porta prima che Julian o Tommy cercassero di entrare.
"Lasciatela da sola. Deve sbollire la rabbia." Disse Arthur.
"Io vado a piedi, ho bisogno di schiarirmi le idee." Disse Julian.
Tommy gli fece un cenno con la testa, montò in auto e si obbligò a non guardare la palazzina. Non poteva reggere l'odio di Ariadne un minuto di più.
Salve a tutti! 🧡
Tadaaan, ecco un nuovo matrimonio che peggiorerà le cose!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
Buon natale 🎅 ❤Ps. Victoria St. è davvero una strada di Birmingham nei pressi di Small Heath.
La chiesa di Saint Anne esiste davvero a Birmingham nel quartiere di Digbeth.
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INFERNO || Tommy Shelby
Fiksi PenggemarDurante un temporale Tommy Shelby trova riparo in una tavola calda di Londra che offre i pasti migliori di tutta la città. Qui conosce Judith, giovane studentessa che attira la sua attenzione. L'incontro fra i due segna l'inizio di una bizzarra amic...