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Se chiudo gli occhi posso ancora vederti, Hoseok.
Posso ancora vedere quelle immagini impresse nel mare profondo della mia memoria, e per fortuna che sono rimaste lì. È bello, così bello rivivere ogni momento, e fa così male, piccolo."Ti amo, Yoongi, ti amo tanto." furono le tue parole, eri così tenero, il tuo sorriso sembrava quello di un bimbo che richiedeva caramelle.
"Andiamo al mare?" domandasti, facendo gli occhi dolci. Avevamo 15 anni, eppure avevamo entrambi capito l'importanza di quel sentimento così puro. Era bello vederti correre verso il mare, mentre tenevo la nuova telecamera in mano, sperando di non farle fare un bagno nell'acqua gelida.
Adoravi farti riprendere da me, ma allo stesso tempo odiavi quando non entravo in acqua solo per farlo, e allora uscivi come un fulmine, prendevi la telecamera per riporla nella borsa.
Non c'era nessuno a quell'ora, ti bastava prendermi per mano e trascinarmi nelle onde congelate, facendomi salire "A cavalluccio" mentre imprecavo per gli schizzi gelidi sul mio corpo minuto, i raggi solari dell'alba che carezzavano le nostre pelli.
Ma tu, più di tutti, sei stata la mia Alba Jung Hoseok, forse non te l'ho mai detto come vorrei fare ora.
"Sta uscendo il sole, hyung, resta dietro di me, così non ti scotterai."Se penso ancora a quelle frasi, non posso fare a meno di sorridere, mentre una lacrima scende sul mio viso, al ricordo della tua voce melodiosa quando cantavi.
Fui io a spingerti a frequentare lezioni di canto, tu avevi paura di far sentire la tua voce. La scuola che frequentasti fu la stessa dove io imparai a suonare il pianoforte, e la mia musica accompagnò per lungo tempo ogni tua canzone, eri davvero bravo, gli insegnanti ti adoravano.
Avevi 17 anni, io 18.
Avevo appena festeggiato il mio diciottesimo compleanno, e mentre eravamo soli nell'aula di pianoforte, mi misi a cantare assieme a te.
Ti fermasti immediatamente, e per due minuti buoni tu rimasi fermo ad ascoltare quella voce che per tanto tempo io, come te, avevo tenuto in silenzio. Quando mi risvegliai da quella specie di trance, vidi un grande sorriso sul tuo volto, e quelle tre parole che mi scaldarono il cuore. "Cantiamo ancora insieme?"
Diventò la nostra valvola di sfogo, il canto. Accompagnata sempre dalle mie dita che accarezzavano delicatamente i tasti del pianoforte, vecchi amici di una vita, così come per te sembrava esserlo ogni passo che eseguivi quando, stanco di cantare, ti mettevi a danzare.
Sembravi quasi volare in certi momenti, concretizzando la mia più grande paura, quella di vederti volare via da me, volevo tenerti ancorato al mio cuore con tutta la forza che avevo.
"Non essere triste, hyung." dicesti, due anni dopo, quando ci salutammo in aeroporto.