Capitolo 1

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Il mercato quella mattina era uno spumeggiare di voci, colori e profumi. Erano arrivati ad Agradat molti nobili, molti mercanti di ogni genere e il rumore faceva quasi venire male alla testa.                                                                                                                                   
- Venite, venite! Da me i migliori datteri, i più freschi di Agradat!- gridò un uomo grassoccio a delle signore velate che camminavano poco più in là. Loro si fermarono a guardare la bancarella piena di ogni genere di frutto e iniziarono a contrattare fitto fitto.  
- Le migliori stoffe di Tes, oltre il deserto! A una modica cifra, signore.- si sentì da due vie più in giù. Due voci maschili iniziarono a urlare alla truffa e un paio di bancarelle finirono di vendere per quel giorno. Gioielli e arance si mescolarono sul pavimento sporco. Alcuni bambinelli sudici si affrettarono a rubare ciò che trovavano prima di essere scacciati in malo modo.                         
Dalla reggia si aveva una bellissima vista della città. La regina adorava tutta quella vita, adorava osservarla da distante, dalla sua camera dai muri arancioni e i teli trasparenti rossi e dorati, dalla finestra arabescata di fiori. Le case dal tetto piatto color ocra fatte di mattoni seccati al sole erano staccate le une dalle altre da delle viuzze piene di tende colorate di rosso, viola, blu e verde e screziate dai più mirabolanti e fantasiosi arabeschi. L'aria era carica degli odori delle spezie, del cumino, della curcuma e della paprika. Erano appena le nove del mattino, ma il deserto già imponeva il suo caldo torrido e le sue giornate perfette.         
Agradat era una cittadina per la verità molto piccola rispetto a ciò che c'era oltre il deserto dei Nubi ma era l'unica a prosperare perché unica a sorgere su un'oasi da cui nasceva uno degli affluenti del Reht, il Kashir. Sulle mappe, si trovava sulla Via delle Spezie, la via che prendevano i mercanti per portare i loro affari nel mondo. Quindi, era anche conosciuta con il nome di Città degli Scambi e Città senza popolo, per via del continuo via vai di persone. Alla regina quel nome non piaceva affatto, perché ad Agradat un popolo c'era, vivo e pieno di speranze per il futuro. E non vedeva l'ora che il gran giorno arrivasse, dopo averli delusi per così tanti anni. Da quando lei e suo marito si erano sposati, erano passati quasi dodici anni. Ricordava quel giorno a memoria, non perché fosse stato il più bello della sua vita, al contrario. Il loro era stato un matrimonio combinato per far cessare la faida fra soldati e stregoni. Ognuno di loro aveva cercato di prevaricare l'altro credendosi il più forte. Alla fine, mogli e streghe si erano accordate di nascosto e avevano fatto in modo che i rispettivi mariti arrangiassero un matrimonio combinato fra i figli dei due capi. Così era cominciato il periodo d'oro della città, non più scossa da guerriglie notturne e sangue da lavare sulle strade.
Ma lei aveva temuto fin dal primo giorno quel matrimonio. Suo marito la spaventava, era alto tre volte lei e grosso sei. Aveva quasi vent'anni e aveva già ucciso più di cento persone. Le cicatrici sulle sue scapole lo confermavano. Era tradizione che ad ogni anima presa, una parte del corpo dovesse essere martoriata per rendere omaggio. La pelle molto più scura della sua, piccola dodicenne intenta a imparare l'arte della magia, gli occhi truci e il fare burbero. Lo temeva.                                                                                         
Alla cerimonia lei era vestita di bianco, piena di gioielli dai capelli neri ai piedi. Camminava lentamente fra le due cerchie di persone, sua madre la guardava in silenzio con gli occhi rossi dal pianto. Nemmeno lei era stata davvero del tutto  consapevole a quello cui aveva destinato la figlia. Il rimorso le contorceva lo stomaco. L'atmosfera era lugubre, come quella di un funerale, nessuno rideva, qualcuno piangeva. Non sembrava un matrimonio. Lei e suo marito si erano scambiati gli anelli, lui aveva donato la dote al padre e l'aveva presa  in braccio. L'aveva portata sul cavallo e senza che nessuno dicesse una parola, si erano diretti verso la reggia. Lui si era rivelato estremamente dolce, in realtà. Aveva notato quanto stesse tremando e aveva sussurrato, sempre. Le aveva chiesto il suo nome, si erano presentati e lui aveva fatto apprezzamenti sulla sua acconciatura. Lei aveva sorriso debolmente. 
Alla vista del letto che avrebbero dovuto condividere, si era spaventata talmente tanto che aveva iniziato a piangere. Lui allora l'aveva lasciata riposare da sola e aveva dormito sulla sedia. E da allora le aveva lasciato il tempo di abituarsi all'idea, le aveva lasciato i suoi spazi e piano piano avevano imparato a convivere. Ma lei ci aveva messo molto tempo a rimanere incinta. Quasi dodici anni, appunto. Ma ormai era questione di ore.  
- Mia cara, già in piedi?- la salutò. Sì, ma certo che lo era. I dolori al ventre non la lasciavano di certo tranquilla. Sentì il torso nudo e muscoloso premere sulla schiena e le braccia forti la avvolsero piano. Le piaceva quella sensazione. Non sapeva se lo amasse o meno, ma di certo lo rispettava e gli voleva bene. Si limitò ad annuire e ispirare il suo profumo di loto e datteri.    
- Come stai?- il vento le mosse i capelli ricci e il vestito leggero verde menta.
- Bene. Tu? Il bambino?- lui strinse le mani sulla pancia gonfia e lei raggomitolò nell'incavo delle sue spalle. Gli sussurrò che mancava poco e lui si irrigidì e corse fuori a chiamare  le serve. Lei sorrise e lasciò che preparasse tutto lui. Era divertita nel vedere l'uomo che era stato in mille battaglie, che stava governando una città e che sapeva come uccidere qualcuno con un filo da cucito cadere nel panico per un bambino che stava nascendo. Lo guardò sdraiata sul letto mentre camminava freneticamente aspettando il gran momento.  
Da fuori arrivava il vociare degli abitanti ignari di tutto quello che stava succedendo al castello. E come potevano sapere? La casa del re era in cima a una collinetta, recintata da alte mura ocra e sorvegliata ai due cancelli da guardie armate fino ai denti di coltelli, scimitarre e nocche di ferro di Valke, una delle miniere di Tes. Si diceva che quel ferro fosse il più forte e resistente di tutto il mondo.  
- I migliori gioielli di Erbek, le migliori pietre preziose, signori! Lapislazzuli, smeraldi e rubini per le vostre mogli!-  
- Datteri! Datteri Freschi! Pesche, manghi e papaya per i vostri dolci, signore!-             
La regina prese la mano al marito. Il medico di corte, un omino dalla barba bianca e gli occhialetti a luna poggiati sul naso che sembrava il becco di un'aquila,  era arrivato, l'aveva fatta stendere sul letto fra i cuscini morbidi e le lenzuola leggere e aveva detto alle serve di asciugarle il sudore. Il ventre le faceva sempre più male e ora iniziava a preoccuparsi. Aveva visto moltissime donne nella sua condizione, e molte ne aveva aiutate ma non si era mai immaginata un dolore così forte. Nemmeno si era resa conto di star urlando, fino a che il medico non le disse di incanalare la forza degli urli nelle spinte.  
- Signora mia, sono le migliori zucche di ogni regno!- gridavano fuori. Nessuno nella camera ascoltava i mercanti fuori. Tutti trattenevano il fiato in attesa del primogenito della nuova stirpe, il primogenito del nuovo regno.      
Il sole stava sullo zenit quando la principessa nacque. Il re pianse dalla gioia e la regina non riusciva a smettere di ridere di felicità. La bambina era piccolissima, dalla pelle scura come quella del padre e gli occhioni neri della madre. Pianse a pieni polmoni e il medico fece notare quanto la sua salute promettesse. Poi le serve iniziarono a lavarle visino e le guance piene e morbide. Una di loro uscì di corsa dalla stanza e qualche minuto più tardi la tromba degli annunci iniziò a echeggiare fra le stradine di Agradat. Il mercato tacque, nessun uomo, donna e bambino osò muoversi fino a che non squillarono le tre note delle nuove nascite. E un grido all'unisono si alzò da ogni angolo, le madri abbracciarono i figli, gli uomini si congratularono gli uni con gli altri, i mercanti si affrettarono ad alzare i prezzi, che tutti, dato il lieto annunciò, erano ben pronti a spendere.     
La regina sorrise al marito. - Sentì, caro. Il popolo da il benvenuto a nostra figlia.-   
Lui le baciò la fronte. - La nostra piccolina farà grandi cose. Racchiude in sé la forza dei maghi e la resistenza dei guerrieri.-       
- La magia non è solo forza, è anche gentilezza. E lei sarà anche dolce, basta guardarla.- rispose la regina. Ed entrambi ammirarono la loro bambina con il cuore che scoppiava dalla gioia della sua perfezione. Fuori risuonava i canti delle donne e le grida degli uomini e dei bambini in onore della notizia.
- Come la chiameremo?- domandò il re.
- Xenia.-

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