Capitolo 5

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Il vento ad Agradat seguiva le stagioni. D'estate era leggero, sapeva di curcuma e sandalo, d'inverno era violento e sapeva di mandarini e menta. Ma il vento non portava solo profumi, correva per i vicoli, scombussolava i capelli ai bambini, alzava i veli delle donne e portava ristoro ai lavoratori; portava carovane di uomini, berberi incappucciati alla ricerca di acqua per continuare il loro viaggio,  monaci alla ricerca del senso della vita che camminavano attraverso il deserto cercando l'illuminazione o il segno del divino. Portava giovani madri, mogli di mercanti, schiave, donne fuggite alla ricerca dell'avventura.  Xenia adorava sbirciare dal balcone decorato da rampicanti e cercare di indovinare le storie di ciascuno.
Quella sera il vento portò squilli di trombe, il tonfo degli zoccoli dei cavalli e risate di uomini.
Lei e suo fratello si riunirono all'entrata del giardino. Entrambi sembravano due divinità scese in terra. Lui aveva i capelli lunghi raccolti, un giacchetta di lino bianco che lasciava intravedere il fisico scolpito e la cicatrice appena sotto le scapole, simbolo dell'unica vita che aveva spento fino a quel momento. Xenia aveva le trecce raccolte dietro la nuca, il vestito leggero le cadeva sui fianchi e lasciava davvero poco all'immaginazione.
- Papà ti ucciderá.-  
- Solo per il seno leggermente scoperto?- lo sbeffeggiò.    
- I pantaloni, Nia.- rispose lui in un sospiro. - Non li puoi mettere durante i ricevimenti, e lo sai.-
Xenia ridacchiò, e Elon la seguí, poi si diressero verso le stanze del banchetto. I corridoi color ocra erano così freddi, tutto d'un tratto. Le mani le tremavano, suo padre non era uno che amasse i colpi di testa. Un generale, sia nella vita che nell'istruzione dei figli. Mai un abbraccio, mai una carezza, qualche parola di conforto dopo una batosta in un duello, se eri fortunato. Per le smancerie c'era la mamma. Almeno, fino a che non era morta...         
- Xenia? Stai bene?- sbattè gli occhi. Davanti a lei si stagliava il gigante scuro e pieno di cicatrici. La voce bassa e preoccupata la prese alla sprovvista.  
- Chiedo scusa.- rispose smarrita. Alcuni uomini stavano seduti ai lati del basso tavolino, ancora vuoto. Uno sembrava un gambo di sedano, smilzo smilzo e con un ciuffo di capelli biondi alto sul campo; il secondo teneva il petto villoso chiuso in una camicia di lino grezzo e un corpetto di pelle scura, e cercava di nascondere il sudore che gli imperlava la fronte; il terzo la osservava, non con fame come era abituata facessero gli uomini, ma con interesse. Sembrava dicesse "balla, fammi vedere di cosa sei capace" con lo sguardo. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. 
- Dicevo, questi sono i miei due figli, Xenia - e questa si inchinò - e Elon, il mio secondogenito.- e il ragazzo chinò il capo, con l'espressione indurita dal commento.
- Posso chiedere per quale motivo vi trovate a corte?- le luci che uscivano dai portacandele ballavano sui muri e sui visi degli ospiti creando una atmosfera particolare. I sorrisi diventavano ghigni e le ombre sui muri era quasi terrificanti.                                               
- Affari.- rispose lo smilzo. - Non ci siamo presentati, miei principi. Noi veniamo da molto lontano, da oltre il mare di Giada, immaginatevi. Siamo esploratori, alla ricerca di un posto dove passare la notte.-                                                                                              
- Perdonatemi, - si sentí dire Xenia. - avrei alcune domande. Quali sono i vostri nomi?E se siete esploratori, come vi siete annunciati con le trombe e coi cavalli? Avete molto denaro, per essere all'avventura... -                                                                                
Il re emise un ringhio molto basso. Poi chiamò la cena.

***

Un banchetto andava iniziando anche dall'altro lato del mondo, in una sala più austera, fatta di marmi e illuminata da un focolare in un braciere perfettamente circolare, ma con un'atmosfera decisamente più distesa. Per solo due figure, marito e moglie, re e regina. Stavano l'uno di fronte all'altro, in silenzio, nei loro abiti sontuosi e contornati dei servitori. Non c'era nessun rumore nell'aria, solo il ticchettio delle posate e dei bicchieri. L'uomo era ben piantato, sulla sessantina, capelli appena spruzzati di bianco e occhi stanchi. Sedeva come un soldato, mangiando in fretta il brodo con il pane, cercando di non creare troppe briciole e di non sporcare la giacca di velluto. La donna guardava dalla finestra. Tes iniziava a sonnecchiare, le case bianche assumevano un colorito rossastro al tramonto talmente bello da essere diventato famoso in tutto il mondo. I rumori calavano, il popolo si rinchiudeva in casa propria, soltanto il mare non smetteva di spingere e tirare le onde sulla costa, e il porto si stava svuotando. Dal castello era una bella vista, e molto quieta. I tempi della guerra erano passati da poco, la violenza dei mercenari era conclusa dato che erano alle direttive del re ora. La regina sospirò, con tutto quello che era successo, la sua promessa non aveva potuto che infrangersi.
- Moglie mia, il vostro naso è delizioso ma preferirei guardarvi in viso.- 
- Il mio naso è rotto, non è delizioso. Lo sapete che non ne sopporto la forma.-
- Beh ci avreste dovuto pensare prima di romperlo, se vi infastidisce così.-
La donna sorrise e incontrò lo sguardo del suo compagno. - Impertinente questa sera, Mio Re.- e rise assieme a lui. I servitori si scambiarono sguardi compiacenti, capendo bene come sarebbe finita la serata. Non parlavano mai a cena, se non per stuzzicarsi giocosamente.    
Le porte si spalancarono di colpo, facendo sobbalzare tutti quanti. Entrò un ragazzo di corsa, vestito di cenci, lurido e in lacrime. Continuava a guardare dietro di se come un cervo inseguito da un branco di lupi. Il re si alzò e aprí le braccia. - Ragazzo, che succede?- 
Lui sembrò accorgersi in quel momento di dove fosse capitato e si gettò con tutta la sua disperazione sul suo sovrano. - Vostra Maestá! Vostra Maestà!- gridava fra le lacrime.
- Calmati ragazzo. Che succede?- il re cercò di dare un senso ai borbottii del giovane senza riuscirci. - Ma insomma, per gli Dei Eterni, riprenditi!-
Le guardie reali che lo inseguivano, circondarono la sala chiudendo ogni uscita. Le armi puntavano incerte verso il sovrano, e altrettanto dubitanti le abbassarono al cenno del capo del re.                                                                                                                         
- Vostra Maestá! Vi prego!- piagnucolava intanto. - Vostra Maestà!-    
- Parla!-
- Io non so dove sono, non so come sia arrivato qui, vi chiedo aiuto!- 
La regina si portò la mano alla bocca, sconvolta. - Non ricordi?-
- Vostra Maestá, ve lo giuro, non mentirei mai alle vostre signorie!-  
I sovrani si scambiarono uno sguardo preoccupato. - Venditori di uomini a Tes?- sussurrò lei. Lui alzò le spalle corrucciato.              
- Bene. Per ora ti cureremo. Poi ci aiuterai a capire questa storia.-

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