Capitolo 8

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-Già di ritorno?- Giglio la aspettava seduta sul divanetto davanti alla finestra. Aveva raccolto i capelli biondissimi e indossava un kaftano rosa antico decorato di perline.
- Non sono particolarmente interessata a vedere degli estranei nudi.- commentò Xenia seccamente. Giglio sbarrò gli occhi e si coprì la bocca. - Non sono solo ballerine?! E voi le lasciate a palazzo?-
- Uh?- Xenia rimase interdetta dall'orrore sul volto della ragazza. - Non avete danzatrici voi a Erbek?-
- Si, ma ballano e basta.- rispose Giglio, incredibilmente disgustata.
Xenia si limitò ad alzare un sopracciglio. - La vostra vita sessuale deve essere estremamente triste.-
- Le donne che svendono il proprio corpo si nascondo. Come è giusto. E gli uomini che accedono ai loro segreti sono disgustosi. E di certo non un buon partito. -
- Ah.- sorrise aspramente Xenia. - Molto intollerante, come visione.-
- Una donna si preserva per il marito.-
- Preserva cosa, esattamente? Il proprio corpo? Perché non è possibile, c'è da lavorare se sei un cittadino, e se sei un soldato ti devi allenare. Il corpo si logora...-
Giglio la guardò come se fosse uno studioso che trova un esemplare di pianta a lui ignoto. - La tua purezza.-
Xenia la guardò altrettanto sconvolta. - La mia cosa? Che diavolo sarebbe?-
- Solo il tuo sposo può avere la parte più segreta di te.-
- E la parte più segreta di me sarebbe la mia vita sessuale?- Xenia iniziava a pensare che Giglio la stesse prendendo in giro, quindi sorrise aspettando che anche la ragazza scoppiasse a ridere. Ma lei rimaneva seria. - Quindi solo i mariti possono rubare la vostra purezza? Le mogli sono apposto?-
Giglio trasalì. - Le mogli?! Voi fate sposare donne con donne?-
- E uomini con uomini, certamente. Vuoi dirmi che voi non lasciate che le persone sposi o chi scelgono?- Xenia si passò una mano sulla fronte. Certo che nei monti sono proprio strani, si disse, tutte queste regole solo per innamorarsi, ma chi glielo faceva fare di complicarsi così la vita.
- Certe cose da noi si tengono nascoste.-
- E come fai a capire che ti piace se non lo provi prima?-
- Tu sei...- Giglio non riuscì a finire la frase, tanto era sconvolta. Xenia si irrigidì, sentí montare dentro di sé una gran rabbia, come quando suo fratello da piccola la prendeva in giro per non riuscire a montare a cavallo. - Ascolta bene, Giglio. Non mi piace questo tuo tono giudizioso nei confronti delle abitudini del mio popolo. Ti consiglio, se vorrai restare, di mandare giù il risposta che hai in gola e di abituartici. - poi si voltò dandole le spalle e iniziando a spogliarsi. - Puoi andare.- - Chiedo scusa, non accadrà più.- e se ne andò senza fare il minimo rumore.

Xenia rimase interdetta. Si sarebbe aspettata di più da una che lascia la propria casa e la propria patria per andare a servire reali di una diversa città. Ma in fondo, è difficile uscire dalle abitudini, pur cambiando stile di vita. Andò nel guardaroba, prese una tunica di lino, tolse i gioielli e sciolse le trecce. Il vento della sera era freddo, la fece rabbrividire.
Chiuse le finestre e uscì dalla stanza. Aveva ancora fame, avrebbe fatto un salto in cucina.
Le luci delle lanterne illuminavano i muri ocra. Una volta le lanterne erano di vetro colorato e ferro dorato, creavano delle immagini estremamente suggestive. Ora era tutto molto più asettico. La musica non risuonava più, probabilmente gli ospiti avevano spostato le loro attenzioni su altri sollazzi.
- Meglio per loro, giusto?- non si era accorta della figura che le veniva incontro fino a ché non aveva parlato. Era uno dei mercanti, quello che di più l'aveva incuriosita. Dopo le prime presentazioni formali, non lo aveva guardato. Era ben piantato, non molto alto, dalla pelle olivastra, barba e occhi scuri. Uno come tanti. Eppure aveva uno sguardo stranamente magnetico.
- Prego?-
- Avete notato l'assenza della musica. Meglio per loro, no?-
Xenia aveva visto molti serpenti in vita sua, e di certo quello non lo era, ma per qualche ragione continuava a pensare "serpente, serpente". - Mi domando come mai voi sire non siete con loro. Le nostre dame non sono di vostro gradimento?-
Lui ridacchiò sotto i baffi. - No, al contrario. Ma non sono ciò che desidero.-
- Abbiamo anche dei bravi giovani, se è ciò che desiderate.-
Lui scoppiò a ridere. Aveva una risata limpida, veramente allegra, pensò Xenia.
- Ma che devo fare per potervi dare del tu?-
Oh. Capito, pensò la principessa. È me che vuole. - Presentarvi, magari. Non avete detto i vostri nomi, a cena.-
- Non li avete chiesti.-
- Non è educazione chiedere a degli ospiti di presentarsi.-
- Lo so. Ad ogni modo, il mio nome è Jasomé. - e tese la mano.
- Piacere di conoscerti.- Xenia la strinse senza troppi fronzoli. - Come mai giri per i corridoi da solo?-
Lui si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli, e fece una smorfia come chi sa di averla combinata grossa e cerca di minimizzare. - Non voglio certo dire che il vostro intrattenimento è stato orrendo, anche perché non sarebbe vero...-
- Ti annoi?-
- Già. Speravo di riuscire a visitare il giardino ma non so come fare...-
- Se mi lasci andare alle cucine per un bicchiere di latte e spezie, poi ti accompagno nel giardino.-
- Latte e spezie? Sembra buono, potrei averne uno anche io?-
- Seguimi.- i due si incamminarono per i corridoi. Le pesanti porte di ingresso di legno scuro erano chiuse di notte, ma dalle finestre si vedeva la città con tutte le fiaccole accese e i rumori di festa, di bicchieri sbattuti sui tavoli e di risate grossolane. Il profumo di alcol e datteri si faceva strada fino al primo piano della reggia.
- Nel latte che tipo di spezie ci vanno?-
- Puoi scegliere fra cardamomo, zafferano e noce moscata. E ci si può aggiungere poi acqua di loto, arance o datteri. O ci inzuppi i datteri secchi. Il latte è caldo quindi ha un buon sapore e non fa venire male allo stomaco.-
- Beh, sembra buono.-

Xenia considerava il giardino la parte più bella del palazzo. Si trattava di una ricca foresta, se mai se ne potesse vedere una nel deserto, con altissime palme da frutto e uccelli che cercavano ristoro. Circondava quasi completamente il palazzo e sgorgavano persino fuori dalle mura verso la città. I vicoli interni a volte coperti dalle foglie di rughette e lilie portavano a due tamarindi giganti che davano ombra e profumavano l'ambiente di legno e primavera. Era un ambiente estremamente pieno di vita e calmo al contempo. I rumori della città sembravano ovattarsi, e la tranquillità pervadeva ogni persona che vi camminava. E di notte venivano accese piccole fiaccole per permettere di vedere il passaggio, quindi tutto assumeva un'aria incantata, come un giardino pensile delle fiabe.
- Quindi Xenia, raccontami di te, deve essere bello stare qui.- la luce del fuoco illuminava parzialmente i due giovani, risaltando la pelle scura di lei e gli occhi brillanti di lui. Sembrava quasi un quadro.
Lei lo guardò con una leggera curiosità. - Cosa vuoi sapere?-
- Beh, chi è Xenia, com'è essere la principessa della Città Senza Popolo, cosa fa una principessa nel tempo libero? Qualsiasi cosa. Tutto quello che vuoi raccontarmi.-
La ragazza alzò un sopracciglio. - Credi che sia divertente vivere qui.-
- Non lo è?-
- Non so come sia vivere in altri posti. E di certo tu ne avrai viste a milioni, dato che sei un mercante. Quindi, non credo staresti bene qui.-
Jasomé la guardò stupito. - Si vede, eh?-
Xenia rise. - Jasomé, non puoi far partire una conversazione dicendomi che non ti interessano le più belle donne di Agradat, e chiedermi di vedere il giardino da soli, e poi aspettarti che non colga cosa stai facendo. -
Il ragazzo rise colpevole e si ripassò una mano fra i capelli. - Va bene, va bene. Chiedo scusa per la mia impertinenza, principessa. Ma puoi biasimarmi?-
- No, assolutamente. Mi stavo anche divertendo, sei bravo nell'intavolare discorsetti. Ma ti è andata male, con me non funzionano.-
Lui alzò le spalle e entrambi risero, come due vecchi amici ridono dopo una birra. - Però ora sono curioso. Non è divertente vivere qui?-
- Non saprei. Ho sempre vissuto a palazzo, circondata da oggetti preziosi e collaboratori. Ho dovuto aiutare mio padre a tenere in ordine la città, e mi sono allenata spesso con mio fratello. E le mie giornate finiscono con l'essere tutte uguali.-
- Perché non te ne vai?-
Xenia sbuffò, fece un cenno al palazzo e rimase in silenzio. Pensierosa.

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