Capitolo VI

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Vorrei aggiustare il tutto, togliere le nuvole grigie dalla tua vita

Il modo in cui i suoi occhi mi cercano quando si è calmato, smuove qualcosa in me che pensavo di aver perso dopo aver assistito Chanyeol per dieci anni della mia vita

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Il modo in cui i suoi occhi mi cercano quando si è calmato, smuove qualcosa in me che pensavo di aver perso dopo aver assistito Chanyeol per dieci anni della mia vita.

Ho di nuovo la voglia di far sentire bene una persona, non solo per lei stessa ma anche, egoisticamente, per me.

"Come va la testa?" Chiedo a bassa voce facendo un piccolo sorriso.

Lui si scosta completamente da me e si alza. Per poter guardare la sua espressione devo alzare gli occhi, tanto che la mia schiena finisce per toccare quasi completamente il gradino posizionato dietro di me.

"Scusa, non volevo ..." Afferma imbarazzato. La voce bassa e roca, più il naso tappato a causa del pianto, mi fanno un certo effetto.

I nostri sguardi s'incontrano di nuovo, questa volta lo vedo al contrario e il fatto che anche così lo trovo piuttosto attraente mi fa strizzare le budella.

Ho paura, affermo mentalmente. Ho paura che possa farmi molto male questa volta.

Di solito non passano neanche due giorni e trovo subito dei difetti della persona che mi piace. È stato così per tutti, e tra quei tutti c'è anche il mio migliore amico, Seora e Jaebeom.

I miei occhi però, quando vedono Hwang Suho, lavorano in maniera completamente diversa: tutto ciò che fa o qualsiasi sua particolarità l'apprendo in maniera positiva per poi elaborarla così bene da non riuscire a dimenticarla.

La sua scarpa si scontra col cemento producendo un rumore più forte rispetto a quelli che ci circondano mentre le sue mani grandi sfiorano la sua faccia pallida per poterla asciugare.

"Perché no? Non hai fatto niente di male." Affermo. Mi metto una mano sul collo quando comincia a formicolarmi e alla fine mi alzo.

Siamo di due altezze completamente differenti: io sono un bassotto nano e lui un alano. Da lontano potrebbe sembrare la parodia di qualche anime giapponese.

"Di solito non peso sulle altre vite." Mormora ancora. Si mette le mani nelle tasche dei suoi jeans e nasconde il mento dentro la felpa. Noto solo adesso che ha ancora il grembiule del locale indosso e da questo capisco che non ha ancora finito il turno.

"A che ora finisce il tuo turno?" Chiedo innocentemente.

I suoi occhi adesso così scuri si puntano velocemente su di me e si ingrandiscono un poco di più. Questo suo modo di fare m'intenerisce così tanto che devo trattenermi dall'avvicinarmi e pizzicargli le guance che da qui sembrano essere sofficissime.

Guarda l'orario nel suo cellulare e poi ritorna ad osservarmi. "Alle undici." Dice.

"Okay." Annuisco lentamente. "All..." Sto per finire la frase, dirgli che lo aspetterò, ma qualcosa mi distrae.

Qualcuno per cui morireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora