Capitolo X

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Oro e pelle d'oca

Il tempo a Seul sembra star sempre più peggiorando e io, ovviamente, non mi sono ricordata di prendere un ombrello

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Il tempo a Seul sembra star sempre più peggiorando e io, ovviamente, non mi sono ricordata di prendere un ombrello. Sospiro per poi appoggiarmi all'unico termosifone presente nella stanza.

Il caldo che proviene dall'oggetto in ferro diventa quasi insopportabile mentre continuo a stare ferma attaccata ad esso, non ho però il coraggio di allontanare le mie mani e la mia schiena da questa fonte di calore.

Guardo l'orologio appeso poco lontano dalla scrivania dello studio affittato da Go Won e mi rendo conto che sono passati venti minuti ma della sua figura non c'è ancora traccia.

Magari è troppo impegnato. Magari si è dimenticato. Magari ...

Brontolo quando apprendo che sto inventando scuse perché ho troppa paura che quella persona mi abbia davvero preso in giro.

Sono davvero così disperata?

Passati altri dieci minuti in cui non ha neanche inviato un messaggio di avviso, decido che è arrivato il momento di prendere le mie cose e ritornare a casa.

Prima di andare però mi impongo di sistemare i tessuti che Dahyeun mi ha fornito ieri. Questo forse perché ho ancora la speranza affinché possa ebtrare da quella porta.

Sorrido quando mi ritorna in mente la felicità di Dahyeun nel mostrarmi le tele appena comprate.
Sono tessuti sia scuri che brillanti e soprattutto quel rotolo di colore glicine, che spunta nella pila ingente, mi attrae. Passo le dita nella parte morbida del rotolo e sono sorpresa quando noto che il tessuto è più morbido e grosso di quanto mi aspettassi.

Pongo l'ultima tela dentro la grande scatola in carta rossa e poi, con le spalle ricurve, prendo la mia borsa e mi avvio verso l'uscita.

È nel momento in cui mi sto accingendo ad uscire che un rumore mi fa saltare dallo spavento. Mi affaccio e mi rendo conto che una figura, che ormai conosco troppo bene, sta correndo come un fulmine verso di me.

I capelli neri, ormai diventati troppo lunghi, finiscono sui suoi occhi mentre si accascia vicino a me. Gli occhi seratti, le labbra socchiuse, le goccioline di sudore che impregnano il suo collo, il profumo ancora più persistente di ammorbidente, mi fanno restare senza parole per qualche secondo.

Lui invece, cerca inalare quanta aria più possibile mentre la sua mano si aggancia alla mia spalla e la stringe un poco, quasi avesse paura che scappassi da un momento all'altro.

È la seconda volta in meno di una settimana che lo vedo mentre ha il fiatone e questo mi fa ridere. "Sei vivo, hyung?" Chiedo lasciando la presa sulla borsa per allungare le mie braccia e tenerlo mentre si sta sempre più abbassando verso il pavimento.

"Dammi ..." Fa un respiro profondo e poi riprende a parlare: "Dammi due minuti per riprendermi." Afferma senza fiato.

Annuisco anche se sono consapevole che non mi può vedere dato che ha la faccia praticamente appiccicata al pavimento. "Che ne dici se entriamo dentro lo studio? C'è un divano dove puoi stenderti." Chiedo preoccupata che si possa davvero sedere sul marciapiede gelido.

Qualcuno per cui morireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora