Alone || OtaYuri

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Si ritrovava solo, di nuovo. Solo, con una medaglia dello stesso colore dei suoi capelli biondi e lucenti sbattuta in tasca, con il capo chino per celare le lacrime che scivolavano dalle sue guance e cadevano silenziose e al contempo assordanti sul pavimento grigiastro dell'aeroporto vuoto di Barcellona, quel Natale.

Aveva vinto il Grand Prix di pattinaggio sul ghiaccio, allora perché piangeva?
Aveva sbattuto in faccia a Victor che poteva arrivare all'oro anche senza di lui, allora perché piangeva?
Aveva reso suo nonno fiero, si era guadagnato migliaia di fan, aveva finalmente colto i frutti maturati con duro allenamento, allora perché piangeva?

Possibile che si fosse costruito così tanti scenari, in quella sua testolina ribelle, che un paio d'occhi scuri erano in grado di farlo piangere?
"Ci vediamo in aeroporto alle sette della sera di Natale, Yurio" gli aveva detto quel ragazzo alto, dai capelli corvini e la carnagione del colore della sabbia bagnata.
Possibile che ci avesse creduto? Possibile che avesse rinunciato a festeggiare la sua prima vittoria nella categoria senior con quelli che gli erano sempre stati accanto per giocarsi tutto sulle biglie scure che erano gli occhi di Otabek Altin?

Possibile, sì. Perché in quel momento, la tigre russa dei ghiacci era ridotta a un gattino bagnato di lacrime e tremante dal freddo, che malediceva - in modo sufficientemente colorito da allontanare qualsiasi ombra di tenerezza dal suo viso dolce e femmineo - le promesse del pattinatore kazhako.
- Coglione, stupido, tupoy, idiota d'un pattinatore, dannato pezzo di... -
Si stava riferendo a Otabek o a se stesso? Yurio non lo sapeva.

Ma sapeva che non l'avrebbe certo data vinta a Yakov, chiamandolo e implorandolo di venirlo a prendere, e sapeva anche che non voleva far preoccupare suo nonno facendogli la stessa richiesta. No. Avrebbe passato la notte in quell'aeroporto, in compagnia solo delle luci e degli addobbi natalizi che lo scrutavano da ogni angolo, come a dirgli: "Che ci fai qui? Non dovresti essere con qualcuno, stasera?"

Oh, sarebbe dovuto essere con qualcuno, quella sera. Ma quel coglione, stupido, tupoy, idiota d'un pattinatore, dannato pezzo di è-meglio-non-dirlo, a quanto pare, aveva deciso di dargli buca senza neanche avvisarlo. E Yurio si era ritrovato lì, a tremare come la più tenera delle foglie durante una tempesta, con in mano un regalo per una persona che probabilmente aveva dimenticato la sua promessa.

Le cuffiette assediavano le sue orecchie già da molto, imbrigliando i suoi nervi troppi vicini a crollare, e scorreva pigramente i profili social dei pattinatori che conosceva: Giacometti che festeggiava con Victor, il quale aveva Yuuri al suo fianco, immancabilmente; Georgi e Mila che sembravano essere riusciti a convincere Yakov e la vecchia strega fissata con la danza a ballare insieme; i fratelli San Crispino appiccicati come al solito. Niente di nuovo, se non che ancora non aveva visto nulla postato da Otabek.
Non che il moro fosse particolarmente attivo su quelle piattaforme, ma Yurio, da lui, si aspettava quanto meno una foto delle decorazioni natalizie. Meglio così, almeno non dovrò vederlo godersi la serata dopo avermi mollato qui.

Si stava quasi per appisolare, quando sentì dei passi frenetici e tutt'altro che adatti ad un pattinatore misurare il grande perimetro della hall dell'aeroporto a larghe falcate.
- Yurio! Yurio, sei tu, non è così? - urlava una voce trafelata in mezzo a concitati respiri.
Il biondo alzò gli occhi e vide Otabek.
- Tu...! - sibilò, strappandosi le cuffiette dalle orecchie e alzandosi in piedi. - Tu! Miserabile bugiardo! Schifoso sostituto di pattinatore incapace, sottospecie di cane puzzolente, tu! -
- Yurio... -
- E non chiamarmi Yurio! Mi hai mollato in mezzo a un aeroporto vuoto la sera di Natale, da solo, al freddo, quando potrei essere stato a mangiare pirozhki a casa mia in santa pace! -

- La... - iniziò a spiegare Otabek, cercando di recuperare il respiro. - La gomma... Auto... -
- Pensi di essere in grado di parlare la mia lingua o devo chiamare un interprete? Oh, peccato, non lo potrei fare comunque perché qui non c'è un cazzo di nessuno! -
- La gomma della moto si è bucata e non c'erano taxi stasera quindi ho dovuto ripararla prima di venire qui. - sputò fuori il moro, tutto d'un fiato, prima che quel petulante tigrotto lo interrompesse di nuovo.

𝚃𝚠𝚎𝚕𝚟𝚎 𝙳𝚊𝚢𝚜 𝚘𝚏 𝙲𝚑𝚛𝚒𝚜𝚝𝚖𝚊𝚜; multiship (oneshots)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora