CAPITOLO 1

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Mi chiamo Linnie Jenson.
Vi starete chiedendo che diamine di nome è Linnie? Sinceramente non lo so neppure io.

Mi definisco come un pacco postale, una lettera, una raccomandata, quello che volete voi. Perchè?

Perchè sono una nomade, viaggio sempre.

Mia madre, Olivia Jenson, fa l'assistente di volo; mio padre Ronald Jenson è un funzionario diplomatico.

Mia madre la vedo quattro mesi l'anno e in poche parole vivo con mio padre; si fa per dire.

Ho vissuto in Canada, Brasile, Italia, Francia, Giappone, Svezia, Australia e cosí via... Ma sono nata in America precisamente a New York.

Sono un po diversa dalla tipica adolescente modello, alta, alla moda, popolare anzi a dirla tutta sono un completo schifo.

Sono magrissima, anoressica, bionda, occhi verdi e di certo non alla moda.
Il mio sogno nel cassetto è diventare una scrittrice e imparare tutte le lingue del mondo (questo obbiettivo l'ho raggiunto alla tenera età di sei anni, m'inceppo ancora un pò con l'arabo però me la cavo), mi definisco un genio perchè capisco perfettamente la matematica e la fisica.

Insomma avete capito, non sono una normale, sono solo Linnie Jenson.

Sono su un aereo dell'American Airlines, la mia compagnia aerea preferita, le assistenti di volo sono tutte carinissime e simpatiche e alcune le conosco anche per nome, visto che ora mai vivo sugli aerei.

Questa volta sull'aereo c'è anche mia madre perchè è il periodo delle vacanze di primavera e stiamo tornando a New York.

Che bello vedere i grattacieli all' orizzonte, mi mancava questo paesaggio metropolitano; arrivando dalla precedente casa in Svezia è comprensibile.

"Un taxi ci attende fuori dall'aereoporto. Sbrigati!" sento mia madre urlare dalla cabina di comando dopo che tutti i passeggeri se n'erano andati.

Prendo velocemente le mie cose e mi incammino giú per la scalinata mobile, ogni volta che scendo dalla scalinata mi sento una diva di Hollywood e mi metto a incrociare i piedi come fanno le modelle famose.

Salgo velocemente nel taxi che stava già per partire.

Parte. In quel momento provo a immaginare come sarà il mio ritorno a Brooklyn, nel mio quartiere, Clinton Hill dove vive mia nonna Grace, che è come una seconda madre per me.

Quanto mi mancava il riflesso del sole sui grattacieli a specchio che mi punta negli occhi, mi fa sentire come quando ero bambina e salivo sul tetto di casa per osservarli.

Dopo un ora bloccate nel traffico di Manahttan, finalmente il taxi svolta sul ponte di Brooklyn e in pochi minuti arriviamo a Clinton Hill.

In lontananza vedo una porta rosa shocking e il numero civico 462, ero a casa.

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