CAPITOLO 19

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Li osservo ancora per qualche istante e poi mi giro dando loro le spalle.

Mi metto le mani sugli occhi che cominciano a riempirsi di lacrime quando sento una mano che mi tocca la spalla.

Faccio finta di dormire cercando di respirare piano.

"Vivian, lasciaci soli" sento Dan.

"Ma perché? Non puoi lasciarla stare? Sta già meglio, vieni a prenderti una cioccolata con me?" dice lei.

"Se sta piangendo evidentemente non sta bene! Lasciaci soli" risponde in tono severo.

Dopo qualche rumore di passi sento la porta sbattere e rimango immobile.

Ha capito che sto piangendo perché li ho visti baciarsi proprio sotto i miei occhi, non voglio che mi veda soffrire per lui, non se lo merita.

In fondo lui non mi ha mai dimostrato di volermi bene, si comporta come se io non esistessi, continua a starmi accanto anche se alla fine non mi dimostra il perché.

"Non volevo farti piangere, ha cominciato a toccarmi e baciarmi senza motivo".

"Non devi giustificarti, state insieme no? Potete fare quello che vi pare".

"Invece non possiamo" dice accarezzandomi i capelli.

Un brivido mi passa in tutto il corpo.

Ma che mi sta succedendo con questo ragazzo?

"Perché se ciò ti fa stare male, non possiamo".

"Smettila Dan! Smettila di prendermi ingiro!" dico scoppiando in lacrime.

Mi alzo dal letto per andare in bagno e sento il rumore della sedia che Dan ha rovesciato per afferrarmi il braccio prima di potermi chiudere dentro.

Ancora in lacrime lo guardo negli occhi ma rimango impassibile.

"So che sei anoressica, voglio aiutarti in qualsiasi modo possibile a farti stare bene e se stare con Vivian ti fa stare male allora non posso starci insieme".

Mi avvicino al suo viso e rimango a due centimetri dal suo naso, "Fai ciò che vuoi, io sto bene da sola!" dico sussurrando.

In quel preciso istante entra nella stanza nonna Grace, facendo cadere la borsa per terra mi corre incontro.

Dan molla la presa e esce velocemente dalla stanza.

"Tesoro! Stai bene??" mi chiede nonna Grace vedendo le lacrime sul mio viso.

"Si" rispondo asciugandole.

Dopo qualche minuto mi calmo e comincio a parlare con nonna Grace.

"Ho saputo tutto dai medici! Mi spieghi come è potuto accadere? Cosa ti spinge a farlo?" dice sconsolata.

"Tutto. La solitudine, il mio modo di essere, gli amici... l'amore" dico tenendo lo sguardo fisso sul muro bianco della mia stanza di ospedale.

"Per qualsiasi cosa sai che puoi contare su di me, te ne sei dimenticata?" mi chiede.

Continuo a tenere lo sguardo fisso sul muro e annuisco.

"I tuoi genitori stanno tornando, per starti accanto!" dice nonna Grace.

"Non li voglio vedere, non mi stanno mai accanto" dico in tono serio.

Solo quando sto male si ricordano di me? Neanche un messaggio, una telefonata, niente di niente.

"Tuo padre è già in viaggio dalla Germania, sarà qui stasera. Tua madre arriva domani dalla Cina, abbandonano il loro lavoro per stare con te, certo che ti vogliono stare accanto!".

"Per quanto devo stare qui?" dico rivolgendo lo sguardo a nonna Grace.

"Devi fare 1 mese di riabilitazione, mangiando 4 volte al giorno regolarmente. Ora vado in mensa a mangiare, ci vediamo dopo mangiato, per qualsiasi cosa chiamami" dice lei dandomi un bacio sulla fronte e uscendo dalla stanza.

Mi metto sdraiata sul letto e dopo 5 minuti entra l'infermiera per portarmi la cena.

Resta seduta aiutandomi a mangiare e controllando che finisca tutto il cibo sul vassoio, anche se fa veramente schifo.

Con fatica finisco tutto e già ho bisogno di vomitare.

"Prima di andare a dormire, nel parco dell'ospedale organizzano un torneo di volley, perché non giochi anche tu? Ti farà bene stare un po all'aria aperta" dice lei facendomi l'occhiolino e uscendo dalla porta.

In effetti non sono ancora uscita da questa stanza.

Non ho molta voglia di giocare a volley, ma posso comunque fare un giro nel parco.

Mi alzo lentamente e anche se in pigiama, mi dirigo verso la mensa per cercare nonna Grace.

Appena entrata mi guardo in giro e vedo tutti che mi osservano, probabilmente cercando di capire il perché mi trovo in ospedale.

Dopo qualche tavolo vedo nonna Grace parlare al telefono.

Comincio a camminare velocemente, per raggiungerla e dirle del torneo di volley, quando la mia attenzione ricade su un ragazzo pressoché della mia età che mi osserva mangiando le sue patatine fritte.

Sento i suoi occhi castani squadrarmi da capo a piedi e noto che la sua testa è priva di capelli.

Distolgo lo sguardo dal corridoio davanti a me e mi ritrovo una zuppa di pomodoro bollente rovesciata sulla maglietta.

Perfetto, ci mancava anche questa.

Il vassoio della persona di fronte a me cadendo attira l'attenzione su di me e tutti gli occhi della mensa sono puntati su di me.

"Ma guarda un po dove vai!" dice arrabbiato, il signore che portava la zuppa.

Cerco di pulirmi velocemente scusandomi con il signore che nel frattempo se n'era già andato.

Rivolgo lo sguardo a nonna Grace che corre verso di me chiedendomi se sto bene, ancora scossa cerco di individuare il ragazzo dagli occhi castani per vedere la sua reazione.

Lo vedo in parte il cestino intento a buttare la scodella di plastica contenente le patatine e a ridere a crepapelle dopo aver assistito alla mia figura di merda.

In questo momento voglio solo andarmene e comincio a spingere nonna Grace verso la porta d'uscita per tornare in camera.

Arrivata, finalmente, mi cambio subito il pigiama mettendomi abiti più casual, una canottiera nera e dei pantaloncini a vita alta di jeans.

"Tesoro ma a cosa stavi pensando?" dice nonna Grace ridacchiando mentre mi passa le converse rosse.

"Mi sono distratta un attimo, ti stavo venendo a chiamare per dirti una cosa" dico seria e anche un po scoraggiata.

Nonna Grace diventa subito seria, "Cosa devi chiedermi tesoro?".

"Stasera, mi ha detto un' infermiera, organizzano un torneo di volley nel parco dell'ospedale. Posso andare?" dico speranzosa.

"Certo! Però vengo anche io, se stai male come fai?" dice accarezzandomi.

"Come vuoi tu" dico contenta.

Mi fiondo in bagno, sciolgo i capelli, metto un po di mascara e il rossetto rosa di nonna Grace, voglio essere carina e fare un impressione diversa rispetto a quella che ho dato in mensa, quella di una imbranata cronica.

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