17 | La mia Anna

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L'amore è forse l'unico sguardo che ci è concesso dell'eternità.
-Helen Hayes




Gilbert sentì il pianto da lontano, sembrava esattamente come Jerry lo aveva descritto: un animale ferito in procinto di morire.

«Non sapevo cosa fare, mi dispiace disturbarti» disse, arrotondando le consonanti con quel suo accento francese.

Gilbert proseguì dritto, senza nemmeno ascoltarlo. Voleva solo vederla, voleva solo consolarla.

La scorse, dietro una balla di fieno, tutta rannicchiata e sommersa dal fieno e dalla sporcizia.

Il cuore gli si strinse in una morsa tremenda.

Era quasi partito quando Bash era arrivato di corsa, gli occhi rossi dalle lacrime e dal vento, la bocca secca per le parole che non aveva il coraggio di dirgli. Aveva guardato il cavallo dei Cuthbert e aveva capito che qualcosa di tremendo era successo.

«Anna» disse. Lei sembrò bloccarsi dal pianto ma non si mosse. Il vento soffiò una raffica tremenda e i vestiti di tutti si allargarono come burattini in balia del padrone. «Anna» ripetè.

Sentì un sussurro di parole ma non capì. Si avvicinò a lei, allora, e le poggiò una mano sulla spalla. A quel punto Anna alzò di scatto la testa e lo fissò. Aveva il viso deformato dal pianto, il naso screpolato, gli occhi verde smeraldo ancora più verdi intorno al rosso cremisi.

«Anna, va tutto bene»

Le labbra tremarono e altre lacrime cominciarono a sgorgare in silenzio. «Come... come fai a dire così?»

Lui la fissò, poi le prese tra le braccia. «Perchè lo so Anna, lo so. Andrà tutto bene»

Anna alla fine aveva smesso di piangere. Forse sollevata dalla presenza improvvisa di Gilbert, che reputava un fantasma -in fondo lui era partito no? Era tornato a casa sua chissà dove, chissà con chi- ed era finalmente rientrata dentro casa.

Marilla l'aveva guardata, dall'altra parte del salotto e aveva storto le labbra in una smorfia tremenda. 

L'aveva fatta piangere di nuovo. 

Le colpe di Anna sembravano peggiorare di ora in ora, di minuto in minuto.

Gilbert l'aveva spinta verso le scale, nella parte più nascosta della cucina. Si era accomodato sul primo gradino e l'aveva tirata giù accanto a sé.

Il calore improvviso della casa le aveva fatto diventare le guance rosse ed era davvero buffa con quei rossori sparsi per il viso. Le sorrise dolcemente e lei sembrò spaventarsi.

«Gilbert» lo chiamò, poi allungò la mano e afferrò la sua. «Ti sto sognando?»

Lui rise, una risata silenziosa e contenuta, come richiedeva l'occasione. «No Anna» rispose alla fine. «Sono qui»

«Come fai a essere qui?»

Lui alzò gli occhi al cielo, pensieroso, cercando di raggruppare il più possibile le idee. Perchè era li in effetti? Perchè non aveva continuato a caricare il carretto, voltando le spalle e lasciando Avonlea per sempre?

Lo sapeva che era un'opzione, forse la più ragionevole con Maryanne che lo aspettava a casa, nella sua fattoria del Kentucky, ma non ce l'aveva fatta.

Non era riuscito a scavalcare "quell'inceppo" nel cammino e continuare a far finta di non volere star lì, con Anne, per il resto della sua vita. Era estenuante recitare continuamente una parte. Prese un sospiro profondo e la guardò, prendendole le mani.

«Sono qui perchè non sono partito, sono qui perchè non vorrei essere da nessuna altra parte»

Ad Anna si riempirono gli occhi di lacrime, nuovamente. Questa volta, però, un lieve sorriso sbucò sulle labbra screpolate.

Poi si storsero di nuovo. Un pensiero fece capolino.

È colpa mia.

«È colpa mia se Matthew è morto» gli sussurrò. «L'ho fatto agitare. Mi stava dicendo di venire da te»

Gilbert le prese il viso tra le mani e la avvicinò a se. «Non dirlo mai più. Hai capito Anna? Guardami. Non dirlo mai più. Non è colpa tua se Matthew è morto. Lo sai anche tu. E lui non avrebbe voluto vederti stare così tanto male. Lui ti vorrebbe felice»

Anna pianse ancora, lacrime amare e salate. Ma non distolse gli occhi da quelli di Gilbert. Improvvisamente l'annebbiamento svanì. Anne pian piano ricompose tutti i pezzetti.

Gilbert era lì.

Si fissarono ancora un po' negli occhi. Poi Anna annuì. «Ok» sussurrò piano.

Le scosse leggermente la testa, la presa ancora salda sul suo volto. «Guardami, ripetimelo»

«Non è colpa mia se Matthew è morto. Mi avrebbe voluto vedere felice» ripetè come un automa. Gilbert non sembrò per niente convinto, ed a quel punto Anna abbozzò un sorriso. Non poteva mentirgli, non a lui. La conosceva troppo bene.

«È vero sai? Hai ragione. Mi avrebbe voluta vedere felice. È per quello che mi ha detto di venire da te. Sono contenta che non sei partito, sono cattiva a dire così? Sono crudele? Certo che lo sono, c'è una donna disperata da qualche parte che aspetta il tuo ritorno ed io sono così egoista da dire queste cose».

Anna abbassò lo sguardo ma Gilbert le scosse ancora la testa. Non l'aveva ancora lasciata.

«Anna» la richiamò. «Rispondi a questa domanda: eri sincera Domenica dopo la chiesa? È veramente quello che provi?»

Eccolo, il momento che aveva sognato ogni notte negli ultimi tre anni. È vero, la vita a volte è amara, cattiva, tira brutti colpi, ma poi succede. Un miracolo. Un attimo sfuggente di felicità. La redenzione.

Anna inspirò profondamente per cercare di godersi a pieno quel momento che non aveva pensato le sarebbe mai capitato di vivere. La sua seconda possibilità.

Pensò a Matthew quando rispose, pensò alla sua espressione buona, al suo silenzio che valeva più di mille parole, pensò "Spero che sarai fiero di me" e rispose «Sì. Ti amo, Gilbert Blythe.»

E da qualche parte, nella stanza, appoggiato allo stipite della porta, Matthew li guardò sorridente.

"Oh la mia Anna" sussurrò, prima di sparire.

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Non so voi, ma ho pianto a questa ultima scena. Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo... nel frattempo vi auguro buon anno e vi abbraccio forte <3

La resilienza del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora