Il ratto stramazzato

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La locanda era di modeste dimensioni. Da fuori, grazie alle grandi finestre, si vedeva parte dei clienti che stavano consumando cibo e bevande. In alto vicino al tetto c'era una grande insegna di legno che riportava il nome del luogo di ristoro: 'Il ratto stramazzato'. Si sentivano da fuori le voci vivaci della gente. Eleni sospirò. Guardò un ultima volta l'insegna del locale prima di entrare. Trattenne un sorriso. Fin da piccola il solo nome della locanda l'aveva sempre fatta ridere, come del resto anche il buffo proprietario, amico del padre. Nonostante Pratt e Bolfon fossero buoni amici, Eleni non era mai stata nella locanda, probabilmente perché creduta troppo piccola per l'ambiente. L'ambiente interno era solare e allegro. Era un'ampia stanza le cui pareti rosse davano un grande senso di calore insieme alle numerose luci installate. Appena entrati vi erano diversi tavoli disposti disordinatamente in modo allegro. Verso sinistra c'era il bancone per pagare e consumare le bevande. Quasi tutti i tavoli erano occupati e il chiasso aumentava sempre di più. Al bancone c'erano diversi uomini che bevevano vivacemente parlando del più e del meno. Eleni si trovò un pò spaesata, poi si avvicinò al bancone. Eccolo lì, davanti a lei c'era Bolfon. Stava servendo alcuni clienti e ancora non aveva notato la presenza della ragazza. Bolfon era un uomo sulla cinquantina, era basso e robusto e aveva grandi forti mani. Gli occhi incavati di chi ne ha già vissute tante, la riccia barba rossa sempre un pò bagnata dall'alcol e quel suo modo di fare tipico di un locandiere, crearono un bel sorriso sul viso di Eleni che per un attimo era parsa distrarsi da tutte le cattive vicende che erano accadute nel corso della giornata. "Altre due birreee!!! Offro io!" urlò uno dei clienti al bancone. Bolfon era troppo indaffarato per accorgersi di lei ed Eleni decise allora di andare a curiosare qua e là nella locanda. Girò un pò tra i tavoli e cercò tra i volti qualcuno di familiare, ma era tutta gente che non aveva mai visto. Nessuno sembrava accorgersi di lei, erano tutti troppo impegnati a bere e parlare. Origliò il discorso che due uomini misteriosi stavano avendo silenziosamente ad un lato della locanda. "Ti ho detto che sta tramando qualcosa" disse a bassa voce uno dei due uomini.
Le facce dei due si vedevano appena, avevano tenuto addosso il cappotto come per non farsi riconoscere. "Non mi piace come sta progredendo la situazione" continuò costui, e poi si avvicinò di più all'altro uomo. "Il conte, non mi fido di lui, ho come l'impressione che ci stia usando per un fine in cui non siamo inclusi". " Lo so, dobbiamo fare qualcosa, o sarà solo lui a diventare il potente che governerà su tutti avidamente ". Eleni sospettò che essi fossero uomini al servizio di Artas. Si allontanò bruscamente colpita da una grande angoscia e paura. Ritornò al bancone e incrociò i verdi occhi di Bolfon. L'uomo parve per un attimo sorpreso, ma subito dopo il suo volto si rabbuiò preoccupato. "Sono subito da te, mia cara Eleni" disse il locandiere assumendo adesso un accenno di sorriso.
Accompagnò la ragazza verso uno degli ultimi tavoli liberi rimasti. "Allora dimmi un pò, vuoi ordinare qualcosa? " Eleni rimpianse di non essersi portata nessun soldo. Il caldo cominciò a farla soffocare. Si tolse il cappotto ed estrasse dalla tasca il biglietto trovato nel negozio. "Ecco in realtà... Non sono venuta qui per mangiare... Mio padre e il negozio e... " Le venne il panico. Le mancava così tanto suo padre e aveva paura di dove potesse essere finito. E se gli avevano fatto del male? Mise da parte gli oscuri dubbi e riformuló la frase: "mio padre non è tornato a casa, il negozio è stato distrutto e ho trovato questo foglio col tuo nome sul bancone". Bolfon guardò la ragazza preoccupato. Prese il biglietto che gli aveva porso. " Ma sono due fogli! Ed uno nella lingua di Torcur..." Prima che potesse continuare a parlare, Eleni riprese bruscamente la lettera del padre. "No questo non c'entra, è l'altro che ho trovato nel bancone". L'uomo guardò la ragazza sospettoso. " Adesso c'è troppa gente per parlarne e io devo finire di lavorare" si girò un attimo verso una donna e la chiamò. "Madeleine, vieni qui! Accompagna questa graziosa fanciulla in una stanza libera, soggiornerà qui per la notte". Poi guardò Eleni " Vai a riposare, te lo meriti, hai avuto una giornata estenuante. Quando avrò finito qui ti farò chiamare". Eleni si ricordò di non avere soldi con sé e dunque di non poter pagare per l'alloggio. Fece per dire qualcosa: "grazie, ma... ", però ormai Bolfon se ne era già andato e la donna la portò in una stanza al piano di sopra. " Ci rimane solo questa camera. È piccola, ma comoda". Tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca e aprì la porta che dava su una graziosa stanza azzurra. Ad un lato c'era un piccolo letto ordinato, poi un comodino ed una fioca luce proveniente da una lampada. "I bagni sono comuni, in fondo al corridoio a destra. La colazione alle 7:30, se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiedere! ". Madeleine guardò Eleni che pareva non saper cosa dire.  "Beh questo è tutto, allora ti lascio, buon riposo!". La donna uscì dalla stanza ed Eleni rimase sola a pensare. Si sedette sul letto, era morbido e accogliente. Si ripromesse che non si sarebbe addormentata, ma la stanchezza ebbe la meglio e pian piano si appoggiò al cuscino. Gli occhi si chiusero lentamente e ogni pensiero venne allontanato dalla mente dando spazio ad un dolce riposo.

Il risveglio del Drago di RouseborgueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora