Senza aggiungere altro staccò le mani dal mio corpo esile e si diresse verso la porta.
"Andiamo, è ora di cena". Mi fece segno di seguirlo, ma io non mi mossi. Solo l'idea di mettermi ai fornelli e di lavare i piatti mi fece girare la testa. Ero esausta.
Jacob strinse gli occhi dinnanzi alla mia esitazione.
"N-non ho fame" dissi in un sussurro, riuscendo però a sostenere il suo sguardo intimidatorio. Svelto si riavvicinò a me.
"Da quanto tempo non mangi, Lily?" parlò in modo ingannevolmente dolce, passando la sua mano sulle ciocche di capelli che mi scendevano sul viso.
"Gli uomini che mi hanno rapita ci hanno dato del pane". Gli spiegai nel tentativo di convincerlo a non obbligarmi a buttare del cibo in bocca. Il mio corpo non lo avrebbe sopportato.
Ma il suo sguardo ancora freddo e bieco mi fece intendere che non aveva alcuna intenzione di cambiare idea.
"Non ho fame, d-davvero" mi morsi il labbro inferiore in un gesto involontario, attirandovi i suoi occhi che si fecero subito lussuriosi.
Sospirò pesantemente per poi farmi ricadere i capelli lungo le guance.
"D'accordo. Ma domani farai una dannata colazione sostanziosa, piccola". Mi spiegò spostando finalmente lo sguardo dalla mia bocca. Riuscii soltanto ad annuire in risposta.Prima che potessi dire o fare altro, lo vidi sparire dietro ad una porta situata alla fine della stanza. Non si era neanche preoccupato di minacciarmi e di intimidirmi a non provare a scappare di nuovo. Era così dannatamente sicuro, come se mi conoscesse meglio di quanto facessi io stessa, e fosse in grado di prevedere e calcolare ogni mia mossa.
Ed aveva ragione. Sebbene la mia mente stesse vagando nell'incertezza, il mio corpo era inchiodato a quel pavimento. Non riuscivo a fare nulla, se non ciò che lui mi ordinava.In qualche istante tornò stringendo tra le mani una maglia bianca, senza dubbio in contrasto con l'atmosfera che aleggiava nella stanza.
"Cambiati" mi ordinò risoluto porgendomi il capo, lo afferrai con le dita, colte subito da una sensazione di estasi. Era in lino, liscia e lucente, morbida come una nuvola. Tutto l'opposto degli abiti che ero solita indossare.
Mi voltai verso di lui, esitante nel chiedergli dove fosse il bagno. Jacob scosse la testa, riuscendo per l'ennesima volta a capire cosa stessi pensando.
"Lì" indicò l'angolo in cui mi trovavo, mentre lui si posò sul bordo del letto proprio difronte a me.
Avvampai, e ad essere sincera mi sentii stupida a provare un tale senso di vergogna.
"Piccola, il tuo corpo é mio, per cui ti guarderò spogliarti. Sbrigati, o sarò io a farlo al posto tuo". La sua voce rude ma sempre sicura risuonò nel silenzio assordante della stanza, mentre i suoi occhi avevano bloccato i miei e non sembravano avere intenzione di lasciarmi andare.Con un gesto tentennante mi voltai, portando lo sguardo alla parete bianca che finalmente mi diede riparo dal suo. Portai le mani ai lembi del vestito e mi denudai per poi infilarmi la maglia il più veloce possibile. Volevo sottrarmi da quella situazione alla svelta. Sentivo le sue iridi verdi bruciarmi la pelle della schiena, mi stava torturando in silenzio, come se io mi trovassi all'inferno e quella fosse la mia punizione.
Feci un respiro profondo e compii un passo indietro per poi rivoltarmi verso la sua figura lucifera.
Dipinse il suo volto di un sorriso beffardo, si alzò lentamente e camminò con destro verso il lato opposto della stanza.
Socchiusi la bocca quando iniziò a sbottonarsi la camicia sotto il mio sguardo ingenuo. Rise appena quando se ne accorse, ed io portai gli occhi ai miei piedi ancora fasciati da quei tacchi scomodi."Toglili" mi lesse di nuovo nella mente, e per una volta fui davvero felice di eseguire un suo ordine.
Aprii i laccetti, sfilai le scarpe e le riposi affianco all'angolo del letto che capii essere il mio.
Poi mi accarezzai le gambe, erano screpolate e doloranti. Infine, in cerca di un po' di sollievo passai le mani sul tessuto liscio della maglia che avevo indosso. Emanava lo stesso odore che sentivo quando Jacob mi si avvicinava pericolosamente.
"Provvederò a comprare dei vestiti tuoi. Volevo farlo prima del tuo arrivo, ma non ero sicuro delle tue misure". La sua voce calda e graffiante attirò il mio sguardo su di lui, che sul corpo non aveva altro che un paio di pantaloncini neri. "E a quanto vedo ho fatto bene. Le tue tette sono molto più grandi di quanto credessi". I suoi occhi caddero impudichi sulla punta dei miei seni, i quali sporgevano di poco dal tessuto sottile della maglia che mi aveva dato minuti prima. "Mi serviranno entrambe le mani per stringerle". Concluse facendo uscire dalla sua bocca una voce tanto rude da far tremare anche le pareti. Il mio petto faceva fatica ad alzarsi, mentre la pelle dei miei seni briciava come fuoco.
Era come se al mio corpo fosse proibito muoversi. Eppure non potevo fare a meno di guardare, esaminare la sua figura che si muoveva lenta e sicura.
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Tra Quiete e Tempesta
RomanceLily Rose Parker è l'insignificante e introversa ragazza che vive la propria vita secondo le regole degli altri. Famiglia, lavoro e College. Ha passato così tanto tempo a ricoprire un ruolo affibbiatole, da non ricordare più chi è veramente, da des...