Chapter-3

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Gwen's pov.

Il suo viso, era tremendamente strano.

I suoi occhi, sono divenuti d'un azzurro acceso, colorato, umano.

Qualcosa, in quella mimica scolpita nel granito, è cambiata, ma non riesco a capire di cosa si tratti.

Forse, prova compassione per una povera ragazzina che danza nel soggiorno di una tenuta, mentre nessuno é in casa?

O forse, è semplicemente sereno?

Domande al quale, non potrò mai avere risposta.

Non sono tenuta a chiedergli come si sente, non posso, non mi é permesso.

Non mi é permesso avere una conversazione, senza che essa sia al solo scopo di ferirmi.

Rintanata in camera mia, decido di gettarmi sul letto, ormai compiute tutte le mansioni.

Dal momento che non potrò occuparmi delle stoviglie a causa delle mie garze, ho deciso di rimanere qui dentro, e di scendere solo dopo il pranzo, per poter sistemare il caos che probabilmente faranno in cucina.

Sento i passi di piombo dei soldati che rientrano in casa dalla riunione, ed é ora di pranzo, per cui si accingeranno a lasciare i loro cappotti dove capita, ad avventarsi sul cibo pronto sulla tavola.

Mi rannicchio in un angolo del mio letto, e cerco di riposare, poiché sento una forte stanchezza pervadermi.

Ma non appena sto per chiudere gli occhi, sento aprirsi la porta.

"Gwen, ti ho portato il pranzo". La voce di Walter risuona nella stanza, e mi volto lentamente verso di lui.

Quando incrocia il mio sguardo, appare a disagio, quasi più di quanto non lo sia io, e si limita a sviare, lasciando il vassoio sul comodino.

"Quando hai finito, porta giù il vassoio, ed occupati del giardino, gli attrezzi potrai trovarli nel capanno". Dice, tornando al tono serio, e quasi arrogante, che lo contraddistingue particolarmente.

"Va bene". Dico in un sussurro, e mi sollevo per accingermi a consumare il mio pasto, stavolta caldo, non un avanzo, bensì un pezzo tutto mio.

"Non fare mai più quello che hai fatto oggi". Dice, intimidatorio, rimproverando la mia euforia segreta, ed accompagnata da una radio.

Annuisco, spaventata da quella voce così autoritaria, e così meccanica.

Si volta, ed esce dalla mia stanza, lasciandomi da sola a pranzare.

La sua umanità fa un passo avanti, e poco dopo cento indietro.

Ma, questa è retorica.

Non puoi aspettarti un miracolo sal diavolo, vero?

Consumo velocemente quel che mi ha portato, e mi accingo a prendere il vassoio per portarlo nella cucina e fare quello che mi ha chiesto.

Chiudo la porta alle mie spalle, e nel corridoio, incrocio un soldato, che sta togliendo la sua giacca per andare a riposare.

Mi scruta di sfuggita, e dice improvvisamente: " vieni qui".

Faccio un respiro profondo, ed armata di coraggio, lo raggiungo con il vassoio ancora tra le mani, e le gambe tremanti a quello che potrebbe farmi.

Il suo viso é minaccioso, la sua mimica non trasmette nulla di buono.

Coperto da ghiaccio, apatia e disprezzo, verso quella povera gente.

"Sì?" Dico, flebile, sollevando lo sguardo alla sua altezza.

"Hai acceso la nostra radio?" Tuona, a voce bassa, ma falsamente pacata, tradito dalla sua rigida mandibola, e dalle mani chiuse in due pugni stretti.

My Young Soul/ A Nazist Love/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora