Chapter-7

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Walter's pov.

Sono ormai trascorse due ore da quando guido questa Mercedes sotto la forte pioggia che inonda ogni singolo centimetro dell'asfalto.

Ho bisogno di sfogarmi, di riflettere, di stare da solo senza vederla.

Non voglio più occuparmi di lei, d'ora in poi la tratterò esattamente come avrei dovuto fare sin dall'inizio: nient'altro che come una domestica.

Non ritornerò neppure per il pranzo, e decido di sostare in un campo di sterminio, in questa zona, dove trovo i miei colleghi condurre nei luoghi di lavoro alcuni gruppi di ebrei.

"Schifoso ebreo, cammina!" Urla in lontananza Achill, un soldato SS come me, nonché mio caro amico, ed altri chinano il capo terrorizzati.

Non appena si accorge del mio ingresso dal cancello scaglionato da due guardie, lascia il posto ad un altro soldato per raggiungermi.

"Walter!" Urla, avvicinandosi a me per venire a salutarmi.

"Achill, come vanno le cose?" Chiedo, mentre la pioggia continua a scendere lungo i nostri cappotti di pelle.

"Bene, abbiamo tutto sotto controllo". Dice, e poi si sofferma a guardare i miei occhi.

"Come mai hai gli occhi conciati in quel modo?" Chiede, stranito.

"In che modo?" Chiedo, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.

"Sono gonfi", sospira: "hai pianto?" Dice, con un velo d'ironia, incredulo del fatto che possa essere realmente accaduto.

Sospiro, voltando gli occhi al cielo, annoiato dalla sua invadenza.

"No, sarà la pioggia che sta bagnando miei occhi, arrossandoli, non è niente". Accampo una scusa, e lui mi osserva perplesso.

"Vieni, andiamo in un ufficio". Dice, e poco dopo s'incammina, seguito da me.

Raggiungiamo un ufficio, e vi entriamo riparandoci dalla pioggia.

Apre una bottiglia di liquore, versandone due dita in un paio di bicchierini, servendomene uno.

"Allora, qual buon vento?" Achill domanda, dopo aver mandato giù il contenuto del suo cicchetto.

"Volevo solo incontrare un vecchio amico". Dico, buttando giù il liquore tutto d'un sorso.

"Non hai una bella cera". Posa il bicchierino. "Come procedono le cose alla tenuta?" Domanda, sedendo dietro la scrivania posta di fronte a me.

"É tutto come deve essere, nella norma". Dico, sollevando un sopracciglio.

"E la domestica? Ne avete trovata un'altra? L'ultima volta che sono stato da voi, avevate ammazzato l'ebreo che che si occupava delle faccende perché rubava del cibo".
Dice, incarcando la schiena sulla poltrona.

Deglutisco nervosamente, prima di tornare a parlare.

"Sì, è una ragazza tedesca, era prostituta delle armate, ad ora non può più condurre quel mestiere perché non più idonea. Lavora per noi". Dico, cercando di non ricordare le parole che la ragazza mi ha detto prima di separarci, in quella stanza.

"Una prostituta? E se fosse malata?" Chiede incalzante.

"No, non è malata, ma al momento è reduce da un'operazione, e riposa nella stanza dedita ai collaboratori della casa". Dico, e l'uomo mi guarda sospettoso.

"Va bene, ma non fidatevi di lei". Aggiunge, e sentiamo d'un tratto la sirena che richiama le forze all'ordine per il controllo del campo.

"Ora devo andare, mi ha fatto piacere rivederti. Cerca di tirarti su, anche se non so cosa ti affligga". Dice, e velocemente scompare dalla stanza, correndo sotto la pioggia verso uno dei capanni.

My Young Soul/ A Nazist Love/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora