Chapter-9

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Walter's pov.

Non appena il ragazzo esce dal soggiorno con aria di presunzione, raggiunge un luogo appartato dove lo seguo.

"Senti Abel, non voglio avere di nuovo problemi con te. Hai questo carattere competitivo che nella maggior parte dei casi, si rivela controproducente. Non potevi fare quello che hai fatto oggi, e lo sapevi, quindi mi chiedo: perchè allunghi il naso dove non dovresti impicciarti?" Incalzo nervosamente, ma rimango apparentemente impassibile dinanzi al suo sguardo apatico.

"Che male ci vedi nel portare una bella ragazza a prendere un gelato?" Chiede sconsiderato, facendo pulsare la vena sul mio collo.

Sento le fiamme dell'inferno divampare dentro di me, guardando il suo atteggiamento totalmente incurante.

"C'è che non ti è concesso, le regole sono regole, e vanno rispettate. Oltretutto, mi pare che tu non serbassi grande simpatia verso di lei". Mi avvicino, a pugni stretti: "cos'è cambiato adesso?" Aggiungo a pochi centimetri dal suo viso.

Diviene irritato e spazientito, ma riesce a tenermi testa.

"Ricorda quando ci siamo ubriacati, tenente?" Abusa di sarcasmo, enfatizzando dandomi del lei.

"Sì, e allora?" Chiedo, in attesa di sapere quale diavoleria uscirà dalla sua bocca sporca.

"Quella notte, mi sono trascinato nel letto di Gwen, le ho dato un bacio a stampo, e l'ho tenuta stretta al petto fino all'alba, quando sono strisciato fuori dalla sua stanza, prima che qualcuno se ne rendesse conto". Dice tutto d'un fiato, incerto però sull'aver fatto bene a dirmelo, dato dal suo sguardo sicuro in un primo momento, ma preoccupato poco dopo.

A quel punto, prima di poter dire qualcosa, il mio corpo decide per l'ennesima volta di non darmi retta, facendo ciò che vuole, mosso da una rabbia incontrollata.

Gli sferro un pugno, sul naso, e si accascia sul pavimento urlando, e tenendo una mano sul viso.

"Chi diamine credi di essere?! Idiota!" Inveisco, e dò un calcio al suo stomaco, mentre è inerme per terra, continuando a gridare dal dolore.

All'improvviso, appare Gwen che nonostante i suoi acciacchi é corsa giù per le scale intuendo che stesse accadendo qualcosa di grave.

"Basta!" Asserisce con le lacrime contro di me, per poi chinarsi sul ragazzo steso per terra.

La guardo, e la mia ira sale ulteriormente guardandola abbracciare dalle spalle quello sporco bastardo.

"Ti sta usando perché non scopa da mesi ormai, e tu lo aiuti! Le donne per lui sono scarti, vuoi capirlo una buona volta?!" Tuono alla ragazza, che singhiozza tenendo fra le braccia l'uomo.

"Magari hai ragione tu! Ma per me, uscire da questa tenuta per fare un giro, con vestiti normali, e per una volta sentirmi una cittadina tedesca come chiunque altro, è raro! Sono solo stata felice! E se vorrà usarmi, questo sarà affar mio!" Dice, scandendo fra i singhiozzi le sue parole, e tira su di naso guardando Abel che le accenna un sorriso, nonostante le sue condizioni.

Poi lo solleva, trascinandolo nel soggiorno fra gli altri soldati che intanto, erano dietro la porta, cercando di capire quanto stesse accadendo.

Axel chiama un medico, altri cercano dell'alcool e delle garze per il suo naso grondante di sangue, e Gwen è ferma nell'angolo della stanza, guardandomi con rimprovero, esattamente come d'abitudine sono io a fare con lei.

Poi esce dalla stanza, ed asciuga le lacrime col dorso della sua mano.

"Perchè non vuoi che io sorrida?!" Dice, scontrandosi con me.

"Secondo te io non voglio che tu sia felice?!" Le rispondo a tono, e passo nervosamente una mano tra i capelli.

"E allora perché lo hai picchiato?!" Domanda, isterica.

"Perchè non voglio che tu sorrida con lui, voglio che tu lo faccia con me!" Dichiaro la verità, e si gela per qualche minuto, fissando i miei occhi.

"Tu non accetti che non abbia voluto darti un bacio". Tira un respiro profondo: "pensi che io non sia legata a te solo perché ho paura di quello che può capitarmi". Aggiunge, con occhi velati.

"Hai detto che non posso veder crescere ciò che non è mai nato". Cito le sue testuali parole, avvicinandomi a lei.

"E tu mi hai creduto?" Solleva lo sguardo. "Ti ho dato le spalle, ho pianto per ore, e tu mi hai creduto?"
Dice, ribattendo.

"Non avrei dovuto?" La metto nell'angolo di quel corridoio, posando il mio corpo su di lei.

Siamo da soli, io, lei, e le nostre verità.

Sento che il cuore salterà fuori dalla mia gola.

"Credi a qualcuno che ti manda via, e poi cerca di convincersi d'aver fatto la cosa giusta mentre piange?" Solleva lo sguardo, incastonado le sue iridi verdi nel mio sguardo glaciale, apparentemente.

"No, non gli credo". Rispondo, avvicinando le mie labbra alle sue, ad un centimetro di distanza.

"Vuoi smetterla di avere paura?" Aggiungo, fissandola, e guardando allo stesso tempo le sue labbra, lì, così vicine oramai a me.

E mentre Abel viene soccorso dai soldati, e nella tenuta vi é il più totale subbuglio, accade l'imprevedibile.

Solleva lo sguardo, e senza darmi preavviso alcuno, preme con forza le labbra sulle mie, facendomi provare la sensazione che sentirebbe qualcuno fluttuando nel cielo azzurro.

Un gesto talmente inaspettato, che neppure una lunga preparazione psicologica mi avrebbe preparato a tale esperienza.

Ho baciato mille volte, sono stato legato a centinaia di donne: noi soldati abbiamo una vita sessuale e sentimentale piena di notti, di baci rubati, di carezze limitate, e di amori impossibili.

Ma mai come oggi, sento così tante farfalle nel mio stomaco.

Un uomo come me, arido, gelido, orgoglioso e senza macchia d'onore.

Che finisce qui, chinato al muro, posato sulle labbra di un giovane tesoro, che rimane sulle punte per poter premere le labbra con forza, lasciando trasparire che aspettasse da troppo tempo ormai, questo momento.

Ma mai da quanto, lo stessi aspettando io.




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