Questa volta ho fatto la brava e sono riuscita ad accorciare i tempi così appena ho potuto ho deciso di postare il capitolo. Chiedo scusa in anticipo per qualche errore di battitura o di semantica ma ero troppo gasata all'idea di condividerlo. In questo capitolo in particolare, c'è una piccola parte di me e che forse abbraccia tanti/e di voi. Sentitevi liberi di smentirmi o semplicemente di dire la vostra, "plauso" o critica che sia.
Buona lettura! xxAlice si tortura mentalmente per aver colto quel guanto di sfida senza ripensamenti. Quella di Harry aveva il sapore di una proposta indecente, seppur senza macchinazioni. E lei, senza chissà quante paturnie, si era fatta coinvolgere. Ciononostante, quando si tratta di Alice, non la si può definire una facilmente corruttibile: i suoi princìpi sono ferrei guai a chi osi calpestarli; l'unica che può farlo è lei: di fatti, cogli occhi brucianti di sfida, gli aveva risposto un 'solo perché mi va', mettendolo in chiaro, prima di fare da apripista a quell'imminente trasgressione.
Ora che l'aria non sa più di sudore e chiacchiericcio e tutt'intorno è pressoché buio mitigato qua e là da qualche lampione, fronteggiare quell'aspettativa le risulta ostico o forse solo, più semplicemente, compromettente.
"Sostare di spalle alla porta non la definirei una scelta saggia. Puoi avvicinarti, giuro che non mordo"
Alice ha deciso di interporre una certa distanza per cautelarsi. Anche se poi una volta lì fa poi differenza qualche metro in più o in meno? Harry è poco più in là e ha la schiena poggiata al muro di mattoni, oltre le finestre del locale. È visibile solo in parte: il suo viso così come il corpo, sono da una parte illuminati e dall'altra persi nell'oscurità della sera. La camicia gli nasconde il fisico asciutto, il giubbotto invece ne accresce la presenza conferendogli un'aura coriacea. Alice lo guarda e si fanno strada dentro di lei mille domande: in fondo di Harry cos'è che sa? Serve caffè per pagarsi l'affitto, ha una relazione avviata e ha quell'aria tipica degli studenti di lettere contrassegnata da presunzione e acume a contrapporsi però, ad un'altra più sibillina, acutizzata da tatuaggi che gli sporcano il corpo e di cui non gli piace rivelare il significato. A guardarlo, diviso in due, trova assurdo che in una sola persona possano coesistere due aspetti così in antitesi tra loro. Eppure, mentirebbe a se stessa se dicesse che questo non gli conferisca quel quid che la intriga: di fatti, più prova a mostrarsi indifferente tanto più ne viene attratta. Forse Connor ha ragione: la vita è tutta questione di fisica.
"Non sono le stesse parole che il lupo rivolse a Cappuccetto Rosso prima di balzarle addosso?"
Harry fa in tempo ad alzare il capo, probabilmente con la battuta pronta nelle tasche, prima che la suddetta porta venga aperta e un ragazzo becchi di striscio Alice.
"Non fiatare" lo avverte, acquisendo fiera centimetri verso di lui e ignorando le scuse del malcapitato. Forse, per sopperire a quella impasse, è di questo che aveva bisogno: una spinta.
"Hai freddo?" Le chiede sempre sull'attenti per venirle in soccorso. Alice serra le labbra, non ne ha bisogno. Quando imparerà?
"Saranno passati due secondi da quando siamo qui"
Harry sembra ignorare il suo tono guastato da del vetriolo con la lingua che corre a inumidire la carta dello spinello per sigillarla ulteriormente, solo per poi venire bruciata con una certa impazienza il secondo successivo.
"Non vorrei che ti venisse un accidenti a causa mia"
Sogghigna, com'è suo solito fare, poggiatosi ora con una spalla al muro. L'unica parte non oscurata da tutto quel nero è il suo braccio teso verso di lei: i giochi sono aperti.
"Buffo che ti preoccupi di questo allungandomi una paglia quando potrei tranquillamente essere una novellina"
Le loro dita si sfiorano appena, calore fugace contro gelo taciuto; Alice accoglie l'invito, quel tepore un po' meno, sotto il suo sguardo fatto solo di chiare sclere e nient'altro.
"Dunque direi che è una fortuna che tu non lo sia"
"Ma potrei"
Le brucia la gola, pensa che sia il pegno da pagare per quella pseudo-menzogna. Potrebbe paragonarsi al ricordo di un'adolescenza senza regole, fatta di punizioni e sciorinata insubordinazione. La mano di Harry si riappropria dell'oppiaceo, la sua bocca fa lo stesso subito dopo, rimarcandone il possesso e al contempo vincolandosi così a un'umidezza non sua.
"Ma non lo sei" dice soltanto, aspirando lungamente e buttando fuori con altrettanta flemma il fumo, che sa di buono e inganno. I suoi movimenti sono accompagnati da scioltezza senza alcun impedimento. Tutto in lui fa presagire agio e tranquillità. Persino il tono con cui le si rivolge, pacato e incolore che non concerne incertezze ma solo convincimento e sforzo minimo. Ha provato a instillargli un dubbio per dileggio, solo per il gusto di scucirgli di dosso quella traboccante convinzione, ma non c'è stato verso. In fondo, lo riconosce: tutto le si può dire tranne che sia un'ingenua svestita di peccati. Connor una volta le disse che negli occhi avesse un qualcosa di indefinibile. Un qualcosa che lo attizzava irrimediabilmente. Alice gli aveva mollato un ceffo sul braccio, e lui come suo solito gliel'aveva ribadito senza battere ciglio. Forse si riferiva a quello: all'assenza di innocenza. Chissà se Harry non sia della medesima opinione. Quest'ultimo si discosta dal muro, la sagoma longilinea non è più sbilenca, ma retta e solenne. La nuvola di fumo rende nebulosi i suoi contorni, si distinguono appena, eppure Alice se lo immagina con lo sguardo indagatore piazzato nelle sue iridi.
"Allora dimmi, se non è per quel tizio per-
"Avevo bisogno di spazio"
Taglia corto, scostandosi i capelli dal viso a mo' di rifiuto.
"Potevi venire qui"
Ci mette poco a suggerirle l'alternativa più ovvia con le dita che tornano lievemente a toccarsi mentre i corpi restano immobili come statue di sale.
"Avevo bisogno di spazio non di silenzio"
Le esce fuori di getto come in un sospiro represso da troppo tempo. La differenza per lei è sostanziale: il silenzio non è altro che un fottuto ossimoro assordante. Potrebbe ritrattare, magari svelarsi di meno e fingersi incurante. Ma sa perfettamente che non può. Sposta l'attenzione da quella confidenza aggiungendo: "Ha un buon sapore" perché non li può vedere gli occhi di Harry, non può sapere quanto affondo siano giunte le sue parole dato il suo apparente mutismo. Quest'ultimo accorcia le distanze, il giusto per rendersi finalmente visibile, come ad aver accolto le sue tacite preghiere. Il suo volto è imperscrutabile, un foglio bianco su cui disegnare. Non ci si legge niente: ha già cancellato tutto.
"È bio. Mio zio cura un orticello da quando è in pensione. Si è scoperto un pollice verde di tutto rispetto"
Il suo volto è dipinto d'orgoglio, come un padre che va fiero del proprio figlio. Alice fa mente locale, le sopracciglia si scontrano inevitabili.
"Quello zio?"
Harry fa spallucce con la canna lasciata in bilico fra le labbra sottili.
"È un tipo particolare, sui generis"
Alice si trattiene dal ridere ma non dal dire la sua: "O semplicemente matto"
"Probabilmente entrambi" ammette poco dopo, con una fossetta a bucargli la guancia. Solo una.
Alice inizia a sentire un calore avverso che riconosce non provenire dall'interno bensì da posti ben più remoti. Aree estranee da sé. Guarda le sue dita corrotte liberare la bocca da quel sapore - che sa di buono e di inganno; è l'input sufficiente a prendere tiri meno profondi onde evitare di ritrovarsi poi in realtà bucoliche e ancestrali. Quando ritorna a guardare Harry e a cedere il turno, lo trova a fare lo stesso, senza esitazione; l'intenzione permane anche colto sul fatto.
"Sai, in un certo senso gli somigli"
Alice sposta il peso da una gamba all'altra, il paragone la coglie di sorpresa e la attraversa un certo disagio. È personale. Ricorda di quando Harry le aveva confessato di sentirsi un inetto rispetto alle sue condizioni. Il suo grado d'inquietudine era proporzionato all'affetto e all'incapacità di esprimerlo. In tutto e per tutto percettibile per lei.
"Stessi lunghi capelli biondi e gambe ossute?"
Non a caso punta a fare ciò che meglio sa fare: sdrammatizzare.
"Le tue gambe non sono ossute"
In lui non c'è traccia di ilarità ma solo di intenti. Per dirlo, significa che gliele abbia guardate?
Che gliele guardi?
"Oh credimi lo so bene"
"Stesso senso dell'umorismo, stessa fierezza. Me lo ricordi"
Poi Alice apprende il perché Harry non si sia accodato a quel tono leggero. Vuole che percepisca quanto sia disposto a concedere(si). Lo vede leccarsi le labbra, passarsi una mano dietro al collo col volto che racconta di un sentimento ben più grande e sconfinato: amore.
"Tieni molto a lui"
Harry prende un altro tiro quando avrebbe dovuto passargliela. Il fumo va verso su, denso, si frappone tra loro, creando una barriera apparente, o forse più uno scudo.
"Gli devo molto, forse tutto"
La voce è bassa, carica di significato. Vorrebbe sapere cosa li leghi, cosa lo porti a dirlo con tanta convinzione. Alice sente che ci sia dell'altro, come se Harry gli fosse debitore e non di certo per una cosa da nulla. Il fumo non c'è più c'è solo la sua mano che cerca quella di Alice. A guardarla, prende nota che l'incantesimo stia per finire, che entrambi l'abbiano consumata in così poco tempo, così ingiustamente. Quando l'accoglie tra le dita, non si assicura più che quel contatto sia scialbo come quelli precedenti, lascia che si tocchino e che si corrispondano vicendevolmente. Harry a primo acchito sembra restarne scottato, con le palpebre ben aperte ma poi spuntano sulle guance ben due incavi.
"E tu?"
"Cosa?"
"Perché una non è stata sufficiente?"
Harry la scruta confuso, cogli occhi incerti.
"Gli occhi, tradiscono sempre"
Alice si appella proprio a quelli.
Aveva notato in loro qualcosa di diverso già nel locale quando poi le si è avvicinato ne ha avuto solo conferma. Harry sorride colpevole, furbo. Stavolta tocca a lui confessarsi.
"Questa è per te mentre questa era per me"
Le mostra una sigaretta che poco prima era riposta nelle tasche del giubbotto. La bocca è una curva morbida sul suo viso fatto di linee spigolose e mascoline.
"Molto cavalleresco"
Gli fa, quasi non accorgendosi del sorriso che ha voglia di infrangersi sul suo di viso, non accorgendosi che la cicca inizia a pizzicarle lievemente le dita, non prestando più poi così tanto attenzione al resto.
"E pensare che ero pronto a cederti il giubbotto"
Finge di rimproverarla, brandendo ciò che ne resta con del finto risentimento. Alice lo vede fumare e la cicca morire nella sua bocca per poi essere buttata via. Quasi se ne rammarica.
"Tecnicamente l'hai fatto, sono stata io a rifiutare"
Precisa, con la solita strafottenza che con facilità fa a cazzotti con quella di chi le sta di fronte. Harry tuttavia ignora quel futile commento perché ha ben altro su cui focalizzarsi.
"Guarda che l'ho visto"
"Visto cosa?"
"Il sorriso che hai stroncato sul nascere, l'ho visto"
Alice si morde una guancia, ora come ora non ha solo voglia di sorridere ma di ridere per davvero. Si sente d'un tratto leggera, spoglia di pensieri. Ma non può di certo dirglielo.
"Merito di tuo zio non darti arie"
"Io? Mai"
"Che razza di pallone gonfiato"
"Sempre meglio di stronzo"
Lo guarda di traverso per quel riferimento inequivocabile. Ma non replica, non ne sente il bisogno. Piuttosto lascia spazio al silenzio, fa sì che li accarezzi riempiendo l'aria di respiri leggeri e risate soffocate per non dare soddisfazione. Per un attimo chiude gli occhi, si lascia andare all'aria fredda, ai rumori incostanti delle auto sulla strada, al suo respiro regolare. Harry che nel frattempo era ritornato a poggiarsi di schiena con la testa rivolta su, è il primo a romperlo: "Bella vero?"
Alice riluttante riapre gli occhi, chiedendosi se a lui non gli stesse iniziando a pesare, ma si dimentica di tutto in un solo istante quando si decide a prestargli ascolto: la Luna è protagonista di un cielo privo di stelle, splende in tutta la sua magnificenza, coi contorni dalla forma regolare e netta.
"Non l'avevo notata"
Le viene da dire scioccamente d'improvviso a corto di parole.
"Per non essere una stella si difende bene"
Ci pensa Harry a trovarle. In realtà lui sembra sempre riuscirci. Gli occhi assuefatti di Alice ci impiegano poco a incastrarsi in altrettanti altri come per una sorta di richiamo. Stanno a guardarsi per secondi interminabili con la luce bianca che si riflette sulle loro sagome speculari, sulle loro pelli, sulle loro vite. Per essere solo un satellite, la Luna, è comunque capace di farsi sentire, forse non riscaldando ma facendo molto di più: i loro sguardi collimanti si ricercano di continuo, come a volersi sempre trovare e forse riconoscere per un fine ancora ignoto; un po' come le loro vite, che volenti o nolenti sono reiterate a intrecciarsi. Non si dicono nulla perché forse gli basta quello per capirsi un po' di più. Alice gli studia il viso, il corpo, in realtà tutto di lui. C'è altro che ha bisogno di trovare in lui per lasciarsi andare?
Non sa se se lo stia immaginando ma Harry sembra essersi fatto più vicino, con un braccio che le pare molle rispetto all'altro tenuto stancamente lungo il fianco. Come se fosse incerto, ora che lo vede teso nella sua direzione, con le intenzioni della mano taciute e il suo cuore improvvisamente a battere copioso, in maniera quasi irritante. Perché qualunque sia la sua rotta si ritrova a desiderare che si posi su di lei, realtà o trip che sia; desidera che la tocchi senza indugio, per ricevere uno straccio di conforto, una via di fuga, da una vita che non sempre ti dà ciò che vorresti.
Un clacson impazzito accompagnato a delle urla sconclusionate provenienti da un auto inquinano l'atmosfera con le palpebre di Alice che si serrano per la sorpresa. Quando torna a guardare Harry quella vicinanza se l'è già rimangiata così come lei le sue velleità, andate inesorabilmente in fumo.
"Mi sa che devo rientrare"
Si affretta a dire, come se si fosse appena ricordato di un impegno. Alice prende un passo indietro in risposta.
"Che c'è tu non vieni? Non dirmi che hai intenzione di passare il resto della serata qui fuori"
Il tono sembra giudicante, tanto da farle storcere il naso. Tiene le mani ficcate nelle tasche e le gambe molleggianti, sembra avere fretta eppure non desiste dal dire la sua. Tuttavia, Alice non fa altro che pensare a quel movimento interrotto. Il fatto che voglia rientrare forse non è dipeso da ciò che stesse per fare. Troppo concentrata su di sé non gli aveva nemmeno chiesto se fosse in compagnia.
"Avrò gli occhi in fiamme"
Tenta di giustificarsi, abbassando lo sguardo. Dopotutto non è una bugia. Harry si avvicina di qualche passo, nuovamente, quanto basta per torreggiare su di lei.
"Fa' vedere"
Per una seconda volta la sua sola presenza pare attirarla a sé, quasi obbligandola a ubbidire, coi suoi soli respiri a infrangersi sulla pelle.
"Solo un po'"
Dice, scrutandola senza remore, con la bocca che brilla di saliva e il suo profumo a contaminare l'aria. Alice si liscia le braccia, anziché fare la spocchiosa il giubbotto avrebbe dovuto accettarlo, magari le sarebbe servito come pretesto per farlo restare.
"Mi conviene aspettare"
Ma il suo orgoglio ha la meglio, fa da sé e le impone di suscitare dissenso, forse persino delusione, quando prende un altro passo indietro, l'ennesimo, rifiutandolo ancora.
"Come vuoi"
Replica infatti Harry con tono secco. La supera in un nonnulla con una spalla che quasi tocca la sua. Se ne va sconfitto, senza niente, nonostante l'abbia invitata a smettere di pensare con una sciocco palliativo, benché tutto ciò che abbia ottenuto è stato a stento un sorriso. Lo vede andare via e pensa che potrebbe prendere passi ben più grandi con le gambe lunghe che si ritrova; ha il capo chino e forse parole trattenute dai denti che vorrebbe dire, tanto quanto lei. Alice gli vede solo la schiena e non lo potrà mai sapere. Pensa che dovrebbe iniziare a smetterla, ché a vivere di rinunce ci si inaridisce l'esistenza. Ma non ha più importanza perché Harry ha già la mano sulla maniglia e lei si è già voltata.
Stupida.
"Ehi Alice, detto tra noi, un paio d'occhi arrossati non sono un granché come scusa"
Harry a quanto pare è uno che non riesce a ingoiarle le parole. Quando si volta è ancora lì, immobile e in attesa. Con molta probabilità aveva mandato all'aria i suoi piani per la serata solo per provare a stemperare quel malumore che altro non fa che causarle crepitii incessanti al cuore. Solo per lei, prendendosi un incarico gravoso. Eppure la sua bocca sembra colla, ma giunti a questo punto non può fungerle da scusante. Sa che deve decidere da che parte stare: in mezzo è storia vecchia. Se solo sapesse che Harry si accontenterebbe anche di un magro cenno. Di una virgola tra fiumi di parole. Quest'ultimo stringe la maniglia, ci applica pressione perché Alice sta zitta ed è un'imbecille patentata con la testa che le scoppia. Le ha facilitato l'impresa e l'unica cosa che riesce a fare è starsene lì impalata a mangiucchiarsi le labbra. Harry sospira prima di tendere l'avambraccio: la porta è pesante, ma lui sembra esercitare il minimo sforzo tirandola a sé. La luce dall'interno si scaglia su di lui, alterando i suoi colori, pronta a risucchiarlo: ora o mai più.
"Se resti ne ho una migliore"
Harry si blocca, sembra lasciare la maniglia con un leggero ritardo. Ma la lascia. Alice vorrebbe sprofondare per quel suo bastardo onore che le vibra tra le coste, per quella voce, di cui già si pente, venuta fuori fin troppo urgente. Ciononostante ci pensa lui a zittirlo, riavvicinandosi. Alice non può più tergiversare, fare di una conversazione, solo mezze frasi, parti di verità se vuole darsi(gli) un'occasione. In fondo a controllarsi, ci si brucia solo l'anima.
"Una volta terminati gli studi cosa pensi di fare?"
Se a lui la fronte gli si increspa in risposta Alice stringe i denti: sente freddo solo all'idea di scoprirsi.
"Di punta in bianco?"
Harry sembra confuso e ne ha tutto il diritto. Alice si dà dell'imbranata - lei proprio lei- mentre fa solo di sì con la testa ma non lascia cadere il contatto visivo. Harry la studia apertamente, dal canto suo se ne frega del contegno. Alcuni ricci gli sono d'intralcio sugli occhi ma sembra non importargli: "Mi è sempre piaciuto viaggiare, quindi credo che mi prenderò del tempo per visitare qualche posto"
"E poi?"
La gola brucia quando lo guarda e vorrebbe di più ma non sa come fare. Harry appare sempre così sicuro quando le parla, come se i dubbi non lo attanagliassero mai. Si chiede se ci sia qualcosa al mondo che lo faccia vacillare, se reputi caduco quello che non può toccare, come i pensieri, le idee e i sogni, che tanto scompiglio causano invece nella sua mente. Harry si pressa le dita sul labbro come a vagliare i pro e i contro della sua onestà. Con una scrollata di spalle dice: "Be' mi auguro di riuscire a scrivere qualcosa che non riceva consensi solo da chi mi ama"
Alice non si stupisce, Harry le aveva confessato in auto dopo la rapina che scrivesse, tuttavia non immaginava che quello che poteva essere considerato come un passatempo convergesse invece con le sue aspirazioni. Si scopre curiosa delle cose che ha da dire, delle possibili matrici che lo spingono a riempire le pagine di quel taccuino ricordandosi della calligrafia arzigogolata con cui l'aveva visto farcire di postille il quaderno solo qualche giorno fa al bar. Harry la fissa con un sopracciglio arcuato, come se avesse di fronte il più grande rebus mai incontrato in vita sua. Alice sente pulsare le tempie e a stento riesce a elaborare una risposta degna, ma Harry la precede sempre fin troppo sveglio.
"Perché ho come la sensazione che non fossero queste le cose che volevi sapere?"
Alice inghiotte un respiro perché Harry ha fatto per l'ennesima volta centro. È forse un dono?
"Devi farmi le domande giuste per poter ottenere le risposte che cerchi"
Stavolta parla piano, con meno incisività, come a mostrarsi duttile, disponibile a un confronto. Alice respira piano, perché oltre Glenn non parla mai con nessuno di cose di questo tipo. In passato riusciva a farlo con suo fratello, ma coi chilometri di mezzo, non è poi più stata la stessa cosa.
"Una volta laureata me ne andrò, qui, non è il mio posto"
Harry abbassa il capo: sembra rimuginarci su.
"Tornerai nella tua città?"
"Dio Santo no"
Le viene da ridere, perché quella è l'ultima cosa che farebbe. Ritornare a quella vita da provincia significherebbe aver fallito e Dio solo sa quanto si sia lasciata alle spalle.
"E dove vorresti andare?"
"Non è importante, non quanto chi ne rifiuta solo l'idea"
A pronunciare l'ultima frase ci ha messo un po' perché quello è il nodo attorno al quale gravita la questione. Harry forse accortosi della sua non tanto latente difficoltà, ha addolcito lo sguardo. Alice sente i suoi occhi addosso sebbene ora sia presa a guardarsi le scarpe.
"È un lui o una lei?"
Le chiede, chinandosi di poco per ricercarli. Alice inizia a impermalirsi, detesta il fatto di non riuscire a fronteggiarlo come vorrebbe, senza impaccio.
"Fa differenza?"
"Te lo chiederei?"
Se Alice è ritornata a starsene sulle sue parlando con una punta di acidità Harry invece non se ne cura: "Molta differenza" aggiunge, fugando ogni dubbio. La maniera in cui la guarda le sa tanto di supplica, come se la stesse invitando a non ritrattare proprio adesso ma solo a lasciarsi ascoltare.
"Una lei"
"Ne avete già discusso suppongo"
"Diverse volte, ma non c'è stato verso di trovare un punto d'incontro. Lei vuole restare qui quando potrebbe tranquillamente seguirmi. Altrove ci sono molte più porte aperte, molte più possibilità di scelta"
"Altrove"
Ripete soppesandolo tra sé e sé. Alice osserva il suo volto di nuovo rivolto al cielo e non vi è capace di trovare un'imperfezione, una nota a stonare. Ha gli occhi ben aperti e i capelli che gli scivolano di poco lungo le orecchie e gli scoprono le linee del viso; vede il petto alzarsi e abbassarsi regolare e forse parla alla Luna perché non smette di fissarla. Poi d'improvviso si volta, gli occhi sembrano aver perso un po' della loro luce, Alice non lo sa, li trova solo diversi o forse soltanto un po' più persi.
"E tu hai mai pensato di restare?"
"Nemmeno per idea, te l'ho det-
"Forse è questo il problema: non puoi aspettarti che gli altri ti seguano quando non consideri nemmeno l'idea di restare"
Alice distoglie lo sguardo perché la tesi di Harry non è errata e chiunque potrebbe dargli credito ma non lei.
"Qui so cosa ho, cosa posso avere"
"Cosa ti rende così sicura?" Harry ha preso a mordersi il labbro, ad affondarci gli incisivi, con la testa leggermente piegata di lato. Sembra scettico o forse solo molto realista: "Puoi pianificare quanto vuoi, immaginarlo se ti va, ma non hai nessuna garanzia che accada"
Non c'è niente che Alice possa dire per contraddirlo, perché ciò che dice è valido ma non del tutto, non quando si tratta di lei. Non sa che espressione abbia in viso, se ne frega delle sue mani che iniziano a essere marcate da una colorazione bluastra per il freddo, perché non gli direbbe mai che il suo giubbotto ora come ora le farebbe comodo, ma potrebbe invece darsi margine di farsi capire un po' di più, dopo tanto tempo: "So solo quello che non voglio"
"Cos'è che non vuoi?"
"Alice"
Quest'ultima sbatte gli occhi ripetutamente colta da un improvviso capogiro. Ha il dorso della mano poggiato sulla fronte e il respiro in affanni; il suo nome pronunciato è un eco nella testa: "Mi è salita. Devo solo sedermi due minuti"
In terra c'è un velo di umidità che le fa venire ancor più i brividi benché dentro paradossalmente avverta un caldo atroce.
"Hai bevuto molto?"
Harry le si è seduto di fianco in apprensione; sente il suo respiro sulle clavicole scoperte dallo scollo del maglione.
"Sì, no, dipende: quanto è molto per te?"
Al solo pensiero delle birre bevute le sale un conato che riesce fortunatamente a controllare con l'ironia. Vomitarsi sui jeggins neri e sotto gli occhi di Harry potrebbe essere la chiusura idilliaca di un bell'incubo del cazzo. Specie adesso che sono fermi a controllarla da cima a fondo. 'Fanculo.
"Non è divertente"
La ribecca, ora non più tanto in vena di battute e sorrisi.
"In confronto a te che fingi di buttarti di sotto dici?"
Ma Alice insiste benché la lingua sia pesante come un sasso e le dita le formicolano perché non le va di essere la guastafeste di turno.
"Me lo rinfaccerai per sempre?"
Alice si guarda le mani mentre le muove per alleviarle: "Un bel po' presuntuoso da parte tua" rendendosi conto solo a posteriori della sua acredine immotivata. Quando si volta Harry non la guarda più e qualcosa dentro di lei sprofonda. Le pizzica tutto adesso che vede il profilo della sua bocca stringere coi denti il filtro di una sigaretta.
"Comunque probabilmente un bel po' meno di 'per sempre'"
Butta lì un tentativo per riparare a quell'uscita infelice ma l'unica cosa che ottiene, è un guizzo della bocca illuminato dalla fiamma della clipper, che non è un sorriso tutt'al più una smorfia.
"Non hai più risposto"
Il fumo gli esce fuori brusco, in rigetto. Harry si tiene fermo con l'ausilio delle ginocchia, ci si appoggia su con gli avambracci e ha lo sguardo ovunque tranne che su di lei. Non si ode alcun rumore, o forse è solo lei a non sentire più niente. Alice non ha la più pallida idea di cosa ci sia tra lei e Harry ma pensarci adesso, coi pensieri offuscati, sarebbe solo improduttivo. In ogni caso, qualunque cosa sia sta a lei decidere se immiserirlo o arricchirlo. Il famoso 'tutto o niente' che vige nella sua vita e che lui aveva saputo riconoscere sin dall'inizio.
"Pensi mai al futuro? Ti immagini da qui a sei, dieci anni, magari così come sei ora, con una sigaretta tra le labbra e qualche brutta ruga agli angoli degli occhi?"
Prende un pausa perché il cuore ha preso a battere erratico ora che di sbieco vede Harry preso a guardarla.
"Perché io non c'è giorno che non lo faccia"
Si aggrappa alla stoffa del maglione, stringendolo tra le dita, come se a parlare a poco a poco, stesse perdendo lembi e lembi di pelle.
"E l'unica cosa che riesco a vedere è il vuoto. Perché tutto quello che so è che non voglio accontentarmi. E sento che se resto qui mi limiterò a non sapere se potrò vivere altre cento vite al di fuori di questa pur di riempirlo, perché sì di certezze forse non ne ho, eccetto l'idea di non riuscirci che mi terrorizza"
Non sa chi o cosa le abbia dato la forza di buttare tutto fuori. Gli occhi vorrebbero fare altrettanto, liberarsi anch'essi ma in un linguaggio differente, specie adesso che guardano quelli di un'altra tonalità immersi nei suoi senza sosta. Senza lasciarla sola. Harry si distacca dal muro impegnato in una deglutizione paragonabile a un singulto smorzato. Passa in rassegna il suo volto in silenzio e Alice si sente inavvertitamente nuda. Poi sorride a labbra chiuse, tutto il suo viso si tende in pieghe indulgenti e Alice avverte un calore inondarla d'impatto.
"Vuoi sapere come immagino io? Mi vedo seduto in poltrona, con le rughe non solo agli angoli degli occhi bensì sparse per tutta la faccia e lo sguardo oltre la finestra di casa mia con in mano l'unico libro che sarò riuscito a farmi pubblicare come promemoria della fortuna del principiante che avrò avuto; mi vedo guardare oltre quel vetro e chiedermi se ho avrò fatto tutto ciò che potevo, con la vita che continuerà comunque a scorrere di fuori e che mi ricorderà che quel vuoto di cui parli e che sentirò, non potrò colmarlo di certo stando seduto ma mescolandomi a ciò che vedrò: alla vita"
Si è toccato i capelli diverse volte e preso qualche tiro di tanto in tanto. Ora si lecca le labbra forse per riprendere fiato: "Solo chi aspira al massimo ha così tanta paura dell'eccesso della mediocrità, del vuoto. Devi solo cambiare angolazione e vedere l'altra faccia della medaglia, scopriresti che tiriamo fuori il meglio di noi dalla paura"
La cicca l'ha gettata alle spalle senza mai spostare l'attenzione da lei. Il cuore l'è salito fin su la gola, le sembra di soffocare, ma sa che non può essere reale.
"Va bene pensare al futuro ma a patto di vivere il presente, dove sei adesso. Chiunque sia questa lei sono sicuro che non ti chieda altro: di restare dove sei ora"
Harry sorride sicuro, stavolta scopre i denti e Alice si chiede se possa esistere qualcosa di più luminoso di quello, delle sue parole. Si sente investita da un senso di appartenenza come se l'idea che avesse di lei e della sua emarginazione non fossero mai esistite. Harry non ha aspettative, aspetta soltanto, ritornando con la schiena al muro e facendosi sentire anche solo con quel mero calore, in tutto e per tutto, come poc'anzi e senza esitazione, si era seduto a poche spanne da lei su quel marciapiede lercio.
"Lei è Glenn, si chiama Glenn"
Anche la sua schiena si poggia al muro e Harry ride sommessamente, guardandola da sotto le ciglia, senza dire nulla al riguardo.
"Va meglio?"
Glielo potrebbe dire in mille modi o forse non dirglielo affatto per non soddisfarlo, ma quella è storia vecchia, è stare nel mezzo. Ora è solo questione di pelle contro pelle, col suo palmo che si poggia sul dorso della mano di Harry per dire 'si'.
Harry si limita a contemplare quel contatto sulla sua gamba senza aggiungere niente perché ne comprende il valore, piuttosto rizza le spalle e dice: "Solo per la cronaca, nessuna sigaretta conto di smettere prima o poi"
"Balle"
Alice si permette di sorridere, con qualche barriera in meno e speranza in più, senza sentire più freddo.
"Mi sottovaluti Alice Spencer, dovresti avere un po' più di fiducia in me"
Non lo faccio; ce l'ho.
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di fuori la finestra il mondo H.S.
FanfictionAlice Spencer ama lo scotch, i libri e la giustizia contrariamente detesta la vodka liscia, l'ottimismo e l'ingiustizia. Alice Spencer si ama ma si domanda se sappia amare, se il tempo poi, non lo trova mai per qualcun altro al di fuori della sua 𝑝...