7. montagne russe

41 9 0
                                    

Harry cammina di fianco Alice la scruta con esperienza senza farsi beccare. Ne approfitta adesso, ora che le sembra finalmente a suo agio. Ne va fiero anche se non lo dà a vedere. Se sapesse disegnare si rappresenterebbe come una caricatura dal petto gonfio. Poco prima rompere il ghiaccio non era stato facile così come anche il solo avvicinarsi a lei quel giorno. Oltre a scorgerle un'espressione stanca in volto, Harry nota che ha del polline incastrato tra i capelli. Il suo primo impulso è quello di alzare una mano e di sbarazzarsene, ma è costretto a frenarsi e a comunicarglielo soltanto. Quando lo fa Alice se ne libera svogliatamente. Finisce lì. Quello che li avvolge è il silenzio. Un silenzio non avverso ma conciliante. Proprio come quello a cui hanno preso parte entrambi seduti sulla panchina giusto qualche giorno fa, lo stesso che ha sancito l'inizio di tutto. E a tal proposito e al suo gesto poc'anzi trattenuto, il pensiero di Harry vola a quando invece la mano di Alice aveva cinto la sua in quello sgabuzzino colmo di puzza di detergenti e paura. Senza riserve e bisognoso di essere colto. Partito da lei e non viceversa. Quel contatto aveva significato per lui uno spiraglio e una conferma al tempo stesso, qualcosa a cui potesse aggrapparsi. Aggrapparsi a quel grande muro dietro cui sa che Alice si tiene ben al riparo dal mondo. Certo, ancor prima l'aveva sì stretta a sé in quelle frazioni di secondo illogiche, ma non potevano di certo porsi a paragone. Era stata lei a volerlo. A scegliere una possibile vicinanza o un contatto ravvicinato. Alice era stata mossa da un'urgenza, quella di fargli presente che lei ci fosse in un gesto di solidarietà pura e sincera. Da quello poi tutto il resto ha preso forma e vigore, la matrice della sua ostinazione nell'insistere nei pressi dell'ospedale che dovesse esserci un qualche disegno per loro al di là di ogni comprensione. Un disegno fatto di piccoli tratteggi da congiungere. Ancora in fieri, sì, ma pur sempre vero. L'aria sa ancora di bagnato e il terriccio è come fanghiglia per quanto colloso a contatto con le scarpe di Harry sia. Alice, dal suo canto, non se ne cura, si gode il suo gelato e l'atmosfera pacifica che si respira al parco. Quello è l'ultimo dei suoi problemi. Se per Harry la notte precedente era stata comune a tante altre, per Alice invece, non era stata il massimo, e per impegnare quelle ore fattesi grevi e interminabili, si era messa a contare le gocce di pioggia sul vetro. Proprio come quella che adesso cola giù dal cono di Harry e che lui prontamente corre a leccare. La luce del sole gli attraversa le iridi creando uno sfavillio luminoso. Le ricordano due gemme preziose. Come quei tesori tenuti nelle teche dei musei che puoi osservare solo da lontano e guai se ti azzardi a toccarli. Lui colto in flagrante e ignaro dei suoi pensieri stravaganti, le sorride divertito ma Alice non se la sente di ricambiare invece riattacca a parlare.
"Quindi è una modella-pittrice-psicologa?"
Harry le ha confidato che fanno coppia fissa da circa un anno e mezzo e che lei è più grande di lui di qualche anno. Camille, di origini in parte francesi, lavora saltuariamente come modella, gira il mondo con una laurea in tasca in psicologia e tappezza il suo appartamento di tante, variopinte, tele.
"Direi più psicologa-pittrice-modella se vogliamo vederla dal punto di vista pratico" ci tiene a puntualizzare lui, come se fosse doveroso. Non fa caldo ciononostante la camicia larga che indossa Harry, sui toni del pesca, le sa già di estate.
"Piuttosto puntiglioso"
Alice fa la finta innocente e Harry in risposta finge di rimproverarla solo con lo sguardo quando Alice sa che vorrebbe ridere.
"Mi è stato detto di peggio. Ciò non toglie che io ancora non mi spieghi, come tu possa aver accostato il mirtillo al cioccolato fondente"
Stavolta è lui a punzecchiarla mentre lei si ritrova ad alzare gli occhi al cielo. Quando poco prima Harry ha esplicitato la sua voglia di gelato l'ha invitata a prendere il pistacchio - a suo dire 'fenomenale' - al posto di uno stupido gusto alla frutta. Alice l'ha ignorato, perché è una a cui non piace piegarsi al volere altrui, anche se in fin dei conti si tratta solo di seguire un banale suggerimento. E poi perché Harry, per quello che ne sa, di certe sicurezze, può farne anche tranquillamente a meno.
"Insisti? Tu hai scelto pistacchio e burro d'arachidi, entrambi dal retrogusto salato e osi giudicare me?"
Harry a quel punto si ferma d'improvviso e la fissa con uno sguardo serio, serissimo. Alice è costretta a fare lo stesso e a essere dubbiosa di conseguenza.
"Il pistacchio e il burro d'arachidi sono come il pane col burro o le fragole con la panna: l'incastro perfetto"
Alice però rivolge tutta la sua attenzione su quelle che ha scoperto essere due rondini tatuate sul petto. Dalla visuale dello scollo sono perfettamente allineate e sembrano persino guardarsi. Per tutto il tempo intercorso si era messa alla ricerca di ogni traccia d'inchiostro sul suo corpo  volta a scoprire storie ancora a lei ignote. Tutte in bianco e nero senza alcune sfumature degne di nota. Si è chiesta se forse non sia questa la maniera in cui veda il mondo. Benché non lo sappia, c'è una parte dentro di lei che lo vorrebbe così da sentirsi meno sola.
"Be' si dia il caso che io alla panna preferisca il cioccolato fuso da accompagnare alle fragole"
Alice non lo guarda più, ma lui sì, lo sa perché lo avverte anche senza una conferma. Harry si schiarisce la gola platealmente: "Mi pare giusto, se per panna ti riferisci a quello schifo che stavi per compr-
"Insopportabile"
Non sa se il suo mondo sia a colori ma di questo n'è certa: non glielo perdonerà mai.
Sono seduti su una panchina in legno scolorito. L'ombra della corona di foglie di un albero si muove sul petto di Harry non appena soffia un po' di vento. Alice tiene le braccia conserte e le caviglie una sopra all'altra. Segue distrattamente un uomo che fa jogging prima di essere disturbata da un Harry rumoroso con dei pezzi di cono in bocca. Se ne sta accovacciato con la cialda friabile e i gomiti poggiati alle ginocchia per non ritrovarsi ricoperto di briciole. E c'è qualcosa in lui, anche nei gesti più usuali o nella sola maniera in cui osa muoversi, che sembra sempre seguire una certa consonanza. In principio lo addebita alle sue spalle ampie, all'apparenza autorevoli ma sicure al tempo stesso, ma poi si ricrede, pensando che molto probabilmente, sia il suo solo modo con cui guarda alle cose. Ripensa a quando poco prima le aveva detto che da piccolo era tappa fissa venire qui con sua madre. Le aveva indicato il punto esatto dove si era fratturato una caviglia a causa di una caduta in bici spiegandosi con verve e genuinità. Alice lo aveva scandagliato con un interesse che le aveva fatto specie: si era fatta prendere, distrarre, da una danza fatta di passi semplici eppure per lei tanto rimarchevoli. Si era stupita di quanto fosse facile per lui spogliarsi, anche se solo appena, di quelle proziuncole di vita passata.
"Tuo zio come sta?"
Harry si volta un po' sorpreso, si mette comodo facendo cascare un braccio molle alle spalle dello schienale. C'è dello spazio equamente bipartito a dividerli da una vite arrugginita.
"Meglio, è stato dimesso ieri"
Harry le sorride quando lo dice, sembra tranquillo. O forse il suo solito intento è quello di trasmetterlo. Harry sorride spesso, forse troppo. Sua nonna una volta le disse, che chi sorride con fin troppo agio si porta dentro una sofferenza ben più grossa di quanto debba.
"E tu?" Gli chiede ancora passandosi la lingua sulle labbra e scomparendosele secche.
"Bene"
Stavolta è lei a sorridergli. Gli crede. Avverte dentro di sé, in un eco lontano, come una sorta di sollievo.
"Invece che mi dici di te e della tua brutta cera?"
Alice sbuffa una risata.
"Be' grazie"
La bocca di Harry va all'insù.
"Notte insonne?"
Alice sospira leggermente, sposta lo sguardo solo per poi rivolgerlo a un punto indefinito, senza intenzione. Il ricordo riaffiora d'impatto ed è costretta ad accoglierlo con riluttanza.
"Quando le mura del tuo appartamento sono talmente sottili al punto da poter sentire la tua vicina singhiozzare, sfortunatamente questo è ciò che ottieni" la voce le esce fuori d'un botto, con irriflessione, tanto da pentirsene l'istante successivo non appena ritorna a far aderire gli occhi suoi in altri così tanto diversi per forma e colore.
"Perché secondo te piangeva?"
Harry tuttavia non sembra essersi scomposto minimamente, fatta eccezione dall'osservarla più attentamente, come se aver dei riflettori puntati addosso in confronto fossero niente. Alice si scrolla di dosso un brivido indesiderato stringendosi nelle spalle.
"Suppongo per il suo compagno. Se n'è andato senza una spiegazione senza lasciare un biglietto, niente di niente. Gira voce che sia scappato chissà dove con un'altra"
Harry non smette di fissarla, ha uno sguardo saldo, quasi intransigente. È come se qualcosa in lui fosse improvvisamente mutato, fattosi inclemente.
"Meglio così. Meglio una perdita che una presenza fittizia"
Il tono di voce difatti si fa severo e imperioso, come se bastasse questo, un giudizio tassativo, per tagliare fuori tutto il resto che ne subisce poi l'inerzia. Alice non ci sta, ripensa alla bambina che ha visto crescere anno dopo anno e alla sua giovinezza segnata. Ai suoi occhi vispi e all'entusiasmo contagioso tipico dell'età.
"E sua figlia? A soli sei anni è costretta a crescere senza un padre, in una casa che sua madre a stento riesce a sostentare e a pagarne irragionevolmente lo scotto"
Ribatte con asprezza al suo atteggiamento sufficiente, tanto da farlo in apparenza ravvedere. Difatti tutto ciò che fa è guardarla inespressivo, fatta eccezione per i suoi occhi, più vividi che mai, il cui unico scopo è quello di trovare ragioni inespresse radicate tra le pieghe del suo volto. Poi d'un tratto si muove, le si fa più vicino ma solo di poco, come a farle percepire una sorta di sostegno invisibile e imprevedibile.
"Come si chiama la bambina?"
Alice fa fatica a ragionare, Harry la confonde. Più lo guarda e meno capisce.
"Mandy, perché lo chiedi?"
Alice si ritrae subitaneamente, si mette sulla difensiva al solo nominarla. Harry resta lì, immobile, cosciente di chi sia e di come lo sia, senza battere ciglio, mostrandosi:
"Perché ti importa, ti importa di lei"
Alice non sa ben descrivere cosa provi all'interno, cosa di preciso l'abbia appena smossa, tutto ciò che sente è solo un ammasso di sensazioni in antitesi tra loro.
"Sei un tipo strano" confessa, quasi come se fosse un segreto, come una confidenza finalmente riconosciuta ad alta voce.
Harry in risposta ridacchia, probabilmente sorprendendo ancor prima se stesso e poi Alice.
"Uno 'strano' buono?" Le fa, scostandosi i capelli dalla fronte. Alice vede verde ovunque: il prato, le foglie, gli occhi di Harry. Ce l'ha di fronte e non ha bisogno di rifletterci perché non lo sa. Almeno non adesso.
"Ancora devo deciderlo"
Harry in procinto di esperimersi, lascia perdere, il capo saetta verso l'alto, tra i rami dell'albero, alla ricerca del volatile che ha appena emesso un verso stridulo. I capelli ribelli per la gravità scivolano giù scoprendo un cerchietto al lobo che non aveva mai notato. Alice dimentica ciò di cui stessero parlando perché per la prima volta scorge in lui una sfumatura puerile, come un bambino che ne sa ancora poco del mondo e ha tutto da scoprire. Come se fosse ingenuo, rispetto, invece, a come le si è mostrato sin dal primo momento: smaliziato. Si ritrova a emulare i suoi stessi gesti giusto in tempo per essere colta, ancora una volta, in contropiede.
"Non ti muovere"
Harry le fissa la spalla scoperta.
"Cosa c'è?"
Gli chiede ansiosa ma in realtà ha già visto di cosa si tratti. Una piccola coccinella dal dorso scarlatto riposa al termine della sua clavicola.
"Sapevi che esistono migliaia di specie diverse ma solo alcune sono considerate di buon auspicio?
Un tempo si credeva che solo la coccinella che avesse sul dorso sette puntini portasse fortuna perché solo sette erano i pianeti"
Harry si spiega con cura ammirando all'insetto da lontano. Ha le mani molli in grembo e le spalle leggermente adunche rese ancora più evidenti dal tessuto sottile della camicia.
"Oggigiorno c'è chi crede che la fortuna sia maggiore se si posa il tempo necessario per contare fino a ventidue. Ho contato io per te: undici"
Nel frattempo quel pizzico di fortuna è volato via, solo per farlo in circolo e adagiarsi sul dorso della mano di Harry, strappandogli un'espressione stupita e entusiasta allo stesso tempo.
"Un vero peccato, adesso è su di te, magari tu sarai più fortunato"
"Non ci credi poi tanto in questo genere di cose vero?"
"No, non fanno per me"
La fortuna, ammesso che esista permane solo col duro lavoro. E il rispondergli di conseguenza solo una formalità.
"E cosa fa per te Alice?"
Se prima tutta l'attenzione di Harry era rivolta alla coccinella adesso è tutta per Alice, senza via d'uscita. Come se quella domanda all'apparenza posta con noncuranza reclamasse tutt'altro che quella, seduta stante.
"Tutto quello che tocco"
Glielo concede anche se a denti stretti. Harry abbassa lo sguardo e in quel preciso istante le piccole ali si muovono ancora una volta per luoghi o forse persone assai più lontani. 
"Più di questo? Così categorica eppure..."
Harry si interrompe per sfoggiare quel suo mezzo sorriso, quel mezzo sorriso di chi sa. Saccente. Si tasta le tasche probabilmente alla ricerca delle sigarette.
"Eppure cosa?" Gli chiede con fretta, provando a stare al passo con lui che conferma i suoi sospetti reggendone una tra le dita. Harry se l'accende l'attimo dopo e con la cicca in bilico tra le labbra scandisce alla perfezione: "Eppure Alice, esattamente undici. Facciamo due passi?"
Di parole non ne vengono fuori perché dentro di sé, Alice, è tutta in subbuglio. 'Esattamente undici' si ripete nella testa come una cantilena tediosa insinuatasi affinché cambi idea. Ventidue secondi di fortuna equamente divisi. Le mani le tremano così corre a sovrapporle per nascondere lo scompiglio. 'Una volta può considerarsi coincidenza, ma due, Alice, è un segno' le aveva detto, sicuro come non mai, come se già sapesse. Il cuore, non sa quando, ha iniziato a battere a un ritmo irregolare. Harry si è alzato, la guarda dall'alto verso il basso mentre fuma, come un'autocrate dalla sua torre d'avorio. La aspetta o forse si gode semplicemente lo spettacolo. Alice lo guarda solo per un attimo prima di alzarsi e iniziare a camminare senza meta, provando a non pensare che Harry e il mondo abbiano ragione; che non esistano formule a cui possa appellarsi per spiegare la casualità degli eventi. Harry resta per qualche minuto lì a fumare, successivamente la raggiunge ma non le si affianca: le lascia spazio.
"Ci voleva" fa Harry riferendosi alla birra che regge tra le mani. Poco fa aveva provato a dissuaderla invitandola a fargli compagnia ma Alice aveva rifiutato con un breve cenno del capo. Harry prosegue di qualche passo prima di fermarsi di fronte un muretto e balzarci su con agilità. Prende un sorso: "Ti serve aiuto?"
Alice risponde con un: "Sono a posto" poggiandoci solo la bassa schiena e dandogli così le spalle. Sente Harry muoversi e di riflesso gli occhi le si serrano per l'agitazione.
"Sbaglio o hai paura?"
È ricurvo su di lei, l'alito che sa di birra le carezza il collo mentre le pone la domanda di cui sa già la risposta come il diavolo che non ha bisogno di chiedere perché è conscio dei tuoi più grandi timori.
Provare a nascondergli qualcosa è forse impossibile?
"Dovresti averne anche tu"
Lo mette in guardia, riaprendo gli occhi e facendo fatica a scontrarsi con la sua sagoma fin troppo rilassata che si burla del suo cuore apprensivo.
"Alice Spencer mi stupisci, ti ricordavo ben più audace di così!"
Harry sembra chiaramente sorpreso, come se da lei non se lo aspettasse; come se poi fosse in diritto di aspettarsi qualcosa. Non la conosce quindi perché tanto stupore. Alice n'è infastidita.
"Non sono una sprovveduta" dice freddamente, tornando a dargli le spalle. Sente il vetro della bottiglia contrapporsi al calcestruzzo del muretto e Harry che fa cascare le gambe a penzoloni a qualche centimetro da lei.
"Hai paura dello altezze ma non di un uomo armato, interessante"
Alice è satura, gli si scosta: "È sufficiente un solo istante dove non hai il pieno controllo di te e accade l'irreparabile"
Harry sembra soppesare su quanto detto poi però fa scoccare la lingua sotto al palato. Odioso.
"Invece con una pistola puntata contro hai tutto sotto controllo, vero? Sicura che lo 'strano' sia io qui?"
Si beffa di lei mimando le virgolette con le dita. Alice però lo ignora, perché il peso che porta sullo stomaco è una zavorra angosciosa e che ha di gran lunga la meglio rispetto a una sciocca istigazione.
"Non è la stessa cosa"
Ci prova, prova a spiegarsi e a fargli comprendere che sia una questione ben più ampia e intelligibile. La voce è debole, come allo stremo delle forze. Harry si prende qualche secondo per dire o fare qualcosa. Lei non osa guardarlo, perché non ce n'è motivo. Ha già detto quanto basta, si è già svelata abbastanza. Harry poi si aggrappa al collo della bottiglia: "Lo so" dice infine, ricercando il suo sguardo e trovandolo quasi con prepotenza, assorbendo il senso del suo parlare e accogliendo a sé una sfaccettatura di lei che sinceramente non credeva possibile. Harry non la giudica ma capisce. Prende atto del fatto che le fobie assumano tra le forme più varie e impensabili permeando dentro come parassiti. Alice si accarezza il lobo, come a esorcizzare quell'indesiderato disagio, e si domanda, invece, quali siano le sue, sicuramente nascoste ben bene sotto strati e strati di pelle. Harry è capace di metterla a dura prova e non ricorda di preciso quando gliel'abbia concesso. Forse se n'è semplicemente arrogato il diritto.
"Ti piace quello che fai?"
D'un tratto le chiede, facendo ritornare le gambe su per appoggiarci i gomiti.
"Sarebbe?" Alice si scopre impreparata e incerta riguardo questi repentini cambi d'umore e discorsi.
"Tipo la tua vita, quello che studi, il lavoro al giornale, chi frequenti"
Non la guarda più, Alice non sa quando esattamente si sia perso, come spaesato in se stesso.
"Sì" risponde a bruciapelo, senza pensarci più di tanto. Harry beve, imperturbato. Sembra un automa.
"A te no?" Le viene da chiedergli con curiosità e un pizzico di incertezza. Solo allora Harry sembra ridestarsi dallo stato di trance. Si prende qualche minuto per replicare non prima di aver rilasciato quello che le sembra un lungo sospiro.
"In genere dipende, ma se poi le giornate finiscono tutte con una buona birra e un tramonto come questo, allora sì"
Le fa segno di guardare verso destra dove cui non era riuscita ancora a prestare attenzione fino a quel momento per la paura. C'è la birra di Harry, tenuta in alto, che penzola dalle sue dita e alle sue spalle l'orizzonte in una distesa di arancione brillante immersa in un azzurro più tenue. Un contrasto che credeva possibile solo nei quadri ai quali ha sempre fatto fatica a credere per quanto belli. Invece è tutto reale: i colori sono tutti lì, filiformi, ma lì; non c'è confine, né un inizio né una fine, coesistono con la stessa intensità che sente sgomitare dentro.
"E se non accade?"
Chiede a quel punto, soffermandosi sul suo profilo, sui suoi di colori e sulle sue ombre che solo ora riesce a vedere e percepire. Aloni evanescenti che ne sgualciscono la presenza distinta e ben collocata.
"Non ci penso: i tramonti, il mare sono sempre lì; sono io che spesso manco"
Alice lo guarda, ancora e ancora, e quel mezzo sorriso che lui prova a propinarle non riesce a fregarla. Perché Alice ha capito. Alice gli è violentemente affine. Ha capito che il mondo te lo ritrovi sempre com'è, magnifico o marcio a seconda dei casi, ma è la nostra presenza ad essere arbitraria. Fisicamente siamo presenti ma spesso siamo altrove.
"E tu la credi vita questa?" Quasi biascica, con un senso improvviso di tristezza e appartenenza che tenta di rifiutare.
"È vita Alice: è tutta un meraviglioso e volubile compromesso. Si sale e si scende di continuo. Solo quando ne prendi atto, una quindicina di metri d'altezza non fanno poi più così paura"
Alice non sa come, ma Harry è all'impiedi. Ha le mani umide per la condensa della bottiglia e gli occhi che luccicano quando si volta verso l'altra estremità, quella che la porta a trattenere il respiro perché sa che a dividerlo dal terreno c'è un'altezza significativa. Quindici metri di panico e orrore che le si avvinghiano al collo e la soffocano. Alice trema, trema come una foglia e non riesce a proferire parola. Vorrebbe dirgli di sedersi, di non accostarsi al pericolo quando può stargli tranquillamente lontano. Ha paura. Paura, paura paura. Se lo ripete nella testa come un cazzo di mantra. Le labbra pronunciano un 'basta' afono, senza riuscire a dargli realmente voce e enfasi. Però forse è sufficiente quello, una preghiera a stento articolata, perché Harry si volta: "E poi nelle peggiori delle giornate, potrei sempre decidere di distrarmi per un istante e...
Tuttavia la frase resta incompiuta, sospesa nell'aria così come il suo corpo, che si dà lo slancio per cadere giù, nel vuoto. Insensatamente.
"Harry!"
Alice urla, si raschia la gola, le mani si aggrappano al cemento con irruenza, come a volerlo afferrare e trattenerlo ma malauguratamente in ritardo. La testa le scoppia, gira tutto, gli occhi sono sul punto di esplodere in fiumi ma quando finalmente trova la fermezza di sporgersi, l'incubo muta in sogno, in un evento irreale e vissuto solo falsamente.
"Che fai mi raggiungi?"
Lo strapiombo non è mai esistito, c'è Harry tutto intero che ha l'ardire di sorriderle coi piedi ben piantati su una sporgenza ampia e distante da lei soli, due, sciocchi, metri.
"Sei proprio uno stronzo!"
Gli urla portandosi le mani in volto per ricacciare via le lacrime. 'È tutta un meraviglioso e volubile compromesso. Si sale e si scende di continuo' le aveva detto, prima di saltare e di dargliene una prova, come se la vita non sia altro che uno stare incessante sulle montagne russe. Benché le guance continuino a bagnarsi Alice ride e ride perché Harry è uno stronzo. Uno stronzo che ha ragione. Si accascia a terra, con gli strascichi di adrenalina che la lasciano improvvisamente senza forze, abbandonandosi a lunghi respiri alternati da risate isteriche. Un secondo prima credeva di essere morta con lui mentre adesso vive. E sebbene le costi fatica ammetterlo si sente viva come non le accadeva da tempo.

di fuori la finestra il mondo H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora