8. restare

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Alice aspetta da una decina di minuti. È ancora seduta in terra quando vede la figura longilinea di Harry farsi strada tra la gente. Avanza avido, in tutta la sua solennità, con le gambe lunghe bramose di accorciare le distanze nel minor tempo possibile, come se volessero confermare o smentire ciò che crede di sapere. Alice si chiede cosa si aspetti mentre riconosce in lui quell'attitudine sprezzante che gli aleggia tutt'intorno in maniera quasi abbacinante. La stessa che l'ha portata a distinguerlo con una facilità che riconosce d'essere ai limiti del disturbo. Harry si fa sempre più vicino coi piedi di Alice che invece si fissano al terriccio con veemenza, come a volersi imprimere e irrobustire al tempo stesso. Sente ribollire dentro di sé un moto di sfida e rivincita che quasi fa fatica a connotare rispetto a quell'agonizzante paura che l'aveva resa una rammollita ai suoi occhi. Prende un profondo respiro al pensiero e se lo scrolla di dosso scostandosi i capelli dal viso. La luce si è fatta tenue, colorata di arancione e di un velo di oscurità eppure il ghigno di Harry è smaccatamente luminoso non appena la intercetta esattamente dove l'aveva lasciata. Adesso che torreggia su di lei tronfio.
"Sei rimasta"
"Deluso?"
"Tutt'altro, sono piacevolmente sorpreso. Perché sei rimasta?" Le chiede curioso, sedendosi poco distante da lei e facendo aderire le spalle al muretto. Harry l'aveva lasciata col cuore che le ballava nel petto. E lei l'aveva dapprima odiato e poi sentito vicino. Spinta oltre i limiti consentiti, l'aveva fatta sentire viva. Viva di emozioni - ché senza quelle, vita, non sarebbe. Se Harry fosse stato lì con lei, gli avrebbe urlato contro, ma di preciso non sa cosa: se i suoi sarebbero stati solo una manciata di insulti o se nel mezzo ci sarebbe stato anche un grazie macinato a denti stretti, pagato a caro prezzo. Nel frattempo gli occhi di Harry hanno vagato sulla sua figura solo per poi soffermarsi incuriositi sulle sue mani.
"Inizialmente volevo versarti questa addosso poi ho pensato fosse un peccato sprecarla" Si spiega, facendo dondolare la bottiglia di birra. Harry a quel punto le si rivolge interamente col busto, come a prestarle tutta l'attenzione possibile, come è suo solito fare e farla sentire: inspiegabilmente al centro.
"Molto divertente, prima però non ti andava" replica, sbuffando una risata con riluttanza, come a non volerle dare soddisfazione.
"Per 'prima' intendi, prima che tu decidessi di buttarti di sotto facendomi credere che fossero quindici metri?"
"Sì"
La prontezza a cui fa ricorso per quelle risposte a bruciapelo, sempre pronte e intrise di un'ovvietà che non ammette discordanze, mettono seriamente a dura prova i suoi nervi. Come se, per lui, le sue precedenti azioni non avessero avuto ascendente alcuno.
"È una vera ingiustizia che tu non abbia nemmeno un graffio"
Alice si muove sul posto infastidita, avvertendo una punta di dolore alla bassa schiena. Harry tocca corde che non credeva di possedere, le strimpella a suo piacimento mentre sembra crogiolarsi nelle reazioni che le suscita, goderci ampiamente. Se ne sta lì, seduto comodamente come se niente lo potesse mai scalfire a osservarla compiaciuto, con un ghigno che prova a nascondere ma che Alice ormai ne percepisce la presenza solo stando a guardare.
"L'unica ingiustizia qui è che io non possa finire la mia birra" dice solo, burlandosi ancora una volta di lei e del suo parlare, sfidandola e piantando forzatamente gli occhi dentro ai suoi. Le viene in mente della prima volta in cui aveva avvertito il pericolo standogli di fronte. Di come avesse creduto che Harry volesse in qualche modo prevaricarla. Alla fine, però, aveva cambiato idea perché Harry l'aveva convinta, forse con poco, ma ci era riuscito. E adesso quella sensazione che le sa tanto d'essere sinistra, è riaffiorata. Come se di punta in bianco la stesse stuzzicando per un fine. Un fine che, date le suddette circostanze, Alice non riesce a concretizzare. L'unica cosa che riesce a fare è maledirsi, perché molto probabilmente avrebbe dovuto agire di primo istinto, versargli in testa fino all'ultima goccia, pur di fargli scomparire quell'espressione di pura superbia.
"Sei uno stronzo Harry" glielo palesa finalmente, con un'intonazione nella voce più scura rispetto a quel tono fintamente disinteressato sinora adottato.
"Allora avevo sentito be-
Ma Harry non comprende stavolta, perché non sa di starsi scontrando con una Alice fredda e silenziosamente astiosa. Un Alice, che nutre del risentimento per essere stata messa alla prova con troppa faciloneria e noncuranza, perché lo scherzo fa ridere solo in tempi prestabiliti e non oltre.
"Non farlo mai più"
Lo zittisce e gli smorza l'euforia di un gioco che adesso le sta stretto. Lo inchioda, come lui le aveva detto quel giorno, col solo sguardo. Harry, ricambia, regge il confronto ma non dice nulla. Il verde degli occhi sembra acqua trasparente, come quella del mare, Alice potrebbe specchiarcisi, rivedersi, ma non adesso. Non adesso perché la comunicazione non necessariamente verbale deve essere solo efficace. Forse sin da quando lo conosce, non l'ha mai visto arrendersi, ma Alice tiene duro, tutto in lei sembra essersi fatto di pietra, la postura, il viso, l'intenzione. E Harry non può far altro che soccombere, scollarsi di dosso quell'espressione goliardica e chinare il capo. Accennare un 'sì' d'assenso con la testa, un cenno come a voler dire d'aver inteso. Si passa una mano dietro al collo, quella marchiata dalla croce, che le sa più di zavorra che un simbolo divino, mentre sembra soppesare su qualche questione o forse riflette solo su chi momentaneamente gli sta a poche spanne. Ma Alice non interessa, il suo scopo è stato raggiunto o quasi o forse non proprio del tutto. Quest'ultima si alza cogliendolo di sorpresa, il capo di Harry saetta verso di lei mentre il corpo si muove per inerzia emulando i suoi gesti.
"Ce ne andiamo?"
"Io sì, tu non so"
Harry ritto e scompigliato, con le punte dei capelli che gli caratterizzano gli zigomi in degli sbuffi, la osserva incerto. Alice adagia la bottiglia sul muretto prima di sporgersi: "Sbaglio o quelle laggiù sono le chiavi della tua auto?"
E se potesse vedersi, si odierebbe, per quanto falsa sia. Le viene da ridere, perché stavolta il gioco l'ha imbastito lei con Harry che corre a tastarsi le tasche, e a scoprirsele suo malgrado vuote, con un cipiglio che gli si piazza bellamente sulla fronte. La fissa incredulo poi prende un passo verso di lei dopo aver lanciato un'occhiata di sotto, dove solo poco prima si era fatto trovare sornione. Alice sa che benché adesso le stia sorridendo, quella non sia altro che una facciata, perché dentro sta facendo i conti col fatto di essere stato vinto. Quando qualcosa le dice con certezza che perdere non gli piaccia affatto. E le basta questo, la realizzazione che gli anima gli occhi, l'incapacità di mettersi in pari e pareggiare i conti per prendere due passi indietro: "Chi la fa l'aspetti Harry Styles, alla tua!"
Harry si passa una mano sulla bocca, come se volesse tapparsela pur di non dire troppo, mentre Alice brinda alla sua, con la birra che le bagna le labbra e sa di vittoria.
Ci sono giornate primaverili che mettono Alice di buonumore. Come quella di oggi dove il sole le accarezza la pelle senza essere invadente e dove l'aria sa di un'insensata felicità. La percepisce farsi strada sotto strati di epidermide e risalire fin su la testa, per ammorbidirle i pensieri e sgravare le preoccupazioni. Seguire i corsi era stata cosa di poco conto così come il prendere appunti poco faticoso. Alice se l'era goduta, specie se di tanto in tanto le tornava in mente la disfatta memorabile di Harry. Sono passati due giorni eppure il ricordo è ancora vivido nella sua testa, quasi immutabile. Alice sorride disfandosi degli auricolari e riponendoli nello zaino. Forse non è la sola aria a darle vigore bensì ancora quel brivido pulsante. Lo stesso che si fa d'improvviso incalzante quando trova Harry rivolto di spalle non appena fa il suo ingresso nel locale. C'è il solito profumo di caffè e di dolci, c'è il solito ambiente accogliente dalle pareti chiare e le luci calde. C'è il solito chiacchiericcio leggero, i soliti suoni di stoviglie o di dita su tastiere di computer. E c'è Harry, con la solita divisa indosso tinta di nero e con le braccia disegnate dello stesso colore, che fa leva su queste mentre parla con un collega poggiato al bancone. Il grembiule annodato dietro la schiena gli risalta l'ampiezza delle spalle coi capelli scuri che gli ricadono sul collo in curve arzigogolate. Quando Alice gli passa di fianco per accomodarsi al solito posto, non sono i suoi gli occhi in cui si imbatte in primo luogo, ma quelli di Stan, di un verde più scuro e anonimo, che la seguono e restano su di lei anche quando si siede. Harry richiama l'attenzione di quest'ultimo ma al contempo non è uno che si lascia sfuggire qualcosa, così fa da sé e si volta verso di lei, come se già sapesse, illuminando l'interno con un semplice sorriso. Alice ricambia mentre sistema il libro a lato del braccio credendo che invece il suo sia solo uno comune a tanti altri. Uno che dice poco. Harry, nel frattempo, la raggiunge in un nonnulla, non lasciandole mai il tempo di schiarirsi le idee e le si siede di fronte.
"Alice"
"Harry"
"Hai l'aria compiaciuta" le fa, stravaccandosi sulla sedia e sfoderando la sua solita aria da padrone assoluto. Ciononostante, Alice legge attraverso lo sguardo una latente ostilità tenuta a bada.
"Tu invece infastidita, cosa mi sono persa?"
Non gli dà corda ma preferisce essere diretta perché i convenevoli per quello che ricorda non sono il loro forte dopotutto. Harry la guarda da sotto le ciglia lunghe e la bocca, dapprima una curva morbida, diviene ben presto una linea dura, quando si accosta al tavolino: "S'era fatto buio, ci ho messo mezz'ora per trovarle"
Una giusta penitenza o forse non abbastanza?
"Solo mezz'ora?" Gli chiede, sbattendo le ciglia con un'innocenza che Harry sa bene che non gli appartiene. Quando quest'ultimo fa per parlare e forse risponderle a tono, Alice lo precede: "È possibile ordinare una tazza di tè?"
Lo liquida con nonchalance, come se non avesse voce in capitolo ma dovesse semplicemente sottostare alla punizione inflitta. Harry in risposta fa tamburellare le dita sul tavolo, non scomponendosi nemmeno di poco: "Certo, senza zucchero come al solito?" Le chiede cordiale e con una professionalità ostentata e forzata come il sorriso che prova a propinarle ma che Alice non si beve nemmeno per un secondo, perché non dà luce.
"Sì, grazie"
Harry a quel punto, invece di alzarsi e adempiere alle sue mansioni, si lascia andare a un ghigno prima di voltare il capo e urlare: "Stan una tazza di tè con molto dolcificante" al ragazzo poco più che ventenne, che colto di sorpresa per poco non rovescia il contenuto delle tazze sul vassoio. Alice incassa il colpo aggrappandosi al libro e aprendolo a caso: "Quanto ti piace giocare" applica una leggera pressione alle pagine, il tutto, sotto gli occhi attenti di Harry che vogliono rubarsi tutto, anche il respiro, persino quello.
"Da matti"
Replica, inumidendosi le labbra e con uno scintillio famelico negli occhi che Alice è sicura di vedere soltanto lei.
"Lana mi ha raccontato del vostro tête à tête" aggiunge poco dopo, assumendo una postura meno disordinata con le mani poggiate al tavolo, come a riempire uno spazio che gli spetta.
"La tua ragazza ti ha francesizzato per bene vedo" ci scherza su, passando in rassegna uno per uno gli anelli che indossa e scacciando via il ricordo di quello pseudo battibecco.
"Ah, Alice mi chiedo quando la smetterai"
"Non so di cosa parli" scrolla le spalle, la questione la scoccia parecchio.
"So che sei stata poco indulgente" Harry però insiste, si protende verso di lei marcandone invece l'importanza. A quel punto non le ci vuole molto ad alzare gli occhi al cielo e a rispondergli con sufficienza: "Non dirmi che sei qui per farmi la predica, ti prego, risparmiamelo"
Dopotutto era stata Lana a sputare illazioni Alice si era soltanto difesa, forse con un pizzico di vetriolo, ma più che lecito. Harry sembra spazientirsi quando si friziona i capelli come a riversare la stizza in un gesto casuale.
"Qualunque cosa abbia detto è solo perché a me ci tiene molto"
Tuttavia, Alice è costretta a concedergli considerazione perché il tono di voce s'è fatto d'un tratto autorevole, quanto basta per iniziare a prenderlo sul serio. Se non gli va più di giocare tanto vale dirla tutta: "Trovo strano che siano sempre gli altri a porsi il problema al posto tuo"
"Non è strano è sbagliato" La pazienza di Harry vacilla, come se fosse stufo di doversi sempre giustificare. La perentorietà che percepisce non la fa andare oltre, perseverare in un discorso che per lui, di fatti, è stato chiuso giorni e giorni fa. Le basta guardarlo, restare sul suo volto privo di imperfezioni apparenti, per lasciar perdere.
"Non ho nulla contro di lei se è questo ciò che ti preoccupa" lo rassicura, chiudendo il libro con un tonfo non distogliendo lo sguardo, affinché capisca che quella che professa sia la verità. In automatico Harry pare rilassarsi, sciogliendo le spalle piuttosto che tenerle su, come punte aguzze in tensione. Stan arriva giusto l'istante successivo col tè fumante. Le scocca un sorrisetto quando adagia la tazza sul tavolino ma Alice lo ignora perché le sa di viscido e di perdente, solo per il modo in cui la guarda, con la bava agli occhi. Quando ritorna a guardare Harry lo scopre già fare lo stesso, con un divertimento che non si cura di nascondere. Come uno che sa e che ci gode, come uno che trae piacere dallo spettacolo da lui allestito. Alice sposta la tazza con indifferenza mentre Harry sogghigna. Poi d'un tratto allunga un braccio, sorprendendola, muovendosi sempre con una velocità inaspettata. Si appropria del foglio trascinandolo verso di sé: "Ci vai?"
Fa riferimento al volantino che aveva accettato dal ragazzo fuori la metro. Non l'aveva nemmeno guardato.
"Me l'ha dato un promoter in strada" 
"Non è una risposta"
Harry ritorna a impermalirsi, come se parlare con Alice gli richiedesse considerevole energia.
"Non l'ho nemmeno guardato, non so di cosa si tratti. Non dovresti lavorare?"
Se gli costa tanto impegno dover stare lì perché non se ne va? Harry però sembra crederle e con pigrizia fa strusciare la carta sulla superficie verso di lei. Alice lo passa in rassegna con fare sbrigativo: si tratta di un Festival musicale, un evento esclusivo con ospiti come le rock band del momento e non solo.
"Non lo so"
"Dovresti, è l'evento dell'anno"
"Sei un promoter anche tu?"
Harry vorrebbe poter fare di meglio, tipo trattenersi dall'assecondarla, eppure una fossetta riesce comunque a farsi strada sulla guancia.
"Io ci andrò"
Parla con tranquillità, come se fosse cosa di poco conto. La bocca gli è sempre colorata di una sfumatura di rosso anche quando si esprime come adesso, come se non ci fosse poi chissà cos'altro dietro quell'affermazione.
"Quindi è un invito"
"Più un suggerimento" le risponde, tornando a far aderire le spalle allo schienale. Alice non si era accorta di essersi sporta.
"Ci penserò"
In effetti l'idea non le dispiace e se non ricorda male, Glenn le aveva accennato un qualcosa di simile. L'ultimo concerto a cui è stata risale a circa sei mesi fa, quando la vita le sembrava esser tinta di rosa pallido, piena di profumi e emozioni che la portavano ad essere su di giri, il più delle volte. Per ironia della sorte, il passaggio dal rosa al nero è stato fulmineo e fin troppo tangibile, un'evoluzione di gradazioni di colore di cui avrebbe fatto piacevolmente a meno.
"Non hai dormito nemmeno stanotte?" Le chiede, forse più per attirare l'attenzione che per altro, col cellulare tenuto a caso tra le mani. A volte, Alice, non fa caso a quanto tempo resti nella sua testa.
"Inizio a pensare che tu ci prova gusto a sottolinearlo"
Al parco le aveva detto che aveva un pessimo aspetto, il fatto di averglielo fatto notare anche adesso, riconferma solo la cosa. Tuttavia a tenerla sveglia la notte precedente non era stato il consueto pianto di Phoebe, la madre di Mandy, bensì la fragilità di quest'ultima.
"In effetti, devo ammettere che sta diventando come un pugno in un occhio doverti guardare"
Come aveva supposto, Harry ritorna a prendersi gioco di lei assottigliando gli occhi con quel suo fare provocante.
"Facile, smetti"
Gli propone l'alternativa più semplice col cerchietto al lobo di Harry che oscilla non appena questi le si avvicina e sussurra: "Mi è impossibile"
Alice è vittima di un mare in cui si ritrova ad annegare, perché quegli occhi la travolgono come onde in burrasca. C'è qualcosa dentro di lei che inizia a muoversi di un moto caotico e che sbatte da parete a parete. Poi però Harry si appresta ad aggiungere un "Ti sto parlando" terminando così la frase nella sua interezza, con una pausa sibillina nel mezzo che le ha aggrovigliato il mondo che ha dentro, e la bocca che gli sale verso l'alto, come sempre, peculiare.
"Allora non parlarmi"
Taglia corto provando a camuffare il suo ego parzialmente lesionato, con le mani che si toccano per un appiglio. Harry, con poco, fa dei suoi pensieri materia duttile, facilmente plasmabile.
"Ma io voglio"
"Mi 'spiace ma non vedo soluzioni"
Alice continua a dargli corda, a proseguire quel discorso relativamente leggero, caratterizzato da dei botta e risposta, divertenti sì, stimolanti anche, ma un po' per inerzia. Perché a guardarlo, con quei capelli sempre in disordine inizia a chiedersi se i suoi pensieri non siano altrettanto tali e quali forme assumano, se siano soltanto parole messe insieme o se a loro seguano poi immagini, ricordi, persone, cose; se ci sia un nesso tra gli uni e gli altri o se invece sia tutto un volare pindarico senza fine. Come il suo muoversi, sempre mutevole e che le incute una sorta di caducità che non le appartiene. Tipo come ora, che vede una mano scavare in una delle tasche dei pantaloni per tirar fuori una piccola custodia in gomma ancora imballata.
"Io forse sì"
Le ci vuole un po' per capire cosa sia perché le dita di Harry per la loro grandezza ne coprono il contenuto, ma quando poi sposta di poco l'indice Alice fa fatica a credere ai suoi occhi: "Dei tappi?"
"Dovrebbero funzionare" glieli porge, lasciandoli sul tavolino e ritirando poi le mani, come a lasciarle campo libero e la facoltà di scegliere se accettarli o meno.
"Mi hai appena dato dei tappi per dormire"
Alice li fissa, con le parole che le vengono fuori come un automatismo e non con una reale intenzione. Harry le ha appena regalato dei tappi per appianare la sua insonnia.
"Sono solo dei tappi Alice"
Harry minimizza e prova a giustificare quel gesto, come se non fosse poi gran cosa, come se non fosse una premura frutto di un pensiero a lei rivolto. La esorta a prenderli rivolgendole il palmo aperto, la guarda con l'espressione sicura di chi è sempre cosciente delle proprie azioni, di chi non dubita ma esiste e vive. Alice allunga una mano ma invece di afferrare la custodia afferra la tazza: "Questo però non lo bevo comunque"
E confida nel fatto che Harry possa capire, capire cosa si celi dietro a come agisca. E forse dubitare non le serve affatto, perché Harry scuote la testa divertito coi capelli che gli cascano sulla fronte e con la bocca che gli si piega ancora.
"Te ne faccio portare un'altra" dice solo, rimettendoseli a posto con la luce di fuori che si riflette sulle dita una ad una abbellite.
"Perché tu non puoi?" Le viene da chiedergli perché ora che ci pensa da quando si è seduto non ha più servito nessuno e Lana non c'è, quindi nessuno può coprirlo.
"Così forse rendo più l'idea"
Le mani di Harry si disfano del nodo dietro la schiena e il grembiule viene poggiato di fianco al cellulare. Harry resosi conto dello stupore di Alice, la rassicura: "Puoi stare tranquilla, non ho detto che resterò inizia pure la tua lettura" come se poi dovesse, come se poi arrivati a questo punto ci fosse bisogno. Harry intanto raccatta le sue cose come preludio del suo andare via credendosi di troppo non sapendo invece che la sua presenza le risulti essere tutt'altro.
"E io non ti ho detto di dover andare via"
Parlare di getto ed esporsi così, di rado le capita. Sarà stata l'improvvisa imminenza, il fatto di saperlo poi via e distante da lei a farle aprire bocca pur di arrestare i suoi gesti. Harry, infatti, resta per un istante immobile, come se stesse vagliando l'ipotesi di aver sentito bene o di esserselo soltanto immaginato, con gli occhi che iniziano a scandagliarla per accertarsene. Alice quel silenzio stranamente non lo regge così come quello sguardo che sembra perforare il suo e attraversare strati e substrati fino a raggiungere l'apice del suo io.
"Stan, un caffè nero e un tè senza zucchero"
Scandisce le ultime parole per bene strappandole un sorriso di malavoglia, con il capo che le si abbassa per nasconderlo.
"Dunque dunque, di cosa parla?"
Le chiede, sempre con una curiosità colma di entusiasmo, di cui Alice non si capacita l'origine, lanciando un'occhiata al libro.
"Devo ancora iniziarlo" Gli risponde, con gli occhi che restano sull'àncora tatuata sul polso sinistro che ne rispetta accuratamente i confini. Come se fosse parte di lui, come se ci fosse nato.
"Be' per comprarlo avrai pur letto la trama o sei una di quelle che sceglie i romanzi in base alle copertine?"
E Harry ha sempre quello che lei definirebbe vezzo, quello di far seguire alle sue parole dei movimenti, perché una mano si è appena appropriata del libro così come aveva fatto col volantino.
"È un regalo" si difende, dimenticandosi per un attimo del valore che abbia. Tuttavia Harry non le presta attenzione in quanto questa è tutta rivolta alla prima pagina, quella che in genere con la stampa viene lasciata vergine ma che in questo caso è ricoperta da parole scritte a mano. Alice le ricorda tutte, una ad una:
Agli audaci, ai fragili, ai volubili... A chi è senza dover ostentare, a chi sa essere senza dover fingere. A te, Spencer, che non te ne frega di nulla e ti importa di tutto. A te
Le viene in mente quando Harry le soffiò da sotto il naso la matita e lei se ne riappropriò poco dopo con astuzia, le circostanze quel giorno erano differenti così come la forza matrice che ora la spinge a preservare la sua privacy invasa e a riprendersi il libro.
"Proprio non riesci a non far-
"È molto bella" si complimenta con un tono di voce che le sembra una carezza e con uno sguardo che non riesce a decifrare, come se di punta in bianco si stesse sincerando che ciò che ha appena letto le si addica per davvero.
"Ed era anche molto personale fino a un attimo fa"
"Non potevo saperlo"
"Lo so ma se magari la smettessi di ficcare il na... che hai da fissare?"
È costretta a riconsiderare le sue intenzioni perché Harry le siede di fronte e non batte ciglio, credendo di potere tutto. Un raggio di sole imperversa sul suo volto illuminandolo interamente e se Alice non sapesse per certo che sia fatto di carne e ossa, dubiterebbe della sua reale esistenza.
"Sei arrossita"
"Balle"
"Sì, invece"
"E allora?"
Alice non ne può più e come riflesso condizionato allontana il più possibile il libro dalle sue grinfie, come se tutto fosse diventato d'improvviso di troppo. Troppo da tollerare, per aver mostrato più di quanto dovesse senza poterlo controllare. Harry ha appena colto l'ennesima occasione per insinuarsi dentro di lei, come se non aspettasse altro, attraverso quelle fessure che Alice credeva di saper tamponare con l'esperienza.
"Nulla, è carino"
"Carino?"
"Sì"
"Il top che ho visto in vetrina venendo qui è carino, non di certo il mio imbarazzo"
E non le ci vuole molto per sbuffare, tornare a chiudersi e a respingere qualsiasi suo tentativo di provare ancora e ancora a capire cosa ci sia da custodire con così tanto riserbo. Ne rifiuta solo l'idea o meglio prova rifiuto verso se stessa e all'incapacità di non esserne stata in grado. Perché di rendersi vulnerabile non ne vuole sapere, specie agli occhi suoi, fin troppo esperti.
"Com'era?"
"Cosa?"
"Il top carino che hai visto, com'era?"
"Sei irritante"
Harry si muove sul posto, ha il mento in alto, la testa leggermente che propende da un lato: "E tu troppo severa con te stessa. Dovresti allentare un po' la presa" le fa, ma Alice non li accetta i consigli, soprattutto se questo significa dover cambiare, snaturarsi. Delle sue pretese di sapere cosa sia giusto o meno poco le importa.
"Non credo" asserisce, guardando oltre il vetro della finestra e immaginandosi fuori, per un attimo altrove, magari in un'altra dimensione, dove chi ti tocca non ti può fare male, dove essere non può ferirti.
"So aspettare"
Sa che Harry ci stia provando, che stia calcando la mano affinché lei gli dia credito, ma le viene difficile, come se quello fosse il compito più arduo del mondo. La diffidenza verso le intenzioni altrui ha sempre fatto parte di lei da tempi immemori, da quando gli eventi le hanno segnato l'anima e l'hanno rimodellata secondo i loro canoni.
"Io no, quando arriva il mio tè?"
Riduce tutto ai minimi termini, con la volontà assoluta di volerla chiudere lì, senza ulteriori indugi e con un'ironia che le fa da sempre da salvagente. Ma Harry non si arrende, è caparbio, forse più di lei, più di quanto lei possa lontanamente immaginare, perché forse ci crede, crede per entrambi.
"So se mi sta bene una persona dopo un secondo. Lo sento qui" l'indice corre a toccare il tessuto scuro che gli copre l'addome: "Lo stomaco ti avverte. Pensaci tutto parte da lì, ogni emozione: paura, stupore, amore... Si manifestano tutte lì"
Harry prova a dimostraglielo, a convincerla col suo modo di vedere il mondo e percepire le persone. Per un attimo si chiede cosa abbia provato con lei, appellandosi a quella scusa banale. E per quanto in parte si possa trovare d'accordo con lui proprio non riesce ad accodarsi e annuire passivamente perché col tempo ha imparato a non fare affidamento unicamente al suo istinto. Oggi, preferisce osservare i comportamenti altrui e giudicare gli altri in base a questi. Per non sbagliare, per non creare un divario poi troppo grande tra la realtà e l'idealizzazione di chi ha arbitrariamente di fronte. Perché di sbagliarsi non le va più.
"Le prime impressioni non sempre sono quelle giuste"
Le parole vengono fuori intransigenti. Ma non le importa. Perché ci prova più gusto a sradicare un'opinione, a renderla più piccola e facilmente distruttibile piuttosto che accondiscendere. Non è mai stata una brava a fare conversazione, a spendersi tanto nei discorsi perché ha sempre creduto che le parole lascino il tempo che trovano. Harry si prende qualche secondo per rispondere e Alice non sa se sotto sotto l'abbia deluso o se abbia semplicemente scalfito la sua convinzione. Harry come al solito, lascia trapelare ben poco, con un velo di impenetrabilità difficile da valicare.
"So anche ricredermi" afferra il cellulare riponendolo nelle tasche. Non è brusco quando si muove, ma ponderato. Come se l'avesse già messo in conto e che questo non dovrebbe, di fatto, riguardarla. Poi si alza, col grembiule stretto tra le mani come se stesse per andare via, come se d'un tratto ci avesse ripensato. Perché forse a furia di respingere, cala l'interesse e lui come tutti gli altri, ha appena scelto di andare via.
"Hai già cambiato idea?"
Quel 'già' sembra uscir fuori con attrito, colmo di riluttanza. Come se gli stesse chiedendo se un ripensamento abbia inspiegabilmente già preso forma nella sua testa. Harry in tutta la sua inoppugnabile presenza, la guarda dall'alto a braccia conserte. Benché tutto in lui possa sembrare il riflesso di una chiusura le fa: "No, vado a cambiarmi e a prendere dei libri, contavo di tornare a casa e studiare" non aspettandosi altro, non reclamando più di quanto possa da Alice, ma cogliendo solo il fatto implicito che lei, con l'orgoglio sempre in primo piano, vuole che resti.
"Non ti facevo così diligente" gli dice, trovando seriamente difficoltà a figurarselo col naso tra i libri e non prestando invece ascolto a cosa dentro, Harry, le susciti.
"E io non ti credevo capace di arrossire, torno subito" ammicca, avendo sempre la risposta pronta. Poi si volta non aspettandosi repliche, lasciando Alice momentaneamente sola. In automatico quest'ultima riflette su quanto detto, al fatto di averle esternato che aspettare non gli pesi e con lo sguardo che corre a posarsi su quella premura - che per quanto provi a ignorarla - almeno un po' le ha scaldato il cuore. E non può guardarlo andare via avendo la certezza che ritornerà e che resterà senza farglielo capire in parte.
"Harry?"
"Mmh?"
"Grazie"
Harry capta la mano di Alice che stringe la custodia dei tappi. Le strizza semplicemente un occhio, perché è uno che sa aspettare e che ha anche imparato che la gratitudine di Alice seppur con qualche ritardo, alla fine arriva sempre.
E sebbene quest'ultima ancora non se ne renda conto, con Harry che si volta per l'ultima volta per andare a cambiarsi, restare non è di certo cosa da tutti. E ancor prima di lui, quel giorno a restare era stata lei nonostante andasse contro ogni sua possibile logica. Perché siamo bravi tutti ad andare via quando le cose diventano ostiche ma a restare, invece, ci riescono soltanto in pochi, incuranti del fatto, che è dove si resta, che si vengono a creare i più bei disegni.
Gli stessi che poi ti ritrovi incollati sulla pelle per tutta la vita.

di fuori la finestra il mondo H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora