Capitolo VII

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Louis sentiva solo il rumore martellante del cuore battergli nel petto. Non sapeva neanche dove stava andando il locale ora era ancora più ingombro di persone, doveva farsi spazio a forza di spallate per passare. Il tavolo dove erano seduti prima era occupato da altre persone ora, perfetto. Si alzò sulle punte per esaminare la folla in cerca di un viso conosciuto ma niente, camminò in direzione della porta di ingresso e uscì di nuovo in strada veloce come fosse un animale braccato.

Neanche tra capannelli di persone fuori il locale riusciva a vedere Eleanor o uno degli altri. Prese a camminare dal locale a passo spedito, senza nessuna meta precisa, non voleva rimanere lì semplicemente.

Non sapeva dire neanche da quanto tempo stesse camminando. Si fermò solo quando sentì il telefono vibrargli contro la gamba e sussultò. Il breve momento di speranza irrazionale si spense quando si accorse che era solamente un messaggio di Eleanor. Notò che aveva già una chiamata persa e diversi messaggi da parte della ragazza dal tono progressivamente più impaziente di cui non si era neanche reso conto.

Richiamò e dopo neanche mezzo squillo fu assalito da una voce inferocita:

"Dove eri finito, brutto idiota?"

"Wow, per prima cosa calmati" disse interrompendo la sequela di insulti che stavano continuando dall'altra parte della linea "seconda cosa sono stato via meno di dieci minuti"

"Per prima cosa, sei stato via per oltre un'ora" rispose imitando il suo tono "seconda cosa sono rimasta sola seduta sui gradini di casa mia perché ti sei portato via anche le mie chiavi"

Misi d'istinto la mano nella tasca del giubbotto ed effettivamente si accorse di non averle mai restituito le chiavi che aveva preso prima.

"Ah, già, scusa mi dispiace. Io...penso di stare vicino casa...sto arrivando" si passò una mano sulla nuca.

"Dove sei di preciso, Louis?" poteva percepire da qui la sua irritazione.

"Vicino alla chiesa, quella di mattoni rossi dell'altra volta. Sono vicino, giuro"

"Sei un deficiente" lo liquidò e poi chiuse la telefonata.

Sì, forse se lo meritava, pensò distrattamente. Fece scivolare di nuovo il telefono in tasca e camminò più velocemente verso l'appartamento.

Quando arrivò trovò Eleanor ad aspettarlo con uno sguardo furente. Si avvicinò continuando a ripetere scuse mentre lei continuava a rimproverarlo con voce maggiore per sovrastarlo.

"Okay okay basta ho capito" urlò infine. E approfittando del silenzio di lei aggiunse "mi dispiace, non mi sono ricordato delle chiavi e non mi sono reso conto che il tempo passava".

"Dove sei stato? Ti ho cercato fuori dal locale, poi sono tornata a casa pensando di trovarti ma niente, sei sparito senza dire una parola, ma ti rendi conto?" disse con tono più pacato.

"Sì, mi dispiace" si grattò nuovamente la nuca in imbarazzo, prese le chiavi dal giubbotto e gliele tese.

Eleanor aprì la porta con uno scatto del polso e poi si scansò per farlo passare per primo. Salirono le scale silenziosamente, l'uno a fianco all'altra, le mani quasi si toccavano.

"Non mi hai risposto prima" e la voce della ragazza risuonò cupa nell'angusto spazio delle scale.

"A cosa?"

"Dov'eri? Mi hai fatto preoccupare" chiese con un filo di voce.

Scrollò le spalle "ho incontrato di nuovo il barista".

"Sì lo abbiamo incontrato tutti, stava cantando sul palco".

Louis sbuffò impaziente "Intendo dopo. Quando sono uscito a fumare. Mi ha fermato per parlare...".

With an empty heart - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora