Capitolo 7: Stupida bambina

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Natale si stava avvicinando.
Un mattino di metà dicembre, il castello Hogwarts si svegliò sotto una coltre di neve alta più di un metro.
Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e i gemelli Weasley erano stati puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire il professor Raptor, insegnante di Difesa contro le Arti Osxure, dovunque andasse rimbalzando sul dietro del suo turbante.
Fred, tuttavia, non ne era per niente entusiasmato, come suo solito.
In mente aveva solo un unico pensiero: Alice.
Dopo la loro uscita, si erano incrociati un paio di volte nei corridoi.
Fred aveva provato a parlarle, ma la ragazza si limitava a salutarlo freddamente.
Si chiedeva cosa le avesse fatto di male, se l’aveva offesa in qualche modo, ma non gli veniva in mente nulla.
Al castello, tutti quanti non vedevano l'ora che cominciassero le vacanze. Mentre nelle sale comuni e nella Sala Grande ardevano fuochi scoppiettanti, i corridoi, pieni di spifferi erano gelidi, e un vento sferzante faceva sbattere le imposte nelle aule.
Il peggio erano le lezioni del professor Piton, che si tenevano nei sotterranei, dove il respiro si condensava in nuvolette e tutti cercavano di starsene il più vicino possibile ai calderoni bollenti.
“Mi dispiace proprio tanto”, disse un giorno Draco Malfoy, durante la lezione di Pozioni, “per tutti quelli che a Natale dovranno restare a Hogwarts perché a casa nessuno li vuole.”
Lo sguardo era rivolto a Potter.
“Sei uno stupido Draco. E poi credo che anche io resterò ad Hogwarts per il Natale.”, disse Alice.
Ebbene si, i due avevano fatto pace.
Alice gli raccontò tutto su Fred e, seppur riluttante, l’amico lo accettò.
Le assicurò anche che l’avrebbe coperta con il padre, per evitare ulteriori casini.
Non era d’accordo, certo, ma se lei era felice, andava bene.
“Perchè non vuoi venire a casa?”, chiese.
“Draco, lo sai che tuo padre sarebbe entusiasta della mia assenza e poi voglio passare il Natale qui, fare qualcosa di diverso.”
“Okay… oh guarda c’è Weasley… Non pensare di ignorarlo ancora”, disse mentre l’amica cercava di scappare.
“Weasley… bah io vado. Ciao Ali”, diede un bacio sulla guancia all’amica e se ne andò dando una spallata al rosso.
“Black non mi saluti più? Dobbiamo parlare.”, disse Fred visibilmente infastidito da quel bacio.
Senza ricevere alcuna risposta, prese la ragazza per il braccio e la trascinò in un aula vuota.
“Mi stai facendo male”, si lamentò Alice.
Fred lasciò la presa.
“Scusa”, borbottò.
Alice, infastidita, incrociò le braccia. “Posso sapere il perchè di questa buffonata?”
Tu mi stai ignorando, da quando siamo usciti. E non capisco perchè.”
“Ti ho fatto qualcosa?”,  continuò il rosso non ricevendo risposta.
“Si dia il caso, Fred Weasley, che io non sia il tipo di ragazza che si fa prendere in giro. Ti ho visto sai?
Quel giorno, prima che tu venissi da me, ti ho visto fare il pavone con quella ragazza. Sei fidanzato? O sei quel tipo di ragazzo a cui piace divertirsi? Bene, io non sono una stupida se vuoi prendere in giro le persone fallo, ma non ti permetterò di trattarmi come uno stupido giocattolo.
Pensi che sia divertente? Pensi che sia uno dei tuoi scherzi?”, sbottò Alice tutta d’un fiato.
La risata isterica di Fred echeggiò in tutta la stanza, aveva gli occhi lucidi.
“E’ questo quello che pensi? Che io sia quel tipo di ragazzo? E’ così strano che un ragazzo abbia delle amiche? Oh pensavi che dovevi esserci solo tu? Non hai capito nulla di me, nulla.
Ma dopotutto, neanche ci conosciamo. Sai cosa penso? Penso che tu sia solo una stupida bambina viziata che prima di parlare dovrebbe collegare la bocca al cervello. Cosa pretendevi? Che diventassi il tuo ragazzo così poi saresti andata dalle tue amichette a vantarti? Io volevo soltanto conoscerti meglio, nessun secondo fine. Nessun gioco. Nessuno scherzo.”
Alice in lacrime lasciò la stanza.
“Ha ragione, sono una stupida. Ed ho rovinato tutto.”, pensò tra sé e sé.
Fred era rimasto lì, appoggiato ad un banco, le lacrime gli rigavano il volto.
“Cazzo…”, borbottò.
Diede un calcio alla sedia, lasciò l’aula.
Le parole della ragazza lo avevano ferito tantissimo, mai e poi mai sarebbe diventato quel tipo di ragazzo.
Tornò nel dormitorio maschile, si accasciò sul letto e lasciò le lacrime scendere, fino ad addormentarsi.
 

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